La plebe, parte I. Bersezio Vittorio

La plebe, parte I - Bersezio Vittorio


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scaldare le sue mani intirizzite e gonfie dai geloni.

      – Che cosa gli ha contato quel bugiardello di Gognino? Che sì che gli mostro io!

      E la minaccia si sarebbe certamente risolta in fatti, se la vecchia non avesse visto lo sconosciuto porre nel taschino del panciotto il pollice e l'indice della sua mano sinistra; allora ella, interrompendosi tosto nel discorso, tese la destra e stette ad aspettare.

      Maurilio trasse fuori un pizzico di monete, le fece scorrere sulla palma della mano, e siccome, oltre poche di rame da cinque centesimi, non ce ne aveva che di argento, ne prese una da un franco e la porse alla vecchia, la quale fu lesta a farla ingoiare da un tascone della sua gonnella, dove, sonando cupamente, diede segno di essersi andata ad affratellare con il buon numero di soldacci grossi di rame. Poi ella sogguardò così di sbieco il donatore e con un cotale accento di timore, di peritanza, di rincrescimento, impossibile ad esprimersi, gli domandò:

      – Ho da tornarle indietro il soprappiù?

      Un sorriso ed un moto di spalle fatti dall'uomo, ella s'affrettò ad interpretare per una negativa, diede un colpetto colla mano alla sua saccoccia, come per chiuderla, e riprese con tono più umano e dolciato:

      – Che Dio la benedica, signor mio, per questa carità.

      Si volse verso il piccino che seguitava ad infrignare:

      – Vuoi smetterla, Gognino, o che io vengo a levarti il ruzzo collo staffile?

      Maurilio volle parlare, ma la vecchia non gliene lasciò tempo, e riprendendo a discorrergli come prima, soggiungeva:

      – Per Lei, vorrò dire la terza parte del rosario, a favore dell'anima dei suoi morti.

      La faccia di Maurilio si contrasse leggermente, ma ella nol vide.

      – E sentirò domattina la messa alla Madonna del Carmine. Io sono sempre lì sulla porta della chiesa che vendo abitini, rosarii e candelette. Se mai avesse bisogno di me per alcuna cosa, la mi ci troverebbe. E se vuole, domani accenderò le candelette per lei all'altare delle indulgenze.

      – No: interruppe Maurilio. Ciò ch'io vorrei si è che non batteste più quel povero bimbo.

      – Ah! rispose la vecchia. Lei crede ch'io gli faccia del male a quel piccino. Si sbaglia, sa! Io non fo che per suo bene. È dura cosa alla mia età allevarsi su un figliuolo di quella fatta. Io sono tutt'altro che cattiva. Ne potrebbe domandare a chiunque, e se le si dirà che la Gattona è una senza cuore, voglio sprofondare. (Da un buon pezzo di tempo mi chiamano la Gattona; ma il mio vero nome è Modestina… Modestina Luponi… Ma, sa bene, tra noi povera gente si comincia, tanto per ridere, ad affibbiare ad uno un sopranome, lo si ripete una volta ed altra, e buona sera, gli è come se gliel'avesse dato il prete coll'acqua santa.) Dunque le dico che quel ghiottoncello là, di certe ore, tirerebbe le botte di mano ad un san Giobbe. Sono una povera vecchia io che il lavoro non può più darmi nessun guadagno. Vivo della carità della gente io, e deve sapere anche Lei, se la carità della gente la è tanto larga. Oh stia là, che a me quel biricchino gli è un grave peso a portare!

      – Siete sua nonna, voi?

      – Signor sì. Ma vorrei ben essere piuttosto… Dio mi perdoni, che quasi ne direi qualcuna di grossa. È il figlio d'una mia figliuola, la quale dopo avermi dato i mille dispiaceri e perduto a me il rispetto, a sè l'onore, morì tra la miseria, lasciandomi sulle braccia quel coso. La ne aveva fatte di ogni razza quella disgraziata ed era proprio caduta al più basso.

      – E voi, sua madre, come non avete potuto avviarla al bene?

      – Eh sì! Che cosa vuole ch'io facessi? Bisognava ben lavorare per vivere… Un tempo, me la ricavavo bene… Sono stata in casa di signori… e di certi signori… Basta… Venne un dì che la mia ragazza dovette andare in giornata da una parte ed io dall'altra. Sa come succedono queste cose. Cominciò per innamorarsi d'uno che la piantò. Poi diede retta alle offerte d'un ricco che la fece scialare per bene durante un po' di tempo. Quindi da questo a quello, che vuol ch'io le dica? Patatrach nella miseria e nell'abbiezione… E fu allora, noti che provvidenza maligna! che le nacque codesto marmocchio della malora. Io avrei creduto che lo gittasse all'ospizio. Niente affatto. Quella creatura, che era stata senza cuore per sua madre e per tutti, volle tenersi il figliuolo, e per esso sostenne ogni sacrifizio ed ogni privazione.

