Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire. Belgioioso Cristina

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Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire

      AL LETTORE

      Queste pagine non sarebbero state, me vivente, pubblicate, se avessi minor fiducia nella indulgenza e nella benevolenza de' miei lettori. – Se le mie osservazioni sembrassero ad essi senza fondamento, male esposte, inopportune o superflue, essi non sospetteranno almeno la rettitudine delle mie intenzioni; e questa convinzione basta a confortarmi, ed a farmi incontrare con mente serena e con animo saldo qualunque critica, per acerba che sia.

      Per la prima volta mi dirigo al pubblico nella mia lingua nativa, in un momento in cui essa è l'oggetto di sapienti discussioni e di ardui problemi. Su questo punto ancora debbo confidare nell'indulgenza di chi mi legge. Nell'esporre i miei pensieri mi prefissi soltanto di essere facilmente intesa. L'eleganza dello stile non è dote ch'io possegga, e non ho mai preteso di aspirare a questo vanto. – Scrivo perchè parmi di avere qualche cosa da dire, che possa per avventura riescire non inutile al mio paese. – Se tacessi perchè so di non parlare con linguaggio elegante e forbito, arrossirei di questa mia puerile vanità. – Se chi mi legge m'intende senza durar fatica, mi terrò per pienamente soddisfatta. – Se chi mi ha intesa rende giustizia alla rettitudine delle mie intenzioni, e mi perdona la illimitata ed assoluta schiettezza del mio dire, sarò sempre più convinta della bontà e della cortesia de' miei compatriotti.

      CAPITOLO PRIMO

      SITUAZIONE POLITICA E MATERIALE D'ITALIA

      L'Italia non è più una semplice astrazione geografica. – L'Italia esiste come nazione, nel modo istesso nel quale esistono le altre nazioni europee o per dir meglio le più potenti e le più incivilite dell'Europa. – Ristretta intorno ad una sola bandiera, retta a monarchia da un re; posta sotto l'egida di uno statuto costituzionale che il governo non tentò mai di frangere, forte e superbo della propria indipendenza, dopo che l'ultimo soldato straniero ne sgombrò, e voltava le spalle ai confini di lei; difesa dagli italiani, da italiani amministrata, governata e rappresentata; solcata in ogni direzione da numerose ferrovie, corredata di una forte marina, proporzionatamente alla estensione del di lei littorale; l'Italia coi suoi 26 milioni d'abitanti e più, guarda con legittima soddisfazione a tuttociò ch'essa compiva nel brevissimo spazio di sei anni, e si prepara ad eseguire nuovi progressi.

      Questi 26 milioni di abitanti sono ripartiti inegualmente sopra una estensione di circa 24,650,719 ettari quadri. Ognuno conosce la forma esterna della nostra penisola. Terminata a settentrione da una vasta catena di altissimi monti, dessa si allarga in ampie pianure, interrotte da amene regioni di colli e di laghi, occupando così tutto lo spazio che corre fra le provincie meridionali della Francia e la Dalmazia. – Questa gran parte di sè, che vien detta l'Italia settentrionale, comprende il Piemonte, la Lombardia, gli Stati Estensi e Parmigiani ed il Veneto e conta ad oltre nove milioni di abitanti.

      Queste provincie d'altronde possono dirsi le più ricche dell'intero regno, e non ne sono certamente le meno incivilite. – Il Piemonte che fu sempre reputato assai povero, si è di recente arricchito per la libertà di cui godeva vari anni prima che il rimanente d'Italia dividesse tanta ventura. – Ad arricchirlo concorsero pure altre circostanze; fralle quali va numerata la cessione alla Francia della più povera fra le antiche sue provincie, ed il progresso della grande agricoltura, ossia dell'agricoltura irrigatoria, dei quali progressi vennero a fruire la Lomellina ed il Novarese, altre provincie dell'antico Piemonte. La Lombardia che fu sempre reputata assai ricca, perchè il suolo ne è veramente feracissimo, non ebbe mai una ricchezza stabilita sopra solide basi, mentre tutto il suo reddito provveniva da una fonte sola, la agricoltura. – È bensì vero che questo reddito era assai maggiore che non lo sono negli altri Stati Europei quella parte del pubblico reddito proveniente dalla stessa sorgente. – Cosicchè l'osservatore superficiale che metteva in raffronto il prodotto delle terre Lombarde con quello di qualsifossero altre terre di dimensione eguale e non si informava della condizione degli altri rami di pubblica prosperità, si formava uno stupendo concetto delle ricchezze dei lombardi, e le andava poi sempre magnificando e vantando come prodigiose. – Certo è però che in tutto il corso del dominio austriaco sulle provincie Lombardo-Venete, sebbene la Lombardia non avesse ancora soggiaciuto ai flagelli della criptogama e della malattia dei bachi da seta, e tutte le sue terre fossero in istato di pieno prodotto e valore; sebbene l'Austria non ristasse dall'opprimerne con gravissime e sempre crescenti imposte, il governo austriaco non riescì mai a pareggiare in queste sue provincie il dare coll'avere, e si vide sempre costretto a spendere per mantenerne soggetti più di quanto da noi riceveva.

