Diavolo E Demòni. Guido Pagliarino
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Guido Pagliarino
Diavolo e Demòni
(un approccio storico)
saggio
Copyright © 2018 Guido Pagliarino
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Book published by Tektime
ISBN di questo e-book: 9788873044376
Guido Pagliarino
Diavolo e Demòni
(un approccio storico)
saggio
Distribuzione Editrice Tektime
2a Edizione in formato e-book, riveduta e integrata rispetto alla prima, 2018
ISBN di questo e-book: 9788873044376
© Guido Pagliarino per tutte le edizioni
Altre edizioni:
1a Edizione in formato fisico cartaceo, conforme alla seconda in e-book, Tektime, 2018
1a Edizione nel solo formato e-book, a cura dell'autore, 2015
Immagine di copertina: William Blake, Satana, il peccato, la morte, 1808 (particolare)
INDICE
Premessa: I simboli e i segni nella Bibbia come tramiti fra Dio e lâuomo
Il Diavolo è Satana, ma non è il Demonio
Nell'Antico Testamento i demòni non sono sotto-diavoli
Lâinquietante figura sulfurea dellâangelo sterminatore
Il Diavolo, Lucifero e i demòni nella Chiesa odierna
Appendice - Abbreviazioni dei nomi dei libri biblici
Premessa: I simboli e i segni nella Bibbia come tramiti fra Dio e lâuomo
Nella Bibbia possono intervenire simboli e segni.
Ciò anche a proposito di Satana e dei suoi diavoli. Nell'Apocalisse, ad esempio, con dragone rosso s'intende lo stesso Satana.
Può essere ben utile, prima d'entrare nel vivo dell'argomento "Diavolo e demòni", precisare che cosa sâintenda in tali casi, per evitare che si pensi a qualcosa d'astratto e astorico.
I simboli che troviamo nella Bibbia1 non devono essere visti come rappresentazioni immaginarie avulse dalla storia, come qualcosa dâincorporeo frutto di fantasia senzâalcun riferimento alla realtà e, in questo reale, alla Rivelazione che, diciamolo subito, si è realizzata nel corso del tempo secondo lâinterpretazione teologica di avvenimenti storici. Non è bene che lâerrore compiuto nel XX secolo dalla scuola mitica protestante2 sia ripetuto oggi, anche se alcuni epigoni continuano a contrapporre simbolo e realtà intendendo i fatti della Bibbia solo in senso mitico-simbolico e non storico, compresa addirittura la Risurrezione di Cristo, che è invece essenziale per il Cristianesimo: non accettarla in senso reale vanifica la fede, come lo stesso Nuovo Testamento, tramite san Paolo, afferma nella prima lettera ai Corinzi: â[â¦] allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fedeâ3 .
Diciamo qualcosa in più della scuola Mitica: Nella prima metà del XX secolo la stessa e, in particolare, il suo esponente più famoso, il cristiano luterano Rudolf Karl Bultmann, aveva tentato di consegnare la risurrezione di Cristo alle categorie del mito e della leggenda. Il Bultmann, nato nel 1884 e morto nel 1976, era un professore tedesco di teologia divenuto celebre, soprattutto, proprio per il suo progetto di demitizzazione del messaggio evangelico, idea che aveva influenzato suoi allievi quali i noti Herbert Braun, Günther Bornkamm, Hans Jonas, Uta Ranke-Heinemann, Heinrich Schlier, Ernst Fuchs, Ernst Käsemann. Rudolf Bultmann mirava a far accettare come mitico-simbolico tutto il linguaggio del Nuovo Testamento. A suo giudizio, il Gesú storico doveva tenersi separato dal Cristo del kerigma (cioè della predicazione). Per lui la fede non poteva assumere per vera tutta una serie di fatti miracolosi biblici ch'egli considerava mitici, si doveva invece denudare il messaggio evangelico dal linguaggio mitologico. Egli sosteneva inoltre la teoria dell'ellenizzazione precoce del giudeo-cristianesimo originario, quello dei primissimi anni della Chiesa, realizzata, a suo mero parere, da san Paolo sotto l'influenza di religioni misteriche e dello gnosticismo: per lui Paolo aveva nascosto la reale figura di Gesú di Nazareth sotto la figura del redentore divino che è tipica delle religioni misteriche. Dietro il Bultmann, l'intera scuola mitica andava affermando che della vita e della predicazione di Gesú non si poteva sapere nulla se non châegli era stato uno dei tanti ebrei crocifissi da Ponzio Pilato; riteneva storica la sola predicazione degli apostoli che non sarebbe stata altro che una spiegazione del significato teologico della Croce. Così quegli studiosi scambiavano per causa lâeffetto. Scriveva in particolare il Bultmann nell'opera "Il kerigma della comunità primitiva": âLa comunità doveva superare lo scandalo della croce, e lo ha fatto con la fede pasquale. In che modo sia maturato, nei particolari, questo atto decisionale, in che modo sia nata nei singoli discepoli la fede pasquale, è un processo che la tradizione ha oscurato colorandola leggendariamente, ma che non ha alcuna rilevanza sostanzialeâ4 .
Per quel teologo la Risurrezione di Cristo era solo un mito esprimente il manifestarsi del reindirizzo dell'umanità operato dalla predicazione sulla figura di Cristo. La fine del mondo e il Giudizio universale erano solamente miti sottolineanti la gravità angosciante della situazione umana mortale e del continuo spettacolo della morte altrui.
Tanto il Bultmann quanto gli altri esponenti della scuola mitica avevano resa vana lâaffermazione basilare neotestamentaria che Dio Padre ha risuscitato Gesú dai morti, châera divenuta per loro lâasserzione che Dio aveva risuscitato nei cuori la fede facendola diventare cristiana. Avevano voluto rendere essenziale solo questa fede in Dio eliminando la storicità dei dati neotestamentari; ma con ciò avevano creato problemi, ad esempio sul perché, in mancanza dâuna reale risurrezione di Gesú, gli atterriti apostoli avessero di colpo immaginato e predicato Cristo risorto, a rischio della propria vita (a meno dâimmaginare - ma a forza dâinventare dove si finisce?! - che pure quel terrore fosse una fantasia degli evangelisti).
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