La morsa. Luigi Pirandello

La morsa - Luigi  Pirandello


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uigi Pirandello

      LA MORSA

      epilogo in un atto

      Personaggi

      Andrea Fabbri

      La signora Giulia

      L’avvocato Antonio Serra

      Anna, domestica

      In un paese di provincia Oggi

      La morsa

      Una stanza in casa Fabbri. Uscio comune in fondo.

      Uscio laterale a sinistra. Due finestre laterali a destra.

      Poco dopo alzata la tela, Giulia, che sta presso la finestra più in fondo, con le spalle al pubblico, a guardar fuori, fa un atto di sorpresa e si ritrae; posa su un tavolinetto il lavoro a uncino che ha in mano e va a chiudere l’uscio a sinistra,in fretta ma cauta, poi attende presso l’uscio comune.

      Entra Antonio Serra.

      Giulia (buttandogli le braccia al collo, piano, contenta) Già qui?

      Antonio (schermendosi turbato) No, ti prego!

      Giulia Non sei solo? Dove hai lasciato Andrea?

      Antonio (sopra pensiero) Sono tornato prima: stanotte.

      Giulia Perché?

      Antonio (irritato della domanda) Con una scusa! Era vero per altro. Dovevo trovarmi qui di mattina, per affari.

      Giulia Non me n’hai detto nulla. Potevi avvisarmene.

      Antonio (la guarda e non risponde)

      Giulia Che è avvenuto?

      Antonio (a bassa voce, ma vibrata; quasi con rabbia) Che? Temo che Andrea sospetti di noi.

      Giulia (restando, con sorpresa piena di spavento)Andrea? Come lo sai? Ti sei tradito?

      Antonio No: tutti e due, se mai!

      Giulia (c. s.) Qui?

      Antonio Sì. Mentre scendeva… Andrea scendeva davanti a me, ti ricordi? con la valigia. Tu facevi lume dalla porta. E io nel passare… Dio, come s’è sciocchi talvolta!

      Giulia (c. s.) Ci ha visti?

      Antonio M’è parso che si sia voltato, scendendo.

      Giulia Dio, Dio…, e sei venuto a dirmelo… Così?

      Antonio Tu non ti sei accorta di nulla?

      Giulia Io no, di nulla! Ma dov’è Andrea? dov’è?

      Antonio Dimmi: m’ero già messo a scendere, quando lui ti chiamò?

      Giulia E mi salutò! Fu dunque nello svoltare dal pianerottolo giù?

      Antonio No, prima, prima.

      Giulia Ma se ci avesse visti…

      Antonio Intravisti, se mai. Un attimo!

      Giulia E ti ha lasciato venir prima? Possibile? Sei ben sicuro che non è partito?

      Antonio Sicurissimo, di questo, sicurissimo. E prima delle undici non c’è altra corsa dalla città.

      Guarda l’orologio.

      Sta per venire. Intanto in questa incertezza… sospesi così in un abisso… capisci?

      Giulia Zitto, zitto, per carità! Calma. Dimmi tutto. Che ha fatto? Voglio saper tutto.

      Antonio Che vuoi che ti dica? In questo stato, le parole più aliene ti pajono allusioni: ogni sguardo, un accenno; ogni tono di voce un…

      Giulia Calma… Calma…

      Antonio Sì, calma, calma, trovala!

      Breve pausa. Si rimette un po’, quindi:

      Qua, ti ricordi? prima di partire, discutevamo io e lui su la maledetta faccenda da sbrigare in città. Lui s’accalorava…

      Giulia Sì, ebbene?

      Antonio Appena in istrada, Andrea non parlò più, andava a capo chino; lo guardai, era turbato, le ciglia aggrottate… “S’è accorto!” pensai. Tremavo. Ma a un tratto con aria semplice, naturale: «Triste, è vero?» – mi fa – «viaggiare di sera… lasciar di sera la casa…»

      Giulia Così?

      Antonio Sì. Gli sembrava triste anche per chi resta. Poi, una frase… (sudai freddo!) «Licenziarsi a lume di candela, su una scala…».

      Giulia Ah questo… come lo disse?

      Antonio Con la stessa voce: naturalmente: io non so… Lo faceva apposta! Mi parlò dei bambini che aveva lasciati a letto, addormentati; ma non con quella amorosità semplice che rassicura – e di te.

      Giulia Di me?

      Antonio Sì, ma mi guardava.

      Giulia Che disse?

      Antonio Che tu ami tanto i tuoi bambini.

      Giulia Niente altro?

      Antonio In treno, ripigliò il discorso, sulla lite da trattare. Mi domandò dell’avvocato Gorri, se lo conoscevo. Ah, volle sapere tra l’altro se era ammogliato (rideva). Questo, per esempio, non c’entrava… O ero io che…

      Giulia (pronta) Zitto!

      Anna (s’affaccia all’uscio comune in fondo) Scusi, signora. Non debbo andare a ripigliare i bambini?

      Giulia Sì… Ma aspetta ancora…

      Anna Non ritorna oggi il padrone? Le vetture sono già partite per la stazione.

      Antonio (guardando l’orologio) Sono già le undici, a momenti.

      Giulia Ah sì? Di già?

      Ad Anna:

      Aspetta ancora un po’… Te lo dirò io.

      Anna (andando via) Sissignora. Intanto finisco d’apparecchiare.

      Via.

      Antonio Sarà qui tra poco.

      Giulia E non sai dirmi nulla… non hai saputo accertarti di nulla…

      Antonio Sì! Sa fingere bene, se veramente ha il sospetto.

      Giulia Lui? Lui, così violento?

      Antonio Eppure! Che la mia diffidenza m’abbia reso insensato fino a tal segno? Possibile? Più volte, vedi, attraverso le sue parole, m’è parso di leggere qualcosa. Un momento dopo mi dicevo rinfrancandomi: «È la paura!» L’ho studiato, spiato tutti i momenti: come mi guardava, come mi parlava… Sai che non è solito di parlar molto… eppure, in questi tre giorni, avessi inteso! Spesso però si chiudeva a lungo in un silenzio inquieto, ma ne usciva ogni volta ripigliando il discorso sul suo affare… «Era in pensiero per questo?» allora mi domandavo, «o per ben altro?» «Forse ora parla per dissimularmi il sospetto…» Una volta mi parve finanche che non avesse voluto stringermi la mano… Bada, si accorse che gliela porgevo! Si finse distratto; era un po’ strano veramente, il domani della nostra partenza. Fatti due passi mi richiamò. «S’è pentito!» pensai subito. E infatti disse: «Oh, scusa… Dimenticavo di salutarti… Fa lo stesso!» Mi parlò altre volte di te, della casa, ma senz’alcuna intenzione apparente; così… Mi pareva tuttavia che evitasse di guardarmi in faccia. Spesso ripeteva qualche frase tre, quattro volte, senza senso comune… come se pensasse ad altro… E mentre parlava di cose aliene, a un


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