Eva. Giovanni Verga
seta dietro a me; uscì dall’ombra di un corridoio una donna tutta infagottata nelle sciarpe, nelle pellicce, e col velo sul viso. Attraversò quasi correndo il vestibolo; passò la sua mano sotto il mio braccio, senza dirmi una sola parola; spinse l’usciale, e mentre raccoglieva lo strascico della veste per montare in carrozza, mi disse con voce soffocata sotto il cappuccio e il velo: «Venite.»
Appena fui seduto al suo fianco calò il cristallo, sporse il viso in fuori, ed ordinò al cocchiere:
«Ai colli.»
Poscia sollevò il cappuccio che le veniva fin sugli occhi, gettò il suo velo all’indietro, e si volse a guardarmi fisso, senza dir motto, con un’aria di curiosità insistente, e quasi fanciullesca. Erasi sdraiata in un angolo del legno, col capo rivolto dalla mia parte. Sembrava assai stanca, e faceva scorrere quell’occhio curioso su tutta la mia persona, dal capo alle piante.
A un tratto si rizzò sulla vita, e mi domandò semplicemente:
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