Dolce Nostalgia. A. C. Meyer
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Nostalgia
Dolce riunione
A.C. Meyer
Tradotto da Cecilia Metta
Revisione a cura di Romina Russo
1
Jade
“ È perfetta, Jade!” sento dire a Safira, mia sorella minore, nonché la mia migliore amica, quando mi vede posizionare il topper sulla torta nuziale.
Mi fermo accanto a lei, asciugandomi le mani con lo strofinaccio che era sul bancone, e contemplo sorridendo il mio lavoro: una torta meravigliosa di cinque piani, di pan di Spagna, ripiena di tartufo di cioccolato bianco, ricoperta di pasta di zucchero e decorata con dettagli stile pizzo. Un bellissimo nastro di raso color avorio, dello stesso colore della copertura e rifinito con un fiocco, avvolge il primo, il terzo e il quinto piano. Devo concordare con lei, è perfetta.
“Non posso credere che sia finita. Penso che sia stata una delle mie preparazioni più lunghe” dico, sorridendo, mentre Safira mi mette un braccio intorno alla vita e mi abbraccia, fissando ancora quella torta meravigliosa.
“Sono passata solo per salutarti. Sto andando a lezione. Posso prendere un dolcetto?” Sbatte gli occhi blu come la pietra di cui porta il nome e fa ondeggiare i suoi lunghi capelli biondi ondulati verso il vassoio su cui sono disposti circa 1500 dolcetti nuziali.
“Sapevo che avevi un interesse,” dico, ridendo. “Certo, prendilo. Oggi esci con Paulo?” le domando, riferendomi al ragazzo che sta frequentando da un po’ di tempo.
“Viene a prendermi all’università. Probabilmente ceneremo insieme. Non preoccuparti, mamma. Ti faccio sapere,” dice e fa l’occhiolino, uscendo dalla cucina con il dolce in mano.
Sorrido alla battuta ma sono orgogliosa della brava ragazza che è diventata mia sorella. Lei, nostro padre ed io siamo molto uniti. Papà è il responsabile di quest’unione e del fatto che abbiamo nomi così…esotici. Possiede una piccola gioielleria in città e, quando siamo nate, ha detto che eravamo la cosa più preziosa che avesse, insieme a nostra madre, che se ne è andata quando io avevo dieci anni e Safira sei.
Pensare a mia madre mi fa provare una leggera tristezza. È stato grazie a lei che ho scoperto le mie capacità in cucina, e, quando è morta, dopo numerosi tentativi mal riusciti di mio padre –per essere gentile e non dire che il suo cibo era orribile – mi sono assunta la responsabilità di cucinare per noi tre, aiutandomi con il ricettario di mia madre. Crescendo, ho iniziato a creare le mie ricette e, a diciotto anni, ho scoperto che la mia vera passione erano le torte nuziali. Non c’è niente di più meraviglioso che realizzare, con degli ingredienti semplici come la farina, il latte e le uova, dei veri capolavori che faranno parte di uno dei giorni più importanti per una coppia.
Prendo le stoviglie sporche dal bancone e le metto nel lavandino, sorridendo dolcemente, mentre inizio a lavare i piatti. Pensare alla felicità delle coppie, che ogni giorno visitano il Sonho da Jade (Sogno di Jade), la mia pasticceria, mi ricorda che è stato l’amore a farmi aprire quest’attività e a farmi decidere di lavorare con le spose. Più precisamente l’amore per un uomo più grande di me di quattro anni, con un sorriso affascinante e uno sguardo che mi fa provare i brividi ancora oggi. Ho incontrato Alex a una festa a cui non volevo andare, quasi alle quattro del mattino, quando stavo per tornare a casa. Non era affatto il mio tipo. Ho sempre preferito i biondi, con un viso liscio – senza barba – e un temperamento tranquillo. Alex aveva i capelli molto scuri, come i miei, tagliati con la macchinetta, e il pizzetto. Abbiamo trascorso il resto della notte ballando e tenendoci stretti come se fossimo fatti l’uno per l’altra. In quel momento le parole tra noi non erano necessarie.
