Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire. Belgioioso Cristina

Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire - Belgioioso Cristina


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libertà, ed assumere l'importanza a cui il numero delle sue popolazioni, l'antica sua storia, ed il carattere de' suoi abitanti le danno diritto, senza che perciò un'orda di rossi sovvertitori si scatenasse sulle vicine contrade e togliesse loro la pace e la civiltà; conobbe che l'Italia riscattata ad un tempo dalla schiavitù, e dalle viete e funeste assurdità rivoluzionarie, doveva sorgere rapidamente al livello delle più colte ed incivilite nazioni; e ciascuna delle nazioni europee pensò di farsela amica, per poi trovarla tale quando il bisogno se ne facesse sentire.

      Oggi l'Italia è senza nemici, e possiamo sperare che così rimanga per lungo tempo, imperocchè non v'ha occasione per essa di lottare o di competere colle altre potenze europee. – La nazione italiana non avendo esistito, come nazione, nel passato, non ha assunto impegni nè con sè stessa, nè con altre, che oggi le sieno d'inciampo al consolidamento della pace con l'Europa tutta. – La sola Inghilterra potrebbe vedere in un lontano avvenire l'Italia sua emula e sua rivale sul Mediterraneo; ma la potenza marittima dell'Inghilterra è talmente superiore a quella che noi potremmo acquistare, diciam pure, in un secolo, quand'anche nostra unica cura fosse appunto l'emularla nel mediterraneo, ch'essa può senza imprudenza aspettare almeno un mezzo secolo ad ingelosirsi di noi. – Quanto alle altre potenze europee, l'Italia non scenderà nell'arena per competere con esse. – Non contesterà alla Russia la signoria sopra l'Asia, nè alla Francia la signoria sopra l'Africa settentrionale, nè quella sul Belgio o sulle provincie situate sulla sponda sinistra del Reno, nè alla Prussia il progressivo assorbimento degli Stati germanici; nè all'Austria finalmente contesterà il compenso ch'essa tenterà di ottenere alle molte sue perdite, all'epoca dello smembramento dell'Impero d'Oriente, in alcuna delle provincie più occidentali di questo. E neppure al gran Signore si presenta minacciosa ed ansiosa di affrettare quello smembramento, dal quale nulla spera e nulla ambisce. Solo la Corte di Roma ne considera con timore, sospetto ed avversione; e n'ha ben d'onde, poichè essa e il Regno d'Italia non possono convivere pacificamente sul suolo italiano. Quindi la Spagna ciecamente divota, non dirò solo alla Chiesa di Roma, al suo pontefice ed alla religione cattolica, ma al potere temporale altresì, ne guarda anch'essa di mal occhio, e vorrebbe ricacciarne nel nulla. – Noi non affrettiamo con atti la caduta del potere temporale, ma lo prevediamo non molto distante, e non cospireremo certamente per prolungarne l'agonia.

      Da ogni lato vediamo segni di futura pace per la patria nostra; nessun pericolo sembra minacciarla per parte dell'Europa. – Se non fabbrichiamo a noi stessi pericoli, nemici e catastrofi, abbiamo davanti a noi molti anni di tranquillità, nel corso dei quali possiamo procedere al nostro sviluppo e a quello delle nostre libertà.

      CAPITOLO SECONDO

      INFLUENZA DEL PASSATO

      Pressochè tutti gli Stati, e tutte le nazioni europee camminarono sopra linee parallele, e durante un numero quasi identico di secoli, dalla barbarie cioè dei bassi tempi alla odierna civiltà. – Alcune camminarono con più celere passo di altre, aiutate o dalla propria loro indole, o da circostanze favorevoli, alcune rimasero e tuttora rimangono qualche poco addietro: ma tutte hanno la faccia volta verso la stessa meta; tutte incontrarono ostacoli pressochè identici e della medesima natura, li combatterono con armi simili, e ne trionfarono in modo più o meno completo, a prezzo di maggiori o minori sacrifizi. Quelle nazioni o quelli Stati, che ancora non raggiunsero il punto in cui trovasi il più gran numero delle nazioni e degli stati di Europa, sono però assicurate di raggiungerlo esse pure in breve, seguendo i passi delle prime, cioè delle più celeri. Le tappe sono per così dire segnate dalla storia, che ne addita come i popoli si aggrupparono componendo gli Stati, e tendendo per prima cosa ad ingrandirsi a dispendio dei vicini; i piccoli gruppi, essendo come stati assorbiti e trangugiati dai maggiori, scomparvero dalla scena, e come i capi delle nazioni deposero di quando in quando la spada per assestare i loro possessi ed afforzare la loro autorità. Tutti ebbero a combattere il medesimo avversario, il feudalismo. – Quei potenti baroni dell'età media, che avevano aiutato uno dei loro ad accumulare armati e ricchezze sufficienti per mantenersi al di sopra delle altre picciole nazioni, o per incorporarsele, diventarono ben presto rivali del capo da essi scelto e creato. – Allora cominciò la interna lotta delle monarchie contro i feudatarii, lotta lunghissima e tremenda, nella quale le monarchie trionfarono mediante l'abuso della forza unita alla perfidia e alla crudeltà, e di cui, se non tutte, buon numero almeno delle Case regnanti di Europa, porta la pena, nella diffidenza e nella secreta avversione che la loro autorità, e qualche volta il solo nome di Re desta nei popoli che loro obbediscono.

