Novelle umoristiche. Albertazzi Adolfo

Novelle umoristiche - Albertazzi Adolfo


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forestiero sarebbe svenuto ancora, quando con uno sforzo supremo non avesse rialzato il capo, e stringendo all'estremità le dita della destra, non avesse portata due volte la mano alla bocca mentre lo sguardo aiutava l'espressione del gesto.

      – Avete fame? – comprese e chiese Polla. – Poveretto! Anch'io ho fame! Ma io non posso offrirvi che un bicchier d'acqua!

      Quasi indovinasse le condizioni economiche dell'ospite, l'altro affrettava un segno della mano verso l'involucro rimasto sul pavimento. E Polla ubbidì. Presso al punto ove ai fianchi dell'arnese (fosse corpetto o giubba) eran fisse le ali, egli avvertì subito due bisacce; nè esitò a introdurvi la mano, quantunque il forestiero già accennasse di tastar più in basso. Ma… e là cosa c'era? Sentiva un peso non lieve, come di ciottoli, e per accertarsi se era o no la zavorra, introdusse la destra. Questa volta Polla, che non credeva in Dio, che credeva solo nel «fattore economico», esclamò:

      – Dio! Non sono pezzi di vetro! Non sono sassi! – Che cosa erano? Che cosa erano?

      Erano diamanti, smeraldi, oro! E non un sogno! Ma realtà! Un miracolo! Diamanti! smeraldo! rubini! oro! Fu tale la meraviglia di Polla che attese a lungo prima d'accorgersi come l'infelice girasse e chiudesse gli occhi, e sveniva. Presto, più giù, ove disperatamente il misero aveva volto il cenno, l'ospite trovò un grazioso vasetto piccolo piccolo, che quasi si aperse da sè effondendo un cordiale profumo… Conteneva roba così buona che ne bastò un pizzico a ristorare d'un tratto dal profondo del cuore, il forestiero estenuato. Il quale poscia offerse il vaso all'amico; sorrise d'un suo dolce e luminoso sorriso; e per riposare reclinò il capo e chiuse gli occhi, non più alla morte, ma al sonno.

      Polla aveva fame: aveva sotto gli occhi, sotto il naso, presente alla gola l'«estratto» ch'effondeva quel profumo saporito, ineffabile; eppure non lo toccò, sdegnò ristorarsi anche lui, per tornare all'involucro volatile. Nè riusciva a persuadersi che non sognava; la zavorra era tutta quanta di gemme preziose! E se poteva ingannarsi intorno alla qualità e al prezzo d'alcune delle pietre, su altre non s'ingannava certo. Convinto, alla fine, le depose tutte in terra, in un mucchio, e stette a contemplarle. C'era proprio da impazzire; tanto più che la fatica della contemplazione accresceva la debolezza del digiuno… E non si risolveva ancora ad approfittar dell'«estratto»! Solo quando si sentì venir meno, allora prese un pizzico di polvere dal vasetto, e parendogli néttare o ambrosia ne prese un secondo, eppoi un terzo, eppoi un quarto, eppoi un quinto; finchè n'ebbe nausea; che quella roba era troppo sostanziosa e focosa. Ma sublime! ma incomparabilmente migliore d'ogni nostro più squisito cibo! Inoltre, a ingoiarla, seguiva un fervore nel sangue, come per un eccitante liquore, e una gran fretta e lucidità di idee e una gran letizia nell'animo.

      – «Il tuo è mio!» – cantava Polla tornando alle gemme per raccoglierle e metterne nella sua tasca più d'una. Ma, e se il forestiero non le teneva in conto di ciottoli ed era un borghese? Ebbene, in tal caso, éccogli restituita la sua zavorra! Lui, Polla, non prendeva che uno smeraldo per far moneta, per esercitare secondo conveniva gli uffici dell'ospitalità e provvedere da pranzo non a sè, che non aveva più fame e solo aveva sete di un po' di barolo ma all'ospite, che tra poco si sveglierebbe e avrebbe fame e sete. In ogni caso, lo strano uomo dalla strana visita contraeva obbligo di gratitudine, di amicizia, di compenso al disturbo… Lui, Polla, si prendeva dunque uno smeraldo. Una cosa da niente in confronto al resto! Un ciottolino da non ringraziarne nemmeno la Provvidenza, quand'anche un socialista marxista e inscritto al partito avesse potuto ammettere la Provvidenza.

      Dopo di che Polla sarebbe uscito di casa, allegro come mai in vita sua, se al limitare non l'avessero trattenuto queste domande: Lo smeraldo non era troppo grosso e non susciterebbe ingiusti sospetti nel gioielliere? Qualcuno non aveva forse visto entrar là l'uomo volante? Aveva questi un foglio di via? Non ne sapevan nulla le guardie di pubblica sicurezza?