      Accadde poi ciò che naturalmente deve accadere di quelle ricchezze zoppe, cioè squilibrate e dovute ad una unica sorgente. – Questa si intorbidiva, cessava in parte, e l'intero edifizio della pubblica prosperità crollava e rovinava. – Se la Lombardia avesse posseduto in allora un sufficiente numero di stabilimenti industriali e di opificj, le braccia rimaste oziose per la mancanza degli usati lavori agricoli si sarebbero impiegate altrimenti, l'attività popolare si sarebbe rivolta verso quelle vie ad essa aperte, ed i flagelli sopra di noi scatenati non avrebbero avuto i fatali risultati che ebbero. – Nella condizione in cui ci trovavamo, invece nessuna risorsa ne fu presentata. – Tutte le terre situate al settentrione della città di Milano, i colli Euganej, e Brianzej, il Varesotto, l'intere provincie di Bergamo e di Brescia, ecc. ecc., sono come colpite di sterilità; cioè producono i loro soliti frutti, ma questi si corrompono e muojono prima di essere giunti a maturanza. – I possidenti privi con ciò del loro reddito usato, debbono inoltre condonare ai contadini l'affitto delle loro case, e provvederli almeno di grano turco, il che non facendo essi accadrebbe del contadino Lombardo ciò che accade di tratto in tratto del contadino irlandese, cioè di morire d'inedia, e di freddo sulle pubbliche strade o sul limitare delle abbandonate e chiuse loro povere case. – Ciò prevengono i nostri possidenti col prestare ai loro villici il pane ed il tetto; ma così facendo scemano le proprie risorse, per essi v'ha lucro cessante e danno emergente, e la totale loro rovina si fa ogni giorno più verosimile e più prossima.

      La bassa Lombardia sebbene assai meno estesa dell'alta, poichè non comprende oltre la Lomellina ed il Novarese di cui abbiamo accennato più su, che il Pavese, il Lodigiano e parte del Cremasco è divenuta oggi pressochè la sola fonte del pubblico reddito in Lombardia. – I terreni irrigatorj le case poste nell'interno della città, ed alcuni pochissimi opifici appartenenti a famiglie plebee che lentamente, e copertamente vi si arricchirono anche prima del 59 e che ora vanno comperando tutto ciò che le nostre illustri e cospicue famiglie più non possono conservare, formando così una nuova aristocrazia, più in armonia colle idee e coi bisogni della moderna società: ecco le fonti da cui oggi scaturisce lo scemato e smunto reddito della Lombardia. L'Italia centrale si compone della Toscana e di una grande parte delle provincie che formavano prima del 59 o del 60 gli Stati romani.

      La Toscana conta presso a due milioni di abitanti; è paese gremito di piccole, ma belle città, variato da colli ameni, da corsi d'acque, da sontuose ville, palazzetti, parchi, giardini, e villaggi che nulla presentano di quello squallore, che disadorna troppo sovente quelli del rimanente d'Italia. – Nessun angolo della Toscana possiede un aspetto grandioso e tetro, e le sue campagne fanno tutte presentire la vicinanza di una città. – Per quanto alcune di esse sieno solitarie e silenziose, vi si sente sempre che l'uomo è a pochi passi distante; ed il contadino toscano che vive sobriamente, respira un'aria salubre, lavora moderatamente ed è in frequente contatto cogli abitanti della città, nulla ha di rozzo, e non risveglia in chi lo incontra il doloroso pensiero di una ereditaria ed incurabile miseria. – Le donne o intrecciano i cappelli di paglia, o coltivano e vendono fiori; due mestieri che non affaticano le delicate membra, e non abusano delle forze giovanili, cosicchè le contadine toscane rimangono giovani per tutto il corso della loro gioventù, e per nulla rassomigliano quelle altre a cui incombono i più ardui lavori dei campi, e che bellissime a diciotto anni sembrano spesso decrepite appena passati i venti.

      Tanta gentilezza, vaghezza di forme e di costumi, tanta agiatezza di vita, ed una certa coltura che si estende alle infime classi della popolazione, farebbe naturalmente supporre che la Toscana sia paese ricco, e che i suoi abitanti sieno ampiamente dotati di operosità, di intelligenza, di risoluzione e di perseveranza. – Chi formasse una simile conclusione, commetterebbe però un gravissimo errore.

      L'agiatezza di tutte le classi popolari, la gentilezza dei loro modi e la durevole bellezza delle loro donne, provvengono da tutt'altra cagione, cioè dalla


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