      – Ciò prova che vi era del buono in lei.

      – E codesto la fece morire tisica all'ospedale a vent'ott'anni. Sono intorno a nove anni fa; me ne ricordo sempre; la mi fece chiamare al suo letto dove rantolava che faceva spavento, e mi disse con quel poco di voce che le restava e serrandomi la mano colle sue che bruciavano come carboni accesi: – Mamma, tu mi hai da promettere di non abbandonare mio figlio e di allevarlo su un onesto uomo. Che cosa vuole ch'io facessi? Promisi tutto quello ch'ella volle.

      – Ed avete fatto bene.

      – Oh! me ne ho dovuto pentire più d'una volta, glie lo dico io… Avrei fatto meglio a dar retta al consiglio di alcune amiche, che era di piantarlo là e lasciar pensare a lui quella provvidenza che l'ha fatto nascere.

      Maurilio sentì un profondo ribrezzo, ma stimò inutile il mostrarlo, e dopo un momento domandò:

      – E suo padre?

      – Chi? Il padre di quel bastardo? Chi l'ha mai visto o saputo chi fosse? Se l'avessi conosciuto, glie ne avrei portato bravamente e dettogli: – Mantenetevi voi la vostra carne ed il vostro peccato, ch'io, che cosa ci ho da entrare io?

      – Però voi da questo piccino tirate alcun profitto.

      – Santa Madonna della Consolata! A che cosa può giovare di buono un bardassotto di quella guisa? Gli vo comperando qualche dozzina di mazzi di fiammiferi, perchè li rivenda e venga così raspando qualche solduccio: chè adesso che si vuol far tutto in nuovo, hanno proibito anche l'elemosina… pena il Ricovero. S'e' volesse avere testa a partito, potrebbe pure guadagnarmi qualche cosuccia di questo modo; ma sì, egli è più vizioso di quanto si voglia credere, e non è ancora fuor di casa che con altri sbarazzini di sua risma, ei non sa far altro che giuocare alle biglie, o alla trottola, alle castelline e sciupare il tempo e i denari, e va apparando non altro che difettacci.

      – Questo è vero. E voi non mantenete così la promessa fatta al letto di morte di vostra figlia; di allevarlo un onest'uomo.

      – Oh sante piaghe! Che cosa ho da farne? Ei non vuol saperne di nulla delle cose da bene. Padre Bonaventura, un buon reverendo dei Padri Gesuiti lì del Carmine, mi aveva detto di mandarglielo in sacristia a far qualche piccolo servizio che gli avrebbero mostrato a servir la messa, e dato qualche elemosina di tanto in tanto, ed inculcatogli quanto meno il santo timor di Dio… Eh sì! Gognino… (lo chiamano Gognino, ma il suo vero nome è Luca)… Gognino è sempre scappato come il diavolo dall'acquasantino.

      – Perchè non lo acconciate con qualcuna di quelle scuole infantili che ora si sono fondate?

      – Scuole? Tutte baie!.. Padre Bonaventura dice che non vi si tiran su che dei miscredenti… E poi chi mi compenserebbe i dieci soldi che me ne fo portare?

      – Ah!

      Maurilio parve riflettere un poco. Diede una nuova e più minuta sguardata intorno a sè, si inoltrò nella soffitta ed esaminò meglio il ragazzo, il quale, tutto rannicchiato al focolare, aveva cessato di piangere, e teneva fisso sulla nonna e sullo sconosciuto gli occhioni larghi ed attenti. Poscia Maurilio si volse di nuovo alla vecchia e le disse:

      – A quel bambino, di leggere e scrivere, voi non glie ne avete neppur parlato?

      – Madonna santissima! E perchè mai? E che vuole ch'ei ne faccia? A che cosa giovano elleno queste cose per noi, povera gente, per quel disgraziato che gli toccherà sbrandellarsi la pelle se vorrà mangiar pane?

      Maurilio non credette opportuno entrare in discussione colla vecchia sull'utilità del saper leggere e scrivere. Si rivolse al bambino e gli disse:

      – Vieni un po' qui tu.

      Gognino lo guardò con occhio ancora più largo, ma non si mosse.

      – Hai sentito. Luca? Gridò la Gattona. Vien qui


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