      Per tutta risposta, tornò indietro, sollevò giubba e ali; osservò meglio il piccolo e semplice congegno di molle riposte tra seta e fodera e provò di adattarsi quell'abito. Ma dopo inutili tentativi s'avvide che il congegno era guasto; forse irreparabilmente guasto! Gli bisognava restare a terra, restar a Roma. Rassegnandosi, Polla sostituì al grosso smeraldo un men grosso rubino, e dimenticandosi, non di mettere questo in tasca, ma quello nel mucchio, con uno sguardo pieno di gratitudine stette a considerare il forestiero che dormiva dolcemente, senza russare; ad ammirare quell'uomo la cui bellezza assumeva a' suoi occhi un'imagine bella come nessun'altra mai.

      Caro amico! Si rassomigliavano senza dubbio, lor due, quantunque Polla avesse il naso un po' troppo aquilino, e l'altro l'avesse perfettamente fidiaco; Polla avesse barba scarsa, dura e rossiccia, e l'altro una barba aurea, fine e copiosa; Polla fosse calvo e l'altro capelluto; Polla vestisse nè con garbo nè con grazia, e l'altro indossasse sandali, calzoni e maglia di un'ignota materia che aderiva alle membra e le proteggeva senza impacciarle. Ma a Polla sembrava di vedere se stesso elevato a una razza superiore, o sè stesso trasferito in un secolo di perfezionamento futuro; e lieto anche di questo, uscì e discese. Si era già accertato che aveva ben chiuso l'uscio a chiave.

      II

      Anche l'ambrosia può far male. Polla, di ritorno a casa con una sporta gravida di vettovaglie e con una bottiglia di barolo vecchio, fu costretto a sedersi sul primo gradino della scala per riacquistar lena e rimettersi in equilibrio. Alla testa gli si era diffuso lo spirito di quello squisito estratto, mentre lo stomaco, contraendosi, stentava e soffriva a digerirne la parte soverchia, e l'intestino già cominciava a dolersi di ricevere sostanza sconosciuta e così calorosa. Però, consapevole dell'ebbrezza, Polla non dubitava di non ragionare; anzi credeva di ragionare benissimo, e ora guardando alla bottiglia, ora premendo col braccio il petto e il portafogli, vedeva naturale quella sua avventura quasi inverosimile; gli pareva la cosa più semplice del mondo che un uomo volante fosse stato portato da una corrente aerea fino a Roma e spinto proprio dentro la sua finestra; giudicava agevole ottenere in dono dall'ospite metà almeno delle pietre; pensava che dopo ciò non gli sarebbe più necessario fare il socialista e che se non gli riuscisse d'arrivare, per una via o per l'altra, al paese di quel signore, potrebbe vivere allegramente, conservatore o borghese, anche in Europa. E i compagni? e la promessa fede? e l'aiuto al partito? e la teoria di Marx? e l'evoluzione pacifica? e tutti i problemi economici e sociali? Sciocchezze! Adesso un problema solo aveva da risolvere: in che modo salirebbe fin lassù alla sua stanza, al quarto piano, ahi, con la testa in giro e le viscere commosse.

      Nondimeno, e dopo molte pause, vi giunsero sane e salve la sporta e la bottiglia; e lui, senz'altro male che dolori forti come morsi. Ma allorchè intoppava la chiave Polla udì ridere dentro la camera. Aperto che ebbe, lo straniero gli venne incontro con viso di giocondità cordiale e con graziosi inchini.

      – Ridete? – gemette Polla abbandonandosi su d'una seggiola. – Io invece sono rovinato! Accidenti…! Mai più estratti! mai più peptoni! – Quindi premendosi con le mani: – Oh che male allo stomaco! – aggiungeva. – Oh che male alla pancia!

      – Stomaco?.. Pancia?.. – ripetè l'altro, che non essendo tanto afflitto dalle doglie dell'amico quanto studioso d'apprenderne e ritenerne il linguaggio, indovinava dagli atti il significato di quelle parole.

      – Se provassi – continuava Polla – se provassi a mandar giù un po' d'acqua, o un sorso di barolo?..

      – Barolo? – ripetè lo straniero. E sorridendo alla forma della bottiglia la sollevava e la sturava lui stesso.

      Come ebbe bevuto, a sentirsi meglio, il socialista disse:

      – Bevetene anche voi! Bevete: è mio e vostro. Sorseggiando un mezzo bicchiere lo straniero ebbe una grande voluttà; sicchè, con un sospiro, portò una mano al cuore per troppa dolcezza, quale un uomo che non avesse mai gustato vino.

      – Mangiate qualche cosa… – Polla esortava, meglio che a parole, a cenni. – Tanto, io… per ora almeno… ahi!.. non posso farvi compagnia.

      Da qual paese veniva quel signore così intelligente che subito coglieva il significato dei cenni e delle parole e con meravigliosa facilità fonetica ripeteva le parole udite? Era un uomo così straniero che al veder le fragole e le ciliege fuori della sporta, rimase come resterebbe uno di noi a scorgere fragole e ciliege grosse più che cocomeri!

      Non


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