La guerra del Vespro Siciliano vol. 2. Amari Michele

La guerra del Vespro Siciliano vol. 2 - Amari Michele


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doni più tosto che tasse, vender gioielli, e più precipitosamente ingaggiarsi co’ mercatanti toscani che le davano in prestanza, le maneggiavano i cambi, e, come co’ falliti si fa, toglieansi in pagamento le entrate più spedite239. Portan la stessa sembianza gli stentatissimi pagamenti alle soldatesche di Giacomo240; la sollecitudine della romana corte a farsi promettere da quella di Napoli il valsente di tanti poderi, per la massa enorme de’ debiti che si erano ammontati, di censo alla Chiesa, d’imprestiti dei suoi mercatanti, di sovvenzioni per la guerra, di sovvenzioni per la dote della figliuola, con che comperaron Giacomo re d’Aragona241. Per questi travagli ancora, re Carlo vedea nel reame di Napoli prorompere assalti e guerre private, come avviene ove mal reggasi il freno degli ordini pubblici242; avea a temer sudditi volti a praticare con quegli stessi minacciati ribelli di Sicilia243; era necessitato a porre magistrati con istraordinaria autorità nelle città più grosse, ove i consueti modi del reggimento rendeansi inefficaci244. Donde furono debolissimi in tal tempo i nerbi di guerra d’un reame, che dapprima avea armato contro la Sicilia tanti eserciti, tante flotte; nè per numero d’uomini, nè per mole di preparamenti fallò che non la domasse.

      Ed or fu costretto Carlo ad accattare l’armata dallo Spagnuolo, nè vi sopperì del suo che poche galee, e remiganti, vittuaglie, attrezzi, ch’erano il frutto di quegli ultimi disperati imprestiti di moneta245. Poco men tristo fu per vero l’esercito di milizie feudali, compagnie di venturieri, e in qualche caso fanti armati dalle città246; e pur non ebbero tanta forza che sbarbassero di terraferma le nostre soldatesche, varie, ribalde, senza disciplina, senza paga. Non che nelle Calabrie sì vicine a’ nostri aiuti, non valser gli sforzi di re Carlo contro picciole castella di Principato stesso, contro le isolette a veggente di Napoli; e fa d’uopo che si volgesse a procacciar tradimenti, aiutandol Giacomo con la sua riputazione appo gli antichi suoi condottieri siciliani e spagnuoli, ch’or teneano per Federigo. Il pro Ruggier Sanseverino conte di Marsico, e quel Ruggier Sangineto che delle romane virtù imitava bene le snaturate ed atroci, or mostraronsi peritissimi a servir Carlo nelle novelle sue vie. Si pensò mandar la flotta catalana sopra Ischia, Procida, Capri, che teneano il governo angioino in molto sospetto, e sbarcarvi saccardi di Napoli, Capua, Aversa, che dessero il guasto alle campagne: e mal ritraesi se la fazione fu dismessa o fallì; certo che le tre isole resistettero fino alla sconfitta del Capo d’Orlando247. A castell’Abate, sulla meridional punta del golfo di Salerno, che i nostri per tredici anni avean tenuto con mirabile costanza, andò il Sanseverino, men a combattere che a trattar tradimento con alcuni almugaveri del presidio, spagnuoli e siciliani, che passaron di lì a poco a’ soldi dell’Angioino. Sforzato da questi sleali, o da’ terrazzani, Apparente di Villanova capitan del castello, all’entrar di marzo del novantanove pattuiva che darebbe la piazza, salve robe e persone delle sue genti, con immunità larghissime e sicurtà degli abitatori della terra, s’a capo a trenta dì non fosse soccorso da Federigo; il quale non potendo mandar alcuno aiuto, s’arrese alfine il castell’Abate, con vana mostra di venirvi i principi Roberto e Filippo e grande oste del regno248. Sembra che per simil guerra tornassero all’ubbidienza del re di Napoli, Rocca Imperiale e Ordeolo, terre in Basilicata e val di Crati, alla cui espugnazione si fece gran ressa. Tenne fermo il castel di Squillaci249. Vendè Otranto il traditore Berengario degl’Intensi, catalano, passato co’ suoi venturieri a parte nemica, e rimasovi in dubbia fede, sì che l’imprigionarono; ma poi gli ottenne mercede Giacomo, amico di sì fatti ribaldi250. Altri ne fallirono a Federigo in questo tempo medesimo; i quali, al par che l’Intensa, credean colorire il prezzo del tradimento, con farsi pagar dai nemici i loro stipendi, non soddisfatti dal re di Sicilia, o così essi diceano, non trattenendosi forse dalla menzogna poichè s’eran gittati al più vil dei misfatti. Così Giacomo trattò col castellano di San Giorgio in Calabria, e il volse a parte angioina251. Guidone Spitafora, che reggea per Federigo la terra di Taverna in Calabria, sedotto da Sangineto, la rese a tradigione, ed ebbesela in feudo. Per simil premio, il Sangineto ordiva che rendesse al nome d’Angiò Martorano anco in Calabria. Precipitavano alla corruzione i privati, tra tanti rivolgimenti e pericoli de’ governi. Precipitava alla corruzione, per troppa voglia e debolezza, lo stesso Carlo II, cui dritto animo e pietà cristiana non ritennero, non che dal trattare i tradimenti delle dette due terre, ma dal por giù ogni pudore, scrivendo in questi casi ne’ suoi diplomi latini: «Onore è ciò che toglie molestia;» che suona bisticcio miserabile in quell’idioma, e bestemmia nel linguaggio dei giusti252.

