La plebe, parte I. Bersezio Vittorio

La plebe, parte I - Bersezio Vittorio


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è che volete dire? Domandò egli. Ce ne vien tanta della gente alla mia povera osteria, con l'aiuto di Dio… Che il diavolo mi porti!

      – Intendo dire colui che chiamano col soprannome di medichino.

      Pelone tossì per cinque minuti prima di rispondere.

      – Ah sì, disse poi, l'ho udito nominare ancor io… Forse è venuto qualche volta egli pure qui dentro, ma non l'ho osservato, o non me l'hanno additato, o non me lo ricordo… Del resto, che uomo è egli costui?.. È forse tale che possa interessarvi?.. Volete che guardi d'informarmene?.. Sapete che non ci ha il mio pari in codesto; e se vi piace, saprò dirvi chi egli è, che cosa fa ed altro ancora…

      Barnaba fece un gesto di minaccia verso Pelone col dito indice della mano destra.

      – Oste mio, ho paura che tu faccia male i tuoi conti. Sai che a me non la si dà così facilmente ad intendere.

      – Vi assicuro…

      – Che tu tieni il piede in due staffe, gli è un pezzo che lo sappiamo, e siamo disposti a perdonarti fino ad un certo punto, quando tu ci compensi del nostro chiuder gli occhi sui tuoi malestri con importanti effetti d'altra parte; ma se invece tu credi poterti servire delle attinenze che hai con noi per aiutare i birboni e favorire le opere loro, alla croce di Dio che sapremo fartene pentire e mettere al passo anche te.

      – Credete, messer Barnaba… Vi giuro…

      – Basta! Pensa ai casi tuoi e fa senno. Persisti intanto a non aver nulla da dirmi intorno al furto Bancone ed al medichino?

      – Non posso che ripetervi le stesse parole: nulla affatto.

      – Ancora una cosa. Bada che questa è la più importante e intorno a questa non ti si vorrebbe tollerare neppur l'ombra d'uno scarto.

      – Che cosa mai? Domandò Pelone con interesse.

      Barnaba si curvò verso il suo interlocutore, abbassò ancora di più la voce, e disse:

      – I nemici della società non sono solamente quelli che attentano alla proprietà ed alla vita degl'individui; ve ne hanno di più pericolosi e di più scellerati, e son quelli che cercano sovvertire le basi stesse su cui si pianta la fabbrica sociale, lo altare ed il trono, la monarchia e la religione. Sappiamo che in questi brutti tempi la perfida razza di costoro s'è accresciuta grandemente; sappiamo che essi si agitano e non si peritano innanzi a nessun eccesso per potere arrivare ai loro empi fini. L'iniqua setta va diffondendo le sue scellerate dottrine e la sua influenza per mezzo di società segrete che serpeggiano negli strati inferiori della società come la gramigna nei campi. Anche nella infima plebaglia ha gettate ora le sue radici e tenta abbarbicarvisi giovandosi dell'ignoranza di quella misera gente. Conviene vegliare più che mai e colpire più ratto e più severamente che sia possibile… Pelone, rispondete la verità, perchè si tratta proprio della vostra sorte. Nella vostra osteria avete voi udito che dai componenti della cocca si tenessero discorsi contro il Re ed il suo Governo, contro la religione e i suoi ministri? o che qualcheduno forse d'una classe superiore, qualche apostolo della borghesia s'insinuasse fra di loro a fare di cotali parlate?

      La faccia di Pelone esprimeva la meraviglia e l'orrore che possano essere maggiori.

      – E che? Esclamò egli con profonda indignazione. Voi potete pensare che io avrei sentito non fosse pure che una mezza parola di cotante scelleraggini, senza dirvi di subito qual fosse e chi l'avesse detta perchè ne ottenesse il premio che si meriterebbe?

      – Dunque contro S. M. niente?

      Pelone si levò di capo il berretto unto e bisunto e in un profondo inchino fece lucicchiare al lume della lampada il suo cranio pelato, giallo come l'avorio antico.

      – Niente contro la sacra persona di S. M., ve lo giuro.

      – E contro le LL. EE. i ministri?

      L'oste aveva rimesso la berretta in capo, fece un inchino meno profondo, senza più levarsela, e rispose:

      – Niente.

      – Contro la polizia?

      L'inchino di Pelone fu rivolto specialmente all'interrogatore.

