Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1. Ali Bey

Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1 - Ali Bey


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      Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1

      CENNI

      SULL'AUTORE DI QUESTI VIAGGI

      Nell'autunno scorso noi abbiamo conosciuto qui di persona un Principe Mammelucco egiziano, di nome Ali Bey di Solimano. Era egli uno de' ventiquattro Bey, ossieno Principi, che formavano l'aristocrazia militare straniera imperante in Egitto prima che alle invasioni francese ed inglese succedesse in quella sì celebre ed importante Provincia lo stabilimento del dominio assoluto del Gran Signore. Il nostro Ali Bey dagli avvenimenti condotto in Europa, ha avuto campo d'apprenderne varie lingue, di erudirsi negli elementi di varie scienze, e sopra tutto di conoscere e ben meditare sui nostri costumi, sulle arti e leggi nostre. Nè v'ha dubbio che se la fortuna avesse a restituirlo allo stato, in cui trovossi quando l'ultima volta l'armata turca pose piede in Egitto, e fu tra il Visire e i Mammelucchi stipulato accordo, essendo allora egli capo de' Mammelucchi, e signore del Cairo, non adoperasse gli acquistati lumi per introdurre in quel paese utili istituzioni, e fondare, com'egli diceva, sulla base della civiltà de' Cofti, e della libertà pubblica, un imperio benefico. Il nostro Ali Bey, nato in Tiflis di assai distinta famiglia, rapito dai Lesghi, generazione barbara del monte Caucaso, ebbe per due o tre anni a correre co' suoi rapitori, e co' mercanti di schiavi, ai quali i suoi rapitori lo vendettero, per molti paesi dell'Oriente, avendo in quella occasione vedute parecchie città poste sul mar Caspio; poi la Persia, Bagdad, Bassora, Damasco, Gerusalemme, Aleppo, Smirne, Costantinopoli, e il Cairo finalmente, ove fu venduto per l'ultima volta, ed entrò fra i Mammelucchi della casa di Soliman-Bey, imperante allora in Egitto.

      La grazia, che trovò nel suo padrone, e più di tutto verosimilmente il suo bel garbo, la vivacità del suo spirito, la facilità sua s'apprendere le arti cavalleresche de' Mamelucchi, e il suo coraggio, di cui ebbe a dar prove fin d'allora in parecchj incontri, lo portarono giovinetto ancora di ventidue anni ad essere uno dei 24 Bey, ne' quali era concentrata la signoria dell'Egitto; e in questa qualità gli toccò la sua volta il comando della carovana della Mecca, e l'onor singolare di entrare solo, come è di costume, nel Santuario della gran Kaaba, e togliendone il vecchio padiglione, attaccarvi di nuovo; cerimonia presso i Musulmani sacra e solennissima, che nella loro opinione costituisce santo colui, il quale alla medesima è prescelto.

      Il nostro Ali Bey ci ha narrato non solo la serie di singolari avvenimenti succedutigli in quel viaggio, ma di più la notabile avventura, che ito egli alla Mecca con quell'interno senso di fede e di religione, che conceputo aveva per la superstiziosa educazione datagli dagl'Imani d'Egitto, musulmano a più prove, fu ad un tratto condotto a dover conoscere l'impostura di que' dottori fanatici. Imperciocchè avendogli essi detto prima della sua partenza dal Cairo, che quanto era felicissimo per la sua destinazione di entrare nel secreto santuario della Kaaba, altrettanto guardar si doveva, penetrato che fosse colà, di volgere gli occhi in alto, perchè avrebbe subitamente veduta la Maestà di Dio, e ne sarebbe restato abbacinato a pieno, egli, che in cuor suo preferiva sì alta visione alla conservazione degli occhi, entro sè medesimo ragionando, che se gli avvenisse di veder Dio, niuna voglia, e niun bisogno avrebbe avuto più di vedere le cose del mondo; operando secondo questo proposito finì col guardare quanto mai potè al lacunare del sacrario della Kaaba, nè altro vide che travi di cedro. La Maestà di Dio restò nascosta a' suoi occhi, come a quelli degli altri uomini; nè d'altro restò certo che dell'insidia tesa al suo spirito da quegl'Imani impostori, che come su quel punto, così non dubitò, che non ingannassero i deboli sopra moltissimi altri.

      Ora di tutti i suoi Viaggi, e di tutte le cose occorsegli in Egitto, e fuori, e della sua venuta in Francia, e della parte presa nella guerra del 1814, e di quanto in essa, e dopo gli è seguito, disse a noi avere già stesa amplissima relazione, poichè e parla e scrive assai bene in francese, e volerla pubblicare quanto prima per le stampe in Parigi, verso dove allora s'incamminava dopo avere visitata l'Italia. Nè abbiamo noi mancato di vivamente sollecitarlo a ciò fare, certi essendo, che molte cose ci saranno fatte palesi per esso lui, che da niun Viaggiatore europeo potremmo giammai sapere, ammenochè non foss'egli nelle circostanze di quel Battema bolognese, i cui Viaggi vengono riportati dal Ramusio.