      L'Italia sola ha tenuto altre vie; l'Italia sola ha una storia tutta propria. – Mentre le altre nazioni europee, formate di elementi barbarici e di pochi avanzi degli antichi popoli soggetti dell'Impero Romano, muovevano i primi passi verso la civiltà, l'Italia, già signora del mondo allora conosciuto, decadeva e deperiva. – Culla di quel popolo straordinario, che si era fatto una civiltà anzi tempo e prematura, ma grande e bella, l'Italia fu sempre una eccezione nella storia. – Essa non ha mai nè dimenticata nè intieramente abbandonata la romana civiltà; anzi ne serba tuttora quei brani che non contrastano al cristianesimo e alle moderne nozioni del diritto e della morale.

      Le arti e le scienze, che le nazioni barbare versate dal Nord e dall'Oriente sulla intera Europa ignoravano assolutamente, furono sempre onorate e coltivate dagli Italiani. – I popoli della nostra penisola non caddero mai in quel profondo abisso d'ignoranza e di servitù necessario alla formazione di un potere assoluto ed iniquo nell'esercizio suo, ma che solo poteva farsi rispettare ed obbedire dalle orde germaniche, elemento predominante delle moderne nazioni. – Agli Italiani mancò la barbarie e le sue sfrenatezze, ma loro fecero difetto altresì la cieca obbedienza a capi avveduti ed ambiziosi, la brutale energia degli odi e della rapacità, la ignoranza dei propri diritti, tutte quelle passioni e quei vizi insomma che la Provvidenza volgeva ad uno scopo benefico, e di cui oggi vediamo e conosciamo i definitivi risultati.

      Mentre le nazioni europee si sdegnavano e spogliavano di tutto ciò che non era virtù guerriera, e guerriere come erano divenute, tremavano sotto il giogo dei loro capi, più esperti, più accorti, più crudeli e snaturati delle nazioni stesse; gli Italiani, superbi della loro civiltà e della loro supremazia intellettuale e civile, guardavano ai barbari con disprezzo, e credevano annichilarli con beffe e motteggi.

      Più tardi, quando impararono a temerli, impararono altresì a volgerli ai loro fini; e il sentimento nazionale, ai nostri dì sì possente, non essendo ancora svegliato, accadde che gli abitanti di una città italiana invocarono le armi dei nuovi popoli europei, per castigare un'altra delle città italiane, o per trarne vendetta, o per ridurla a non potersi sostenere da sè. – Quella civiltà così generalmente sparsa ed egualmente ripartita in tutta la nostra penisola, e in tutte le classi de' suoi abitanti, si oppose sino da quei primi tempi all'ingrandimento di una parte di esse a prezzo della indipendenza delle altre parti; ed appena un cittadino predominava nella città sua e minacciava le città rivali, queste si riunivano per debellare l'ambizioso; e se a ciò non bastavano da sole, chiamavano le nazioni guerriere dal di là delle Alpi, adescandole con promesse di ricca paga o speranze di bottino e di accresciuto potere. – Il feudalismo stesso, che ebbe sulle prime una così gran parte nella formazione della nuova società politica dell'Europa, non potè svilupparsi in Italia fra quelle numerosissime città, che assorbivano ogni prosperità ed ogni operosità popolare, e riducevano ad inferiori condizioni i comuni rurali, vera e natural sede del potere feudale.

      Le campagne italiane ebbero sempre poca parte nella vita politica, e quei signori stessi che dominarono in alcune città, e che corrispondono fra noi ai feudatari del Nord, erano cittadini, vivevano nelle città, dovevano assicurarsi il favore de' loro concittadini; e se fallivano in ciò, erano quasi sempre rovesciati e distrutti, i loro beni confiscati, e le loro famiglie e i loro aderenti mandati in esilio.

      Dalla dissoluzione dell'Impero d'Occidente sino ai giorni nostri l'Italia tenne sempre le stesse vie, e non ebbe mai pace. – I suoi popoli vissero costantemente stimolati ed accecati da passioni cupide o ambiziose, rivaleggiando fra di essi, e vendendo la propria indipendenza a chi distruggeva quella dei loro vicini. – L'Italia possedeva ricchezze, energia, operosità, intelligenza, genio per le arti e le scienze, monumenti, biblioteche, cognizioni, tesori insomma, quanto e forse più che il rimanente dell'Europa presa in massa a quei tempi. – Ciò di che difettava l'Italia, non era solo l'elemento


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