Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4. Giannone Pietro

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4 - Giannone Pietro


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Tiberio per la sua sagacità avveduto del tradimento, fu fatto morire per man di boia, e Majone per la stupidità di Guglielmo, che di nulla curava, morì ucciso da' congiurati, che le sue scelleraggini soffrir più non potevano.

      Intanto il Bonello, non sapendo quel che s'avrebbe fatto il Re, nè tenendosi perciò sicuro in Palermo, si ricovrò a Cacabo suo castello, e colà con tutti i suoi si fortificò; ed il Popolo palermitano intesa la morte dell'Ammiraglio, scoprendo apertamente il gravissimo odio, che gli portava, cominciò a straziare vilmente il suo cadavero, rinovandogli altri le ferite, ed altri facendogli mille ignominiosi scherni. Il Re Guglielmo, essendo già molte ore della notte passate, si maravigliava dell'inusitato tumulto, che dal suo palagio nella città s'udiva; ma essendogli da Odone Maestro della stalla reale, che perciò a lui veniva, narrato il tutto, si sdegnò gravemente di tale avvenimento, dicendo, che se l'Ammiraglio avea contro lui fallato, toccava a lui, e non ad altri di dargli castigo; e la Regina più gravemente del Re sdegnata per l'amore, che portava all'adultero, si accese di gravissima ira contro il Bonello e gli altri congiurati. Ma il Re, temendo non succedesse maggior rivoltura per tale cagione nel Popolo palermitano, e che non malmenassero i parenti del morto, e mandassero a ruba le lor case, e quelle del medesimo Ammiraglio, fece tutta la notte da grosso stuolo d'armati circuir la città e guardarla con molta diligenza. Venuto poi il nuovo giorno il Re diede la cura d'esercitar l'Ufficio d'Ammiraglio, sin ch'egli avesse altro disposto, ad Errico Aristippo Arcidiacono di Catania suo famigliare[39], uomo di piacevole e mansueto ingegno, ed assai dotto nelle latine e nelle greche scritture, col cui consiglio cominciò a guidar gli affari del Regno; ed avendogli il nuovo Ammiraglio ed il Conte Silvestro palesata la congiura, che avea fatto contro di lui Majone, cercarono con varie persuasioni raddolcire il suo animo fieramente sdegnato contro il Bonello, benchè giammai poterono indurlo a perdonargli, fin che fra i tesori del morto non fur trovati lo scettro, il diadema e le altre insegne reali: le quali facendo manifesta fede della sua scelleraggine, fur cagione, ch'ei racchetasse il suo sdegno, e facesse tantosto porre in prigione i due Stefani, l'un fratello e l'altro figliuolo di Majone, e Matteo Notaio suo strettissimo amico, facendo parimente condurre nel reale Ostello tutti i tesori del morto, che ritrovar si poterono, e facendo collare Andrea Eunuco, e molti altri famigliari dell'Ammiraglio per rinvenire ove erano ascosi gli altri, e spaventare insiememente con gravi minacce il figliuolo Stefano, se non palesava anch'egli quel che ne sapea; per detto del quale fu ritrovata grossa somma di moneta in balia del Vescovo di Tropea, che richiestone dal Re prestamente glie la recò. Dopo la qual cosa inviò Guglielmo suoi messi a Cacabo a dire al Bonello, che per le malvagità che dell'Ammiraglio novellamente avea udite, gli era stata a grado la morte a lui data, e che perciò ne venisse sicuramente a lui. Ricevuta Bonello tale imbasciata, confidato ancora nell'amor de' Baroni e del Popolo, e nel presidio di molti suoi soldati, che seco condusse, tantosto venne in Palermo, dove entrando se gli fece all'incontro innumerabil turba così d'uomini, come di donne, che con gran festa l'accolsero, ed insino al palazzo reale l'accompagnarono, ove fu lietamente accolto dal Re, che il ricevette in sua grazia. E da lui partendosi, fu da' maggiori personaggi della Corte con la medesima frequenza di Popolo insino a sua casa onorevolmente condotto, e non solo in Palermo, ma per tutta la Sicilia, e per gli altri Stati ancora del Re Guglielmo, si rese così chiaro e famoso il Bonello, che acquistonne l'amore e 'l buon volere di tutti.