      – Niente affatto.

      – Contro i preti? E sopratutto contro i Gesuiti?

      – Meno che mai.

      – Va bene. Ma state in guardia. Il marcio vi è, ne siamo sicuri, e conviene vegliare attentamente per apportarci subito il rimedio colà dove si manifesti.

      – Per le corna del diavolo!.. Ferro e fuoco senza tardare… Oh state tranquillo che non son io che in queste cose andrei rimessamente… Per un povero diavolo che graffia via una borsa o che dà una coltellata perchè ha un bicchiere di vino nella testa, peuh! chiuderei qualche volta anche un occhio; ma per chi volesse dir male del nostro amatissimo sovrano… uhm! uhm!.. per la testa di S. Giovanni decollato!.. o per chi sparlasse delle autorità o dei buoni padri del Carmine… sarei senza misericordia, che il diavolo mi porti!

      – Siamo dunque intesi?

      – Intesissimi.

      – E bada a farti onore.

      – Vedrete, messer Barnaba.

      – E va bene. Vedremo… Intanto guarda un po' che cosa fa questo Meo che non comparisce colla porzione che ho domandato.

      – Subito: disse Pelone, levandosi con una vivacità che poteva dimostrare o la premura che metteva nel servire quell'avventore, oppure la gran voglia che aveva di terminare quel colloquio; e in due passi delle sue lunghe gambe fu fuori della stanza.

      Eravi in realtà un gran bisogno che mastro Pelone intervenisse perchè quell'avventore fosse servito, mentrecchè una contesa era nata nella cucina sotterranea fra Meo e Maddalena, per la quale il giovinastro stava là piantato col piatto della vivanda in una mano e un fiasco di vino nell'altra a sopportare le bordate di parole e di improperii che gli gettava contro lo scilinguagnolo troppo svelto di Maddalena, eccitando imprudentemente tratto tratto la bile e il fuoco delle ciarle della ragazza con qualche atto del capo che dimostravano la non vinta ed invincibile ostinazione della mulaggine del bravo Meo, imbecille ma testardo sino alla perfezione.

      Ecco di che modo era nata la lite.

      Maddalena era corsa giù a trasmettere al garzone gli ordini di Barnaba, e Meo, con aspetto torvo che pareva accrescere ancora la sua melensaggine, aveva accolto quegli ordini con un brontolio che pareva un grugnito, ma senza pronunziare una parola, e si era posto con tutta lentezza ad eseguirli.

      – Un po' più lesto, marmotta: aveva detto Maddalena vedendolo muoversi così di malavoglia.

      Meo aveva volto i suoi occhi grigi e a fior di pelle verso la ragazza, nei quali, se avessero potuto manifestar lo stato della sua anima, ci sarebbe dovuto essere collera e rimprovero, e che invece non avevano altra apparenza fuor quella di due pallottole di vetro incassate in una zucca; aveva sospirato, soffiato, grugnito, ma non aveva risposto. E tutto sarebbe rimasto lì se la Maddalena, per un eccesso di prudenza, non avesse commesso un fallo imprudentissimo.

      Senza conoscerne bene la ragione, ella sapeva, perchè Gian-Luigi medesimo glie l'aveva detto, e il padrone pure della bettola le aveva fatte a questo riguardo le più calde raccomandazioni, ella sapeva essere cosa sommamente importante che quel cotal messer Barnaba non venisse mai a scoprire che fra i misteriosi frequentatori della riposta camera eravi il medichino, e tanto meno poi che vedesse costui; quindi, secondo l'usato, visto appena spuntare la faccia arguta e maliziosa di Barnaba, ella s'era precipitata ad avvertirne il medichino, al quale, come avete potuto accorgervi, la Maddalena portava il più vivo ed il maggior interesse del mondo; mentre alcuni di quelli che erano compagni a Gian-Luigi in quella stanza dall'uscio a vetri, prima che ne uscissero chiamati dal rumore della contesa fra Maurilio e Marcaccio, fosse caso od intenzione dietro ricevute istruzioni, arrestavano Barnaba nel cammino e lo tenevano un istante in novelle, fatto che giovava ad accrescere i sospetti di questo agente segreto e importante della polizia.

      Ora, dovendo Meo presentarsi innanzi a Barnaba colla vivanda e col vino, Maddalena temette che quell'imbecille


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