Attraverso l’Atlantico in pallone. Emilio Salgari
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Emilio Salgari
ATTRAVERSO L’ATLANTICO IN PALLONE
Capitolo 1. Una sorpresa alla polizia canadese
“Hurrah!” urlano diecimila voci.
“Evviva il Washington!”
“Hurrah per Mister Kelly!”
“Mille dollari a chi ci tiene!” grida una voce.
“Siete pazzo Paddy?… Li perderete: ve lo assicuro io.”
“Duecento sterline!…” grida un’altra voce.
“Chi ci tiene?”
“Su chi scommettete?”
“Sulla riuscita della traversata!”
“Ecco un altro pazzo! Avete molte sterline da gettare in mare, Mister Holliday!”
“Le vincerò: Kelly attraverserà l’oceano e scenderà in Inghilterra.”
“No, in Spagna”, grida un altro.
“In Spagna o in Inghilterra, poco importa. Chi ci tiene a duecento sterline?”
“Le perderete, il suo pallone scoppierà.”
“E andrà a finire in fondo all’oceano.”
“Kelly è un pazzo!”
“Kelly è stanco di vivere!”
“No: è un coraggioso! Hurrah per Kelly! Viva il Washington!”
“Mille dollari che Kelly morrà affogato.”
“Duemila che il suo aerostato scoppierà sulle nostre teste.”
“Cento sterline che Kelly si fracasserà sulla spiaggia.”
“Mille che attraverserà l’oceano!”
“Accettate?”
“Sì…!”
“No… siete pazzi!”
“Hurrah per Kelly!”
Questi dialoghi, queste grida, queste scommesse, le une più stravaganti delle altre, si incrociano in tutti i sensi, si fanno ovunque. Yankee, canadesi, inglesi scommettono: con pari furore, sterline e dollari corrono dappertutto, mentre la folla si agita, si urta, si spinge, si schiaccia contro un grande recinto, rovesciando i policemen. che non sono più in grado di trattenerla, malgrado non risparmino i colpi di mazza, che grandinano sui più impazienti con sordo rumore.
Dalle prime epoche della sua scoperta, mai si era veduta tanta gente radunata sulle spiagge dell’Isola Brettone. Da tre giorni, battelli a vapore, barche a vela, scialuppe e lance rovesciavano su quelle sponde americane del Maine, del New Hampshire, del Vermont. del Massachusetts, del Delaware, del Maryland, del Connecticut e dello stato di New York, francesi e inglesi del Basso e dell’Alto Canada e dell’Isola di Terranova.
La piccola città di Sidney, capoluogo dell’Isola Brettone, era stata invasa dai primi arrivati: gli altri, malgrado la stagione fosse tutt’altro che mite, si erano accampati all’aperto, sotto tende improvvisate con coperte d’ogni specie, con vele, con stuoie, decisi a non andarsene prima di aver veduto ciò che li aveva attratti su quelle spiagge quasi inospitali.
Che cosa aveva potuto radunare colà, in sì breve tempo, quelle venticinque o trentamila persone? Una notizia emozionante, portata da tutte le linee telegrafiche del Canada e degli Stati Uniti dell’Unione.
Un uomo – un audace, secondo alcuni; un pazzo che era stanco di vivere e spendere milioni, secondo altri – aveva annunciato che stava per tentare la traversata dell’Oceano Atlantico in pallone! Non ci voleva di più per far accorrere all’Isola Brettone gli Americani e gli Inglesi, gli uni grandi amatori di spettacoli mirabolanti, gli altri grandi ammiratori delle audacie scientifiche.
Il nome dell’aeronauta che stava per tentare quella temeraria impresa, era noto negli Stati Settentrionali dell’Unione e nel Basso come nell’Alto Canada.
Ned Kelly, tale era il suo nome, era uno yankee puro sangue, nato a New Port, nel Connecticut. Ricco a milioni, solo al mondo, ardito, amante delle scienze, ingegnere di fama, da parecchi anni si era dato allo studio dell’aeronautica. Si diceva che volesse trovare il mezzo di dirigere i palloni: anzi aveva fatto parecchie ascensioni, recando seco degli apparecchi di sua invenzione, ma, a quanto pareva, con poca riuscita. Aveva quindi abbandonato quegli attrezzi, più di peso che di utilità, e si diceva che si fosse dato allo studio delle correnti aeree, volendo tentare un grande viaggio.