      Federigo al contrario, sommo magistrato d’un popolo ritempratosi nella rivoluzione, convocando il parlamento a Messina, cospicuo nelle regie vestimenta, dal soglio esordiva con la parola del profeta, «Morire in guerra, pria che mirare i mali del popol tuo.» Vivamente ei dipinse l’ingratitudine di Giacomo, or vegnente con fresche masnade e con due principi del sangue d’Angiò, contro il fratello, contro quest’isola che il crebbe alla gloria, ed egli s’apprestava per gratitudine a guastare e depredare i campi, a rovinar le città, a versare per vil prezzo il sicilian sangue. «Or noi, dicea Federigo, salviam le ricchezze del nostro suolo, antivenendo l’assalto, mentre son intere le forze del reame; combattiamo in mare questi vecchi nemici, le cui cento bandiere veggonsi appese ne’ vostri tempi, questi nuovi avversari, assai più ingiustamente armati contro noi, onde già li sgarammo nella prima prova, e peggio or li confonderà Iddio. Per noi la ragion delle genti; noi per la patria e per le case nostre combatteremo!» Troncò questo parlare la siciliana impazienza, tuonando al solito a gran voce «Guerra»: e per tutta la nazione si fe’ un gran dire contro il protervo Giacomo, un chieder arme, uno stigarsi l’un l’altro alle battaglie ed al sangue. Indi appellati i feudatari e i borghesi, di gran volontà, frettolosi accorreano a Messina. S’apprestò la flotta, di quaranta galee: e saputo già in mare il nimico, poichè tutte le genti fur montate in nave, re Federigo ascese la capitana, riccamente ornata e dorata, e si spiegaron le vele. Il popol di Messina, affollato intorno al porto, le accompagnò con evviva, lagrime, voti253.

      Navigava que’ mari nel medesimo giorno la flotta catalana, rifornita al ritorno di Giacomo, rinforzata di poche galee del reame di Napoli; che salpò il ventiquattro giugno254, e portava il re d’Aragona, con Roberto duca di Calabria, Filippo principe di Taranto e Ruggier Loria: acceso costui a vendicare il supplizio di Giovanni; i Catalani a lavar l’onta di quella sconfitta; Giacomo a finir presto le brighe di questa guerra. Erano alle isole Eolie, drizzandosi alla più vicina costiera di Sicilia, quando un legno siciliano sottile, uscito a riconoscere, tornò a vele e a remi a darne avviso alla nostra flotta, che, superato lo stretto, prendea già Milazzo. Indi i nostri a dare forzosamente ne’ remi, anelando prevenir lo sbarco; ma il tardo avviso, o i venti, o maggior arte dell’ammiraglio nemico, fecero che già guadagnati i lidi di San Marco, alla foce della fiumara Zappulla, gittate avea le ancore, rivolte le prue al di fuori, in ordine di combattere, quando la siciliana flotta, al girare il capo d’Orlando, l’avvistò. Scoppiava dalle nostre ciurme un impeto d’allegrezza all’aspetto del nemico; fean suonare infino a’ cieli il nautico grido di guerra aur, aur, tolto un tempo da que’ Catalani medesimi; e a testa alta, infelloniti e bramosi, senz’ordine arrancavan sovr’essi. Potè Federigo a stento por freno a questa temerità, tanto più cieca, quanto in brev’ora si aspettavan dai mari di Cefalù otto galee di val di Mazzara con Matteo di Termini; e ’l giorno se n’andava; le navi nimiche si vedean legate sì salde alla spiaggia e tra loro, che non la flotta veneziana e la genovese congiunte alla nostra, diceano i pratichi, l’avrebbero sforzato giammai. A’ risoluti comandi del re, le ciurme ubbidirono, non s’acquetarono; e proverbiavanlo: «Che fa? che dorme? scordò chi siam noi? Invilì Federigo; o riguarda il fratello, e vuoi torcerlo di mano!» Così


