Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4 - Giannone Pietro


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stato agevole con la sua autorità sedar que' rumori, ed avendovi maturamente pensato, giudicò esser buono per tal bisogno Matteo Bonello. Era costui per nobiltà di sangue assai chiaro, e splendido per molte ricchezze; ma ciò che più in lui s'ammirava era la beltà del volto, la robustezza del corpo e più il valor del suo animo. Il perchè non solo in Sicilia, ma ancora in Calabria, ove avea nobilissimi parentadi, era assai chiaro e famoso; ed era per sì lodevoli parti grandemente amato dall'Ammiraglio, dal quale per ciò era stato destinato per marito d'una sua figliuola ancor fanciulla[36]. Ma adombravano queste sue eccelse doti, l'esser d'animo inconstante ed agevolissimo a cangiar pensiero, audace e temerario a promettersi di se qualunque cosa; e benchè fosse egli cotanto amato dall'Ammiraglio, l'odiava nondimeno acerbamente per cagion, che per volere dargli per moglie sua figliuola, gli aveva sturbate le nozze, che intendeva di fare (sdegnando l'ignobilità di Majone) con Clemenzia Contessa di Catanzaro, figliuola bastarda come si disse, del Re Ruggiero, e rimasa vedova di Ugone di Molino Conte di Molise, la quale per esser di vago e gentile aspetto, era da Bonello focosamente amata, ed egli vicendevolmente riamato da lei; onde impedendo Majone il lor concorde volere, ne era tanto maggiormente da entrambi odiato.

      Ricevuti intanto il Bonello gli ordini opportuni per la sua partita, e accommiatatosi dal Re, valicato il Faro se n'andò in Calabria, ed abboccatosi colà in un giorno statuito co' Baroni della provincia, si sforzò con molte ragioni (simulando altro di quel che avea nel pensiero) di persuader loro, che l'Ammiraglio era innocente di tutto quel male, che se gli opponeva. Ma surto fra que' Baroni Ruggiero di Martorano della famiglia Sanseverino, uomo savissimo, e di grande stima, gli rispose in nome di tutti con tanta forza ed energia, che non solo lo trasse al suo partito; ma di vantaggio inanimandolo, che niun altro meglio di lui poteva porre tutti in libertà con toglier la vita al Tiranno, colla certezza che gli diedero, che tutti si sarebbero adoperati, morto Majone, acciocchè avesse per moglie la Contessa di Catanzaro: s'unì per tanto strettissimamente con loro, e promise fermamente di dar morte fra breve spazio all'Ammiraglio.

      Ma accidente più grave accelerò la ruina di Majone; poichè avendo egli disposte tutte le cose per mandar ad effetto la morte del Re, avvicinandosi già il giorno di sì funesta tragedia, prima d'eseguirla volle concertare con l'Arcivescovo Ugone del modo che avean da tenere, perchè il Popolo non tumultuasse quando il caso si fosse divulgato, ed insieme del modo che avean da tenere per reggere per l'avvenire il Regno[37]; sopra di che insorse fra di loro grave discordia, poichè l'Ammiraglio pretendea, che la tutela dei piccioli figliuoli del Re, e la custodia de' tesori, e di tutto il palagio reale a lui commetter si dovesse: all'incontro l'Arcivescovo la pretendea per se, perchè dicea, che in tal maniera il Popolo non avrebbe tumultuato, siccome avrebbero fatto certamente, se avessero veduto l'Ammiraglio prender la cura della casa regale, di cui di leggieri avrebber sospettato, che i figliuoli dovessero capitar male, già che da tutti si teneva per cosa sicura, ch'egli aspirava al Regno: la qual cosa non si poteva dubitare de' Prelati, nè di altre persone di Chiesa, che a ciò non potevan aspirare; il perchè era di dovere, che in lor potere si desse la custodia de' figliuoli, e de' tesori del morto Re; ma contraddicendo apertamente l'Ammiraglio, come a cosa, ch'era affatto contraria al suo intendimento, con dire ch'egli ciò non meritava da lui, il quale per sua opera era pervenuto a tanta grandezza, finalmente dopo altre assai acerbe parole, si dipartirono scovertamente nemici. Cagione che non passò guari, che l'Ammiraglio il pose in disgrazia del Re, che credea tutto quel che Majone dicea, al quale avendo persuaso che si facesse pagar dall'Arcivescovo 700 oncie d'oro, di cui gli era debitore, il Re, essendo oltre modo avaro, agevolmente acconsentì; onde l'Arcivescovo riconoscendo il tutto da' mali ufficj di Majone, cominciò seriamente ad odiarlo, e di stretti amici, che prima erano, divenuti veri nemici, cercavano entrambi di far l'un l'altro mal capitare. L'Ammiraglio propose di avvelenar l'Arcivescovo, e l'Arcivescovo sospettando di ciò se ne guardava con gran diligenza, e nel medesimo tempo confortava la plebe, i soldati e gli uomini illustri a far movimento contro Majone e dargli la morte. Intanto Matteo Bonello ritornato in Palermo, ed assicurato l'Ammiraglio, che erasi già di lui insospettito, dandogli ad intendere che avea composti felicemente i moti della Calabria, se ne andò secretamente a ritrovar l'Arcivescovo Ugone, il qual dimorava infermo in letto, e gli diè conto di ciò, che si era fatto insino allora, e l'Arcivescovo il consigliò, che di presente avesse posto ad esecuzione il fatto, perciò che sì importante negozio malagevolmente si potea più differire senza grave pericolo di scoprirsi; onde il Bonello, già al tutto risoluto, cercava con molta diligenza tempo opportuno per compirlo; e la fortuna volendo accelerar la morte dell'Ammiraglio, non guari passò, che gliene porse opportuna occasione.