      Ma nel mentre, che facevamo codeste considerazioni sui Viaggi del nostro Principe Mammelucco egiziano, ci sono capitati sotto gli occhi quelli di un altro Ali Bey di più nobile stirpe, e più famosa, quale si è quella degli Abbassidi, chiarissimi singolarmente per l'onore del Califfato da essi tenuto parecchj secoli, e per la protezione, che accordarono alle arti, e scienze, promotori risolutissimi di ogni maniera di civiltà e di bel costume; e quantunque Pontefici sommi della Religione Maomettana, sì fieramente, come è noto, propagata col ferro, e colla strage, tollerantissimi di ogni altra contraria alla medesima; di modo che nel vastissimo loro imperio, e in quella ammirabile città di Bagdad, loro residenza, famosa per oltre ventimila moschee, una delle quali dicesi essere stata capace di cento mila persone, niuno mai nè ebreo, nè cristiano fu a motivo di Religione inquietato in alcuna maniera.

      In qual luogo dell'Asia questo Ali Bey sia nato, e come sia passato in Europa, noi lo sapremo quando vengano pubblicati altri suoi scritti, siccome l'Editore di questi Viaggi ci fa sperare poter in breve succedere. Basterà per ora prevenire i nostri Associati, che sicuramente troveranno questi Viaggi e curiosissimi, ed importantissimi, perciocchè sono appunto e fatti e scritti da uomo musulmano; il che è grande singolarità, e da tale musulmano, che nulla fa vedere, che in alcun modo sappia di prevenzione o nazionale, o settaria; che parla di cose, che un musulmano solo poteva essere in istato di vedere e riferire con verità; e che in fine parla di tutto da uomo nelle nostre lingue europee, come nella sua nativa, istrutto, e pieno conoscitore delle nostre scienze, i cui principj egli applica ad ogni opportunità in argomenti sia di astronomia, e di geografia, sia di fisica, e di storia naturale.

      Noi non intratterremo più a lungo su di ciò i nostri leggitori, non dovendo noi diminuir loro il piacere della sorpresa, che avranno scorrendo questi Viaggi; e del quale siamo certi che ci faranno merito per la deliberazione in che siamo venuti di preferirli al momento ad altri, che avevamo pur pronti.

VIAGGIin AFFRICA ed in ASIAFATTI DAL 1803 AL 1807

      «Sia lode a Dio, a lui che è altissimo ed immenso, a lui che ne ammaestra coll'uso della penna ad uscire dall'ignoranza! Lode a Dio che ci guida alla vera fede d'Islam, fino al termine del pellegrinaggio, e fino alla Santa Terra.»

      «Questo libro è del religioso, principe, dottore, sapiente, scheriff pellegrino, Ali Bey figlio d'Othman principe degli Abassidi, servitore della casa di Dio.»

      Dopo molt'anni passati ne' paesi cristiani per apprendere nelle loro scuole le scienze della natura, e le arti utili all'uomo nello stato di società, risolsi infine di tornare ne' paesi musulmani, e nell'atto di soddisfare al sacro dovere del pellegrinaggio alla Mecca, determinai di osservare le costumanze, gli usi e la natura delle contrade che dovrò attraversare, onde ricavare profitto dai travagli di così lungo viaggio, e renderli utili ai miei concittadini ne' paesi che dopo tante fatiche, sceglierò per mia patria.

      CAPITOLO PRIMO

      Arrivo a Tanger. – Interrogatorio. – Presentazione al governatore. – Stabilimento d'Ali Bey nella sua casa. – Preparativi per andare alla moschea. – Festa natale del profeta. – Marabout. – Visita al Kadi. – Congedo del suo introduttore.

      Dietro la presa risoluzione essendo tornato in Ispagna nell'aprile del 1803, m'imbarcai a Tariffa sopra un piccolo battello; ed attraversato in quattr'ore lo stretto di Gibilterra, entrai nel porto di Tanja o Tanger alle dieci ore del mattino, il giorno 29 giugno dello stesso anno, mercoledì 9 del mese vabiul-anal dell'anno 1218 dell'egira.

      La sensazione che prova colui che fa la prima volta questo tragitto brevissimo con può paragonarsi che all'effetto d'un sogno. Passando in così corto spazio di tempo in un mondo affatto nuovo, e che non ha veruna rassomiglianza con quello che si è lasciato; si trova come trasportati in un altro pianeta.

      In tutte le contrade del mondo gli abitanti de' paesi limitrofi più o meno uniti da reciproche relazioni, amalgamano, per così dire, e confondono i loro idiomi, le usanze, i costumi, talchè si passa gradatamente dagli uni agli altri, e quasi senz'avvedersene; ma questa costante legge della natura


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