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<p>239</p>

I mercatanti fiorentini, massime della compagnia de’ Bardi, prestavan danari a re Carlo, pigliando in sicurtà o in isconto la tratta de’ grani.

Diploma dell’ultimo febbraio duodecima Ind. (1299), nel quale si legge che il danaro col quale gli angioini comperarono dal traditore Berengario degli Intensi la città d’Otranto, era stato pagato in parte dal mercatante Bartolomeo della compagnia dei Bardi, la quale avea promesso dare in prestito alla corte di Napoli a tutto marzo 1299 once 4,000, e le era stata ceduta la tratta di 40,000 salme di frumento. Nel r. archivio di Napoli, reg. seg. 1299, A, fog. 22.

Diploma del 25 maggio duodecima Ind. a Lippo Ildebrandini e altri della compagnia de’ Bardi di Firenze. Saducetto d’Adria graffiere di Carlo II, e Consalvo Garzia cavaliere di re Giacomo, erano stati deputati insieme a raccorre il danaro della sovvenzione generale per la guerra, e tutt’altro danaro appartenente a Carlo o a Giacomo. La compagnia Bardi avea promesso once 4,000 per prezzo della tratta di 40,000 salme di grano. E i due suddetti le davan questa scritta per le once 4,000, da lei veramente pagate. Reg. cit. 1299, A, fog. 185.

Diploma del 5 giugno duodecima Ind. Carlo II dà cautela per 10,000 once d’oro, pagate da alcuni mercatanti della compagnia degli Spini di Firenze, mercatanti di Bonifazio VIII. Questo danaro era stato rassegnato in vari giorni, a un cassiere dei re e a Consalvo Garzia. E Bonifazio il dovea a Carlo pro pretio quorundum jocalium. Ibid., fog. 183.

Diploma del 23 giugno. Sen vede che a tutto quel mese Giacomo dovea a Pietro Cornel condottiero, per stipendi e prezzo di cavalli, once 1,941. Per mezzo de’ Bardi ne fu pagata una parte in Provenza; il rimanente dovea soddisfarsi entro un anno. Ibid., fog. 112. Questo Cornel, citato dallo Speciale come consigliator della ritirata da Siracusa nel 1298, nella state del 1299, pria della nuova impresa, se ne tornò in Ispagna, come si vede da un altro diploma dato l’8 giugno, ibid., fog. 104, che gli accordò il permesso dell’uscita dalle frontiere.

Diploma del 23 giugno duodecima Ind., per once 1,120 date in prestito da Benedetto Bonaccorsi della compagnia de’ Bardi di Firenze, con cessione di tratta dì grani. Ibid., fog. 141.

Diploma del 23 giugno 1299, ibid., fog 96 a t., che contiene altri imprestiti e cessione della tratta di grani alla compagnia de’ Bardi di Firenze.

Diploma dell’ultimo di giugno duodecima Ind. Altri imprestiti de’ Bardi. Ibid., fog. 97.

Diploma dell’ultimo di giugno. Da questo si vede che la compagnia de’ Bardi avea casa in Marsiglia; e che avea tratto di Marsiglia e pagato in Napoli once 2,200 per tasse di Provenza, e decime ecclesiastiche di quelle chiese, concedute dal papa per la presente guerra. Ibid., fog. 185 a t.

Altro diploma del 4 luglio, ibid., fog. 147, per altri imprestiti di mercatanti italiani.

Diploma del 2 agosto duodecima Ind., ibid., fog. 167 a t., per un’altra tratta di vittuaglie alla stessa compagnia.

Altri se ne veggono sullo stesso proposito nell’Elenco delle pergamene del medesimo r. archivio, tom. II, pag. 193, 213 e 215, in data del 5 maggio 1298, 7 gennaio, 20 e 25 febbraio 1299.

