La Scelta Perfetta. Sophie Adams

La Scelta Perfetta - Sophie Adams


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      La Scelta Perfetta

      I Sette Vizi Capitali: Avarizia

      Sophie Adams

      Tradotto da Caterina Magnanelli

      “La Scelta Perfetta”

      Scritto da Sophie Adams

      Copyright © 2018 Sophie Adams

      Tutti i diritti riservati

      Distribuito da Tektime S.r.l.s. Unipersonale

       www.traduzionelibri.it

      Tradotto da Caterina Magnanelli

      Sinossi

      Damien Callaughan è un uomo ambizioso. Ricco, affascinante e di successo. È un uomo molto potente ed è disposto a tutto pur di mantenere la sua egemonia.

      La giovane e dolce Gabrielle Clark si è trasferita a Raleigh in cerca di una nuova vita, lontano dai brutti ricordi del passato.

      Quando Damien e Gabby si incontrano, vengono travolti dalla passione e dal desiderio, nonostante siano consapevoli che i loro mondi siano troppo diversi. Contro ogni aspettativa, costruiscono una relazione intensa e duratura, ma piena di segreti.

      Per poter stare insieme, Damien dovrà affrontare una scelta, mentre Gabby dovrà imparare a fidarsi.

      Riusciranno a mettere da parte le paure e a seguire il cuore?

      La Scelta Perfetta è il terzo racconto della serie I Sette Vizi Capitali.

      Nota dell’autore:

      I Sette Vizi Capitali. Sette atteggiamenti umani che vanno contro la legge divina. Sette errori che tutti abbiamo commesso o con cui abbiamo avuto a che fare a un certo punto della nostra vita.

      Invidia, Lussuria, Avarizia, Ira, Gola, Superbia, Accidia. Ognuna delle storie che formano la serie è ispirata a una di queste attitudini. Tutti i racconti hanno un inizio, uno sviluppo e una fine, ma possono ricollegarsi a personaggi già conosciuti precedentemente.

      Cosa vale di più: l’amore o il denaro? Ne La Scelta Perfetta conosceremo Damien, un uomo ricco e molto potente, e Gabby, una ragazza dolce e innocente, ma con un passato misterioso che vuole dimenticare per poter ricominciare da zero. Quando i due si incontrano, la passione li travolge, ma non sanno che le scelte sbagliate richiedono sempre un prezzo da pagare. Per cui, dovranno fare la scelta perfetta.

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      Con amore,

      Sophie Adams

      Avarizia

      /a·va·rì·zia/

      Sostantivo femminile (dal lat. avaritia)

      1- Eccessivo ritegno nello spendere e nel donare, per un gretto attaccamento al denaro e a ciò che si possiede;

      2- Anticamente, desiderio intenso di ricchezze , insaziabile avidità di denaro.

      (Fonte: treccani.it)

      Gabrielle

      Udii le prime note del pianoforte e lentamente feci scorrere le mani lungo i fianchi del vestito di seta, azzurro come i miei occhi. Rod, il pianista, introdusse Have I told You Lately, scritta dal suo omonimo Rod Stewart, così io mi avvicinai al microfono per cominciare a cantare. Non potevo immaginare che i versi di quella bellissima canzone potessero riflettere subito i miei sentimenti.

      Mentre gli accordi risuonavano, riuscivo a sentire il brusio del Richmont, un esclusivo ristorante a cinque stelle situato nella ricca zona di Raleigh, nella Carolina del Nord. Quel posto elegante era frequentato da personalità dei ranghi più elevati: uomini d’affari di successo, politici, celebrità, e tutti coloro che potevano permettersi una cena da quattrocento dollari. Ovviamente, non era il mio caso, sebbene Louie Richmont, il proprietario, mi pagasse profumatamente per tre spettacoli a settimana.