      Ma vedi l'incostanza delle cose mondane: questa istessa grande sua felicità, prestamente si convertì in sua grave ruina; poichè gli Eunuchi del palazzo reale, ch'erano stati compagni di Majone nel congiurar contro il Re, insieme con la Regina, dispiacendogli grandemente tanta grandezza di Bonello, e temendo non alla fine contro a loro si convertisse, cominciarono in varie maniere a porlo in odio al Re, con fargli sospetta la potenza di lui; dicendogli che apertamente aspirava a farsi Signor di Sicilia, e che perciò l'amor de' Popoli e de' Baroni s'acquistava; nè ad altro fine esser stato da lui ucciso innocentemente l'Ammiraglio, che per torre di mezzo colui, che sempre vigilava per la sicurezza e grandezza del Re, essendo state manifeste falsità tutte le cose, che se gli erano apposte; e che il diadema e l'altre regie insegne, che s'erano ritrovate fra' suoi tesori, l'avea fatte fare il morto, per donarle a lui nel principio del prossimo mese di gennaio per offerta[40]. Era il Re, fra gli agi del real palazzo, ed il lungo ozio, venuto in tale infingardaggine e stupidezza, che toltone la cura, alla quale era dalla sua avarizia stimulato, di cumulare tesori, imponendo perciò gravezze intollerabili a' suoi vassalli, onde riportonne il titolo di Malo, era assai diverso da quel di prima divenuto; e già cominciava a sentir dello scemo, onde di poca levatura avea mestiere perchè fossero credute da lui tutte quelle cose che s'imputavano a Bonello, onde cominciò ad odiarlo, ed a credere, che non per altro avesse tolto di vita Majone, che per potere anche poi uccidere più liberamente lui. E benchè e' fosse facile ad incrudelire, pure soprastette in procedere contro Bonello, temendo dell'amor, che gli portava il Popolo di Palermo, il qual vedeva ancor tumultuante, e non bene racchetato. Incominciò sì bene a richiedere al Bonello grossa somma di denaro, del quale era per addietro debitore alla real Corona; ma come genero di Majone, non sapendolo il Re, non s'era riscosso. Il perchè il Bonello vedendosi chiedere improviso un debito vecchio, e già dimenticato, e di rado chiamare in Corte, e non esser colà ricevuto con le primiere accoglienze, cominciò a maravigliarsi, ed a gir ripensando onde sì fatta mutazione cagionar si potesse, accrescendogli il sospetto e 'l timore il veder molto favorito dal Re Adinolfo Cameriero già carissimo a Majone, e tanto costui, quanto gli altri suoi nemici mostrargli con molta audacia apertamente l'odio, che gli portavano. Ed essendo in que' giorni morto l'Arcivescovo Ugone per lo veleno datogli per opra dell'Ammiraglio, rimasto privo del suo consiglio e del suo aiuto, era più scovertamente perseguitato dagli emuli suoi; le quali cose giudicava esser segno assai chiaro, che l'animo del Re era cangiato verso di lui, e che perciò i suoi nemici avean presa audacia d'insidiargli anche la vita. Per la qual cosa si risolvè di significare il tutto a Matteo Santa Lucia suo consobrino, ed a molti altri Baroni siciliani, i quali chiamati per sue lettere eran venuti a Palermo, dando loro a vedere, che in vece d'esser largamente premiato, per aver con la morte data all'Ammiraglio salvata la vita al Re, veniva ora da costui, per aggradire alla Regina sua moglie, ed agli Eunuchi del palazzo, costretto a pagare i debiti vecchi, e in molte altre guise gravemente perseguitato e condotto a periglio di dover perderne la vita; onde gli pregava, che non l'avessero abbandonato in sì gravi travagli, perchè se fossero stati uniti strettamente insieme, non gli sarebbe mancato il modo da far generosamente difesa contro chiunque gli avesse voluto offendere. Queste parole di Bonello cagionarono negli animi di que' Baroni effetti molto più vantaggiosi di quel che s'avrebbe egli mai potuto promettere, perchè trovandogli molto disposti a' suoi desiderj, dopo vari discorsi alla fine conchiusero di tor via il Capo di tanti mali e congiurarono contro il Re, con intendimento d'ucciderlo, o di porlo in prigione, e crear Re il suo figliuolo, nomato Ruggieri, fanciullo ora di nove anni, il quale per la memoria dell'avolo, e per la virtù, che in quella tenera età dimostrava, stimavano dover riuscire ottimo Principe[41]; ma perchè non giudicavano convenevole porsi essi soli a così gran fatto, trassero parimente nella congiura Simone figliuol bastardo del Re Ruggieri, che odiava fieramente il fratello per avergli costui tolto il Principato di Taranto lasciatogli dal padre, e datogli in vece il Contado di Policastro. Vi trassero ancora Tancredi figliuolo di Ruggiero Duca di Puglia, uomo benchè alquanto cagionevole della persona, dotato nondimeno di grande avvedimento, e di sommo valore, il quale era d'ordine di Guglielmo tenuto a guisa di prigioniero dentro il palazzo reale; e Ruggieri dell'Aquila Conte d'Avellino parente anch'egli del Re per cagione dell'avola Adelasia; ed era il loro intendimento di crear Re il fanciullo Ruggieri, acciocchè si vedesse da' Popoli di Sicilia, che non volean torre il Regno alla schiatta di Guglielmo, ma torlo a lui, che con tirannide il reggea. Infatti avendo corrotto Gavarretto, che avea in suo potere le chiavi delle prigioni, e che sovente da Malgerio era lasciato in suo luogo alla guardia del castello, rimasero seco d'accordo, che in uno statuito giorno ponesse in libertà tutti i prigioni, che essi volevano che fosser nella congiura, e provedutigli d'arme, avesse lor significato, con un segno fra di loro ordinato, essere il fatto in ordine. Dopo la qual cosa Matteo Bonello ne andò a Mistretto suo castello non guari da Palermo lontano, per riporvi vittovaglie e munirlo di soldati insieme con alcuni altri suoi luoghi, acciocchè avesser potuto ricovrarsi in quello in ogni sinistro avvenimento, dicendo a suoi compagni, che sino al suo ritorno non avesser fatto nulla ed avessero


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<p>39</p>

. Ugo Falc.

<p>40</p>

. Ugo Falc. ut eadem in Kal. Januarii strenarum nomine, juxta consuetudinem ei transmitteret.

<p>41</p>

. Ugo Falc. Majorem ejus filium Rogerium Dacem Apuliae, novennem fere puerum Regem crearent.