Molti altri diplomi attestano che la compagnia de’ Bardi avea in affitto la zecca di Napoli; e talvolta gli ufici delle segrezie di qualche provincia.

<p>240</p>

Veg. la nota 238, pag. 128.

<p>241</p>

Diploma del 12 febbraio duodecima Ind. 1299, dall’archivio di Napoli, reg. seg. 1299, A, fog. 17. Vi si legge come tre cardinali da parte di Bonifazio aveano intimato a Carlo che pensasse a soddisfare i grossi debiti verso la santa sede, per imprestiti a lui e al padre, censo non pagato, e sussidi sì nella guerra, sì per lo maritaggio della figliuola con re Giacomo.

<p>242</p>

Diplomi del 18 e 20 marzo, 8 e 23 aprile, dai quali si ritraggono vari atti di forza privata commessi da masnade e genti armatesi popolarmente in Vico, Maddaloni, e altre terre anche in Principato. Ibid. fog. 21 a t., 23 a t., 30 a t., 51, 75.

<p>243</p>

Diploma del 25 marzo duodecima Ind. per le vittuaglie che si portavano clandestinamente a’ confini dei nemici in Basilicata, particolarmente dalla terra di Colubrano. Reg. cit. 1299, A, fog. 24 a t.

Diploma del 9 aprile duodecima Ind., al capitano di Bari. È la commissione del suo uficio, pel buono e pacifico stato de’ cittadini, e perchè ab hostium non ledantur insidiis. Ibid., fog., 26.

<p>244</p>

Diploma del 22 marzo duodecima Ind., ibid., fog. 23, nei quale si legge un capitano in Lucera.

Diploma del 26 marzo duodecima Ind., pel quale è eletto un capitano in Bari con mero e misto impero. Ibid., fog. 25.

<p>245</p>

Diploma del 26 marzo duodecima Ind. (1299), col quale è fornita una picciola somma per riparazione delle galee testè tornate di Sicilia. R. archivio di Napoli, reg. seg. 1299, A, fog. 524.

Diploma del 9 aprile duodecima Ind., perchè si fornissero di biscotto alcune galee napoletane e aragonesi nel porto d’Otranto. Ibid., fog. 31 a t.

Diploma del 12 aprile duodecima Ind., per comperarsi subito gran copia di stoppa da rispalmar le galee. Ibid., fog. 51 a t.

Diploma del 2 maggio duodecima Ind., per cinque galee catalane ch’erano a Brindisi, e si dovean vettovagliare, e armarne quattro, non bastando la gente per cagion delle malattie. Ibid., fog. 65 a t.

Diploma del 29 maggio duodecima Ind. Remiganti in gran copia assoldati in Pozzuoli, Salerno, Sorrento, e Castellamare. Ibid., fog. 85.

Vari diplomi del 30 maggio duodecima Ind., per remiganti da assoldarsi in Gaeta, Amalfi, Castellamare e altri luoghi. Ibid., fog. 93.

Diploma del 2 giugno, per armarsi dieci galee e provvedersi di viveri. Ibid., fog. 87.

Tre diplomi della stessa data, che contengono altre richieste di uomini per la flotta. Ibid., fog. 88 e 99.

Diploma del 23 giugno, per armamento di galee in Brindisi. Ibid., fog. 97.

<p>246</p>

Riguardo all’esercito si trovano nel r. archivio di Napoli questi documenti:

Diploma del 28 marzo duodecima Ind., per lo quale fu differita infino alla pasqua l’adunata in arme di tutte le milizie feudali a Foggia, bandita prima per marzo. Reg. 1299, A, fog. 26 a t.

Diploma del 18 aprile duodecima Ind., perchè da Principato e Terra di Lavoro si recassero in Napoli balestrieri e fanti. Ibid., fog, 51 a t.

Diploma del 27 aprile duodecima Ind., Chiamata al militar servigio in Calabria. Ibid., fog. 80.

Diploma del 2 maggio, duodecima Ind., per trovarti balestrieri e pedoni pronti agli ordini di Roberto duca di Calabria, vicario generale. Ibid., fog. 54.

Diploma dell’8 maggio, duodecima Ind. Chiamata al militar servigio e allo addoamento. Ibid., fog. 79.

In tutto il registro 1299, A, ci son molti altri diplomi per armamento de’ cavalli all’impresa di Sicilia.