Eravamo l’uno l’opposto dell’altro. La mia timidezza contrastava con la sua socievolezza. Lui era seducente, mentre io ero romantica. Amava lo sport, ascoltava la musica rock e adorava le attività all’aperto, mentre io pensavo che salire i cinque scalini che portavano all’ingresso del mio palazzo fosse sufficiente per fare esercizio fisico, amavo i Backstreet Boys e leggere i libri, soprattutto quelli di cucina. Vedevo in Alex una specie di lucciola, che brillava e incantava tutti quelli che lo circondavano, a differenza di me, che ero il bruco che non si era ancora trasformato in farfalla. Nonostante le differenze, stranamente, ci siamo perfettamente adattati l’uno all’altra in un modo che non avevo mai visto… o meglio, ne ero stata testimone solo una volta, molti anni prima, quando mia madre era viva. Alex ed io eravamo in sintonia e la chimica che ci univa era esplosiva. Non sono mai stata baciata con così tanta passione e trasporto come quando eravamo insieme. Lui ha tirato fuori il meglio di me e mi ha fatto credere che potevo ottenere tutto quello che volevo, semplicemente perché lui era al mio fianco.
Durante i pochi mesi che abbiamo trascorso insieme, ho creato numerose ricette di dolci e di torte, ho sviluppato le mie tecniche e ho studiato molto, nel modo migliore, per lavorare con gli ingredienti per la pasticceria. Alex era il mio topo da laboratorio e assaggiava la maggior parte dei miei esperimenti, esprimendo sempre un parere imparziale e incoraggiandomi a continuare e a migliorare. Finché il destino non ha deciso che dovevamo separarci. Alex si è trasferito a Brasilia per lavoro ed io sono rimasta qui e mi sono rimboccata le maniche per costruire la mia pasticceria, Sonho da Jade.
Non è stato semplice. Anche se il nostro rapporto era quello che molti potrebbero considerare una storia d’amore giovanile, per il poco tempo che siamo stati insieme, la rottura ha fatto molto male. Ho amato Alex con tutto il mio cuore e so che anche lui mi amava allo stesso modo. Mi mancava non solo lui, l’uomo che mi completava e mi faceva sentire così speciale, ma anche i momenti che passavamo insieme. I momenti divertenti e felici che ricordo con tanto affetto. E anche se ho sofferto per la sua partenza e mi è mancato ogni giorno, ho scelto di continuare ad andare avanti e di rendere quell’amore l’ingrediente principale delle torte che offro alle mie spose.
Alcune persone collegano la nostalgia alla solitudine. Io credo che questa parola molto speciale, che in alcune lingue non ha neanche una traduzione letterale, sia il risultato dell’amore che proviamo per qualcuno di speciale nella nostra vita. Secondo me, la nostalgia non ha nulla a che vedere con la tristezza. È la molla che guida ogni passo del mio cammino. Proprio come l’amore.
Mi pulisco le mani e finisco di sistemare il bancone. Guardo l’orologio sulla parete: le 20:30. È ora di andare a casa. Domani io e la mia squadra dovremo affrontare una lunga giornata di lavoro.
Spengo le luci all’ingresso. Nell’oscurità, lo splendido volto dell’unico uomo che io abbia mai amato veramente balena per un istante nella mia mente e un sorriso affiora sulle mie labbra. Non provo amarezza per aver perso il mio grande amore. Penso che siamo stati il classico esempio della persona giusta al momento sbagliato. Dopo Alex, ho incontrato altri ragazzi, sono uscita con loro e mi sono anche innamorata. Ma nessuno di loro ha risvegliato in me lo stesso amore profondo che provavo per lui. So che un giorno m’innamorerò di nuovo intensamente di qualcuno. Come la maggior parte delle donne, anch’io sogno di avere una famiglia e un marito amorevole. Ma so che quando accadrà, porterò dentro di me quel sentimento così speciale che, anche da lontano, Alex risveglia.
La nostalgia...
2
Alex
Mi stropiccio gli occhi che bruciano dopo tante notti trascorse insonni. Quasi tre, in realtà. Negli ultimi giorni ho lavorato tutta la notte per terminare il mio lavoro il più velocemente possibile, per lasciare la città. Se il dottor Marcelo, il mio medico curante, avesse scoperto che ho fatto quello che mi aveva detto di non fare, mi avrebbe fatto una bella predica. Ma la verità è che non vedevo l’ora di liberarmi di quel lavoro che ormai odiavo. Tre mesi fa, ho avuto un terribile dolore al petto che mi ha fatto pensare a un attacco cardiaco. Era assurdo, visto che ho solo ventisette anni, ma mi sembrava di portare tutto il peso del mondo sulla schiena. Secondo il medico che si è preso cura di me all’ospedale, quel dolore era il risultato di una crisi di stress, qualcosa che mia madre continuava a dire che avrei avuto se avessi continuato a lavorare con quei ritmi serrati, e mi ha detto di consultare il mio medico curante, il dottor Marcelo.
Ma non potevo fare diversamente. Sono