      Ero stata assunta appena tre mesi prima, ma già conoscevo la maggior parte degli habitué. Louie insisteva che, al termine di ogni spettacolo, passassi tra i tavoli a ricevere i complimenti per la mia esibizione sul palco e pretendeva che intrattenessi i clienti, facendoli sentire a proprio agio. Tutto ciò mi faceva riflettere sull’enorme differenza che c’era con la vita che conducevo prima, molto lontano da lì, a New York, dove cantavo in uno di quei bar rumorosi e pieni di fumo che si trovava in una delle zone peggiori della città. Dimenticatelo, Gabby. Questa storia te la sei lasciata alle spalle, pensai tra me e me, cercando di non rievocare tutte le sconfitte e i dolori che avevo dovuto subire negli ultimi anni. Ero lì per ricominciare ed era ciò che avrei fatto, ripartendo dalla mia carriera.

      Dopo qualche istante, Rod suonò la battuta d’entrata e cominciai a mormorare le prime parole. Gradualmente, come sempre, il chiacchiericcio diminuì e l’attenzione si rivolse sul palco.

      Have I told you lately that I love you?

      Have I told you there`s no one else above you?

      You fill my heart with gladness, take away all my sadness,

      Ease my troubles, that's what you do.

      La seconda strofa continuò immersa in un silenzio profondo, persino lo struscio del vestito di seta si fermò, così che le note del piano potessero fluire chiare e limpide in tutta la stanza con un’acustica eccellente, una cosa di cui Louie andava molto fiero.

      Con gli occhi chiusi e immersa nella canzone, mi lasciai trasportare dalle dolci parole d’amore. Il palco era l’unico posto in cui concedevo a me stessa di provare passione da quando la vita mi aveva dimostrato innumerevoli volte che non potevo fidarmi di nessuno se non di me stessa.

      Non più, almeno.

      Su quel palco, non ero più la ragazza sognatrice, scappata da quell’incubo che era la sua vita a New York. Là, indossando quel bellissimo vestito e cantando a una platea di persone rispettabili e di successo, ero qualcuno da ammirare, anche se solo per la mia voce, dato che non sarei mai stata allo stesso livello di coloro che si trovavano lì.

      Mormorai le ultime parole e, mentre il pianoforte di Rod suonava le ultime note della melodia, aprii gli occhi, ancora commossa dall’intensità della canzone. La mia attenzione si concentrò sull’entrata del ristorante. In piedi, con i corti capelli neri e con indosso un completo a tre pezzi, probabilmente fatto su misura, che gli donava un aspetto forte e ricco, c’era l’uomo più affascinante che avessi visto in vita mia. Nel momento in cui i nostri occhi si incontrarono, seppi che non sarei più stata la stessa.

      Damien

      Avevo la testa in fiamme dopo il lungo e complicato incontro sull’ex membro del congresso Josh MacGregor, seguito da un incessante discorso di David Crosby Jr, il nuovo tirocinante e figlio del Senatore Crosby, il quale lavorava per me da circa tre mesi per soddisfare la richiesta del padre, un personaggio molto influente. Riflettendoci bene, mi ero reso conto che da quando quel ragazzino pedante, immaturo e totalmente inesperto aveva iniziato a lavorare lì, non ero più riuscito ad andare a cena con gli amici o socializzare con belle donne.

      A fine giornata, a me, che ero un amante del silenzio, quelle chiacchiere riguardanti il ragazzo mi avevano sfinito e tutto ciò che desideravo era la tranquillità di casa mia, in Blound St., una delle vie più esclusive e costose della città.

      “Crosby Jr”, dissi al ragazzo, fermandolo lungo il corridoio che portava al mio ufficio. “Invece di parlare, preparami un report. Capito?” Il ragazzo annuì con entusiasmo, come se stessi proferendo le parole magiche che avrebbero aperto un portale di fronte a noi. “Sulla mia scrivania domani mattina alle sette”, dissi, schioccando le dita. Comprese subito che avrebbe dovuto andare a svolgere il suo lavoro e lasciarmi solo.

      Nel


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