<p>247</p>

Diploma del 18 aprile, duodecima Ind., al castellano di Pozzuoli, per aver cura che di quella spiaggia non andasser marinai a Ischia e Procida, e non si facessero segnali alle dette isole con fuoco e fumo. Reg. cit., fog. 51 a t.

Diploma del 6 maggio, duodecima Ind,, pel quale è differito l’ordine dato al comune di Aversa che mandasse 1,000 uomini, armis et instrumentis aliis decenter munitos ad rebelles insulas nostras Iscle Capri et Procide. Ibid., fog. 61.

Diploma del 5 giugno 1299. Ibid., fog. 103 a t. Per adunarsi fanti con accette e scuri da mettere a guasto le campagne d’Ischia, ove Giacomo si dovea portare con la flotta. Napoli dovea fornir 400 uomini, Aversa 300, Capua 300.

Diploma del 12 giugno, duodecima Ind. Si doveano pagare per 10 dì, alla ragione di dieci grani al giorno, i 300 fanti d’Aversa, mandati pel guasto d’Ischia. Provvedeasi che il danaro si ritraesse da una contribuzione degli abitanti d’Aversa. Ibid., fog. 128.

<p>248</p>

Veg. docum. XXVI e XXVII, e questi altri:

Diploma del 12 marzo, duodecima Ind. (1299), per la custodia degli statichi del castell’Abate. Reg. cit. 1299, A, fog. 45.

Diploma del 14 marzo. Il dì 20 i principi Roberto e Filippo si dovean trovare con le genti loro sotto il castell’Abate, per combatter quelle di Federigo, se venissero al soccorso. Perciò, affinchè abbian giusto numero di cavalli e fanti, è provveduto: quod de quolibet foculario mictant servientem peditem unum, munitum armis decentibus et expensis que sibi sufficient amorandum ibidem cum duce prefato. Ibid., fog. 46.

Diploma del 28 marzo. Per la medesima cagione, chiamati al militare servigio i feudatari delle città di Napoli, Capua ed Aversa pel 14 aprile. Ibid., fog. 2 a t.

Diplomi del 1 e 2 aprile duodecima Ind. (1299), per milizie presentatesi al castell’Abate, coram Roberto primogenito nostro duce Calabrie. Ibid., fog. 36.

Diplomi dell’8 e 9 aprile, da’ quali si scorge che Apparente di Villanova castellano del castell’Abate, consegnatolo agli angioini, ebbe salvocondotto a tornarsi in Sicilia. Ibid., fog. 6.

Altro diploma dell’8 aprile, per gli stipendi delle genti che avean assediato il castell’Abate. Ibid., fog. 7 a t.

<p>249</p>

Diploma del 2 aprile 1299, risguardante il pagamento degli stipendi a 260 cavalli di Guidone di Primerano, a’ quali doveansi once 520 al mese, computato ogni milite per due scudieri. Si comanda che vadan subito alle frontiere de’ nemici a Rocca Imperiale e Ordeolo, per cavalcar continuamente quelle campagne, dandovi il guasto. In questo diploma si parla ancora di danari pagati ai Catalani e almugaveri di Berengario d’Intensa, e d’un negozio che costui dovea compiere. Vi si fe’ molta premura per l’assedio d’Ordeolo, ove si doveano adunare altre forze, e anche aiuti procacciati dal papa. Nel citato registro 1299, A, fog. 54.

Diploma del 1 maggio, duodecima Ind., dal quale si vede che già Rocca Imperiale era venuta in man degli angioini. Reg. seg. 1299, A, fog. 69.

Due diplomi del 2 maggio, duodecima Ind. (1299), coi quali son dati altri provvedimenti per l’assedio di Ordeolo; ed è creato un capitano in val di Crati e Basilicata cum mero et mixto imperio et gladii potestate, che vada subito a quell’assedio. Ibid., fog. 66 a t. e 68.

Diploma del 14 giugno. È data autorità a Ruggier Sangineto di fermar patti con Berengario de Muronis milite, per la ricuperazione d’Ordeolo e Porta di Roseto. Ibid., fog. 128.

Diploma del 15 luglio, duodecima Ind. Provvedimenti perchè non manchi il danaro a incalzar l’assedio d’Ordeolo. Ibid., fog. 124.

Diploma dell’8 settembre tredicesima Ind. (1300), dal quale si vede che Ordeolo con Pietra di Roseto eran già in poter degli angioini. Reg. 1299–1300, C, fog. 331 o piuttosto 371.