Si sapeva che da parecchi mesi faceva delle ascensioni sulle coste della Nuova Scozia e dell’Isola Brettone con un pallone frenato; poi egli era improvvisamente partito per New York, assentandosi per varie settimane.
Nei primi di aprile del 1878 il telegrafo annunciava che Ned Kelly avrebbe tentato la traversata dell’Oceano Atlantico, con un pallone di nuovo modello. Quella notizia commosse profondamente americani e canadesi.
Gli scienziati dei due paesi s’affrettarono a chiamare quell’audace impresa un suicidio; i giornali si divisero in due campi, l’uno a favore dell’ingegnere, l’altro contro; il pubblico, salvo poche eccezioni, chiamò quel tentativo una pazzia!… Pazzia, o suicidio, o buona riuscita, le persone meglio munite di denaro s’imbarcarono in massa chi sui piroscafi, chi sui velieri, chi sulle lance, e si portarono all’Isola Brettone. Tutti volevano assistere alla partenza della spedizione, quantunque i più fossero convinti di veder scoppiare quel nuovo pallone appena si fosse alzato e altri di assistere all’agonia dell’aeronauta e dei suoi compagni, se ne avesse trovati, perché non dubitavano che si sarebbero tutti annegati in mezzo all’ampio oceano.
Mentre gli aiutanti dell’ingegnere si preparavano a gonfiare l’aerostato, la cui enorme massa occupava una gran parte dell’immenso recinto costruito sulla spiaggia, a tre miglia da Sidney, e a disporre i sacchi di zavorra, le casse dei viveri, i barili d’acqua, le gomene, le ancore, ecc., gli americani, gli inglesi e i canadesi, seguendo la loro passione, scommettevano con furore. I più giocavano contro la riuscita dell’impresa: ma taluni, che forse avevano una grande fiducia nell’ingegnere o nel suo pallone, puntavano in suo favore, eccitando la più alta sorpresa o la più clamorosa ilarità.
A un tratto un grido echeggia:
“Silenzio!…”
Le urla, le risa, le discussioni cessano come per incanto, gli occhi di quei tremila spettatori si fissano in mezzo al vasto recinto, dove si stendono due enormi tubi, le cui estremità si prolungano da una parte verso un caseggiato, dove si fabbrica l’idrogeno, e dall’altra scompaiono sotto due enormi cumuli di seta, che cominciano ad agitarsi, come se sotto di loro s’introducesse una rapida corrente d’aria.
Un grido immenso scoppia da ogni parte: è un grido di stupore, che si converte subito in esclamazioni d’ogni genere e in discussioni animate. I dialoghi s’incrociano ancora da ogni parte.
“Chi ha mai visto un pallone di quel genere?…”
“Un pallone!… Ma sono due i palloni!…”
“A me sembrano due pelli di balena!”
“Che Kelly abbia trovato il modo di dirigere gli aerostati?…”
“L’ingegnere ci farà perdere le scommesse.”
“A vantaggio nostro che abbiamo scommesso per lui!…”
“By God!”
“Sapristi!”
“Hurrah!, Hurrah!”
Un alto grido scoppia da tutte le parti, e una carica di applausi frenetici rimbomba, coprendo i muggiti delle onde, che si frangono con furore contro la spiaggia, e le grida degli aiutanti.
Quei due ammassi di seta si sono distesi sotto la spinta dell’idrogeno che s’ingolfa attraverso i tubi, e le forme che assumono strappano a tutti grida di meraviglia. Non sono i soliti palloni, che sembrano fiaschi rovesciati: sono due fusi immensi, lunghi quasi quaranta metri, con un diametro di quindici al centro, che si alzano lentamente con un leggero ondeggiamento, tendendo le corde che gli aiutanti, in numero di trenta, tengono con mani robuste.
Al di sotto di quei due fusi, che rammentano le forme dei sigari avana, appeso a una lunga asta che occupa il centro dello spazio lasciato dai due aerostati, ma