      Avea già Majone, per opra d'un famigliar dell'Arcivescovo da lui corrotto con doni e con larghe promesse, fattogli dare il veleno, dal quale era stato cagionato il suo male; ma perch'era stato leggiero dubitava, che per mezzo d'opportuni rimedi ricovrasse sua salute; ed impaziente ch'ei tardasse tanto a morire, ne fece preparare un altro assai più potente e di presta operazione, del quale empiuto un vasello, recandolo seco andossene a ritrovar l'Arcivescovo, ed assisosi vicino al letto, in cui giaceva, cominciò amorevolmente a domandargli della sua salute: indi soggiunse, che se e' creder volesse al consiglio de' suoi amici, agevolmente guarirebbe del suo male con torre una medicina ottima per la sua indisposizione, che egli in sua presenza per l'amor, che gli portava, avea fatto comporre, e seco recata avea; ma l'Arcivescovo accortosi dell'inganno, rispose esser tanto infiebolito dal male, ed il suo stomaco così debilitato, che non solo abborriva qualunque bevanda, ma il cibo ancora, che con gran difficoltà prendea; e sollecitandolo sfacciatamente l'Ammiraglio, non ostante tal risposta, a prender il medicamento, per non dargli ad intendere, che s'era avveduto del tradimento, rispose che si serbasse quella medicina per un altro giorno che l'avrebbe presa: indi ragionando insieme parole di molta confidenza ed amore, cercava l'un l'altro tradire e condurre a morte con sfacciata simulazione, e volle la fortuna, che amendue ottenessero il lor volere; poichè Majone per opera dell'Arcivescovo fu la medesima sera ucciso, come ora diremo, e l'Arcivescovo non guari da poi morì per lo veleno datogli prima per opra dell'Ammiraglio, benchè fosse in ciò Ugone più felice, perchè vide morire il suo nemico prima di lui. Avea l'Arcivescovo, mentre teneva in parole l'Ammiraglio, inviato per mezzo del Vescovo di Messina, che gli sedeva a lato presso al letto, a dire a Matteo Bonello, che quella sera era il tempo opportuno, nel quale poteva porre felicemente in effetto il suo disegno; per la qual cosa il Bonello, già risoluto al misfatto, raunò prestamente alquanti uomini armati, e quelli rincorati a tale affare in vari luoghi dispose, acciocchè non avesse potuto da parte alcuna scampar Majone, ed egli con buon numero di quelli si pose su la porta di Santa Agata, di dove più ragionevolmente dovea passare per ritornar nel palazzo reale: ed avendo significato all'Arcivescovo esser tutto all'ordine, essendo già sopravvenuta in notte oscura, attendeva il ritorno dell'Ammiraglio il quale alla fine togliendo commiato dall'Arcivescovo, di colà si partì. Ma in questo, passando per lo luogo, ove avea tese l'insidie il Bonello, alcuni del suo seguito s'avvidero della sua intenzione, ed incontanente girono a ritrovar Majone, ed incontrandolo per lo cammino, che verso là veniva, gli narrarono tal fatto; onde egli smarrito del prossimo periglio comandò, che si dicesse al Bonello, che venisse a lui, il quale conoscendo esser già scoverto, e non esser più tempo da fingere, cavata fuori la spada, valorosamente l'assalì dicendo: Traditore, son qui per ucciderti, e per metter fine colla tua morte alle tue malvagità, e tor via dal Mondo l'adultero del Re; ed avendo sviato l'Ammiraglio il primo colpo che gli trasse Bonello, cadde a terra moribondo trafitto dal secondo, e di presente finì i suoi giorni[38], ponendosi vergognosamente in fuga, senza dargli aiuto veruno, la folta turba de' suoi partigiani, che lo seguiva. Ecco dove andarono a terminare gli ambiziosi desiderj di Majone da Bari, Grand'Ammiraglio di Sicilia, il quale nato di vilissima schiatta, fu dalla fortuna a grande altezza sollevato, e se ne sia lecito alle grandi le piccole cose paragonare, fu egli assai simigliante a Sejano. L'uno e l'altro umilmente nato, per mezzo del favor de' padroni in grande stato lungamente visse: amendue colmi di grandissime malvagità afflissero il real legnaggio, ed i nobili uomini de' Reami de' loro Signori; amendue essendo adulteri della casa reale procacciarono con il consentimento delle mogli de' padroni, il primo di far morire, come in effetto avvenne, il figliuolo del suo Imperadore, e l'altro (benchè nol potesse recare a fine) il proprio Re; amendue tentarono d'usurparsi la Signoria che governavano, ed amendue alla fine morirono di malvagia morte; diversi


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<p>36</p>

. Ugo Falcand.

<p>37</p>

. Ugo Falc.

<p>38</p>

. Ann. 1160. Camil. Pell. in Castigat. ad Anon. Cassin.