Diploma del penultimo maggio duodecima Ind. (1299). Provvedimenti per la espugnazione del castel di Squillaci. Ibid., fog. 86 a t.

<p>250</p>

Diploma del dì ultimo febbraio duodecima Ind. I principi Roberto e Filippo, da parte del re, in Otranto avean patteggiato con Berengario degl’Intensi che la tenea per parte de’ nemici. Berengario indi era, dice il diploma di Carlo II, ad fidem et mandata nostra reversurus, e gli si dovean pagare, per lui e la sua compagnia, once 2,856, 7, 10, per stipendi dal 18 ottobre undecima Ind. (1297) sino a tutto agosto della stessa Ind. Reg. cit. 1299, A, fog. 22.

Diploma del 12 aprile duodecima Ind. (1299). Berengario d’Intensa avea preso statichi dalla terra di Montalto, e consegnatili a Stefano de Argat, sotto giuramento di custodirli per esso. Il re, non avendogli dato autorità a trattare, scioglie il giuramento dato allo stesso Berengario dall’Argat, e comanda che gli statichi si ritengan prigioni dal conte di Catanzaro. Ibid., fog. 49.

Diploma del 23 aprile duodecima Ind., per liberarsi alcuni Catalani e Aragonesi della compagnia di Berengario d’Intensa. ch’erano stati messi in prigione. Ibid., log. 75.

Diploma dell’8 giugno duodecima Ind., ove si dice che Otranto era tuttavia insidiata, e si sospettava di que’ medesimi Catalani della compagnia d’Intensa che l’avea consegnato agli angioini. Ibid., fog. 90 a t.

Diploma del 6 luglio duodecima Ind., per alcuni uomini d’Otranto. Da questo si scorge che Guglielmo Palotta tenea già Otranto per Federigo, che gli fu sostituito Berengario d’Intensa, e che Palotta adesso era anch’egli fedele di re Carlo. Ibid., fog. 160 a t.

Niccolò Speciale, lib. 3, cap. 15, dice chiaro il tradimento di Berengario, ch’era stato sostituito a Guglielmo Palotta nel comando d’Otranto. Surita, Ann. d’Aragona, lib. 5, cap. 38, afferma che Berengario degl’Intensi, preso ad Aversa, fu liberato sotto sicurtà, per procaccio di Giacomo.

<p>251</p>

Tre diplomi del 25 giugno, reg. cit. 1299, A, fog. 132 a t. e due del 2 luglio, ibid., fog. 119 a t. 120, svelano quest’altro tradimento. Un tal che tenne il castello di San Giorgio in Calabria, prima per Giacomo re di Sicilia, poi per Federigo, or abboccatosi col medesimo Giacomo, avea pattuito di render il castello a Carlo II, se gli si pagassero i soldi corsi, suoi e del presidio che montavano ad once 55. Non è mestieri aggiugnere che Carlo fece dar subito la moneta.

Da un altro diploma del 7 settembre tredicesima Ind. 1300, reg. seg., 1299–1300, C, fog. 372, segnato per errore 332, si vede che il nome di costui era Albagno d’Aragona. Con questo diploma si ordinava a favor di lui un altro pagamento.

Altri fallirono a Federigo, forse senza vender castella a’ nemici. Tali sembrano i casi de’ due documenti seguenti.

Diploma del 10 aprile duodecima Ind. Guidone Lombardo, già nemico, si era convertito. Datagli in feudo la terra di Monforte in Sicilia, ch’ei tenea da Giacomo e da Federigo. Ibid., fog. 13.

Diploma del 3 giugno duodecima Ind. Perdonato a Gerardo di Bonavite da Firenze, se tra 15 dì tornasse alla ubbidienza. Costui era stato disertore la prima volta dagli angioini ai nostri; ora era ad Ischia, e pensava tornare a’ primi con un nuovo tradimento. Ibid., fog. 89.

<p>252</p>

Honor est quod onus alleviat, leggesi ne’ due diplomi dati il 10 aprile duodecima Ind. (1299) per la tradigione che racquistava a Carlo II le terre di Martorano e Taverna. Nel r. archivio di Napoli, reg. citato 1299, A, fog, 13 e 38, a t.

<p>253</p>

Nic. Speciale, lib. 4, cap. 12, 13.

<p>254</p>

Diploma del 24 giugno 1299, nel r. archivio dì Napoli, reg. seg. 1299, A, fog. 113, a t.