Spettri, Ragazze E Fantasmi Vari. Stephen Goldin

Spettri, Ragazze E Fantasmi Vari - Stephen Goldin


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      “Veramente sono Peter Pan,” interferì Bael per fare i capricci.

      “Zittati!” gridò Ryan.

      “E’ inutile che fai tanto il permaloso, Jess. Cercavo solo di rendermi utile.”

      “Chiedigli perché non lascia la città,” insistette Java-10.

      “Oh, non rispondere Jeff. Sono stanco di affrontare questi deliri di onnipotenza del computer.” Fece per avvicinarsi alla porta. “Metti via quello stupido apparecchio. E’ una giornata troppo bella per passarla a parlare con una scatola.”

      Ryan esitò.

      “Senti, sei venuto per esplorare la città, giusto?” continuò Bael. “Beh, io sono pronto per un tour guidato. Che ti aspetti, un invito decorato a mano? D’accordo, eccotelo qui.”

      Tirò fuori di tasca un bigliettino e lo gettò ai piedi di Ryan. Ryan si piegò per raccoglierlo. C’era inciso a lettere dorate: IL SIGNOR RICHARD BAEL SAREBBE ONORATO DI POTER OFFRIRE AL SIGNOR JEFFREY RYAN UNA VISITA GUIDATA PERSONALE IN GIRO PER LA CITTA’.

      “Ti basta?” chiese Bael in tono colloquiale.

      Ryan ripose con cura il bigliettino nella sacca portacampioni, per poterlo analizzare in seguito. “D’accordo, Bael, facciamo come vuoi tu.” Il comunicatore tornò in tasca. “Fammi strada.”

      Con un gesto fiorito, Bael si diresse verso la porta; Ryan lo seguiva due passi dietro; appena fu passato, l’apertura svanì e la parete si ricompattò. Ryan non si preoccupò di un dettaglio tanto piccolo. Senza dubbio la città avrebbe avuto in serbo molte altre sorprese e più eclatanti per lui, di lì a poco.

      Aveva ragione.

       ***

      I due uomini passeggiavano per la città. Bael con un’andatura svagata, Ryan sfregando i piedi per l’impazienza di doversi adattare al passo esasperatamente lento del compagno. Non c’erano delle vere e proprie strade da seguire e non sembrava che la metropoli fosse stata costruita con un piano regolatore comprensibile. Mancavano lunghi tratti di terreno sufficientemente spaziosi per permettere il passaggio di un veicolo qualsiasi; c’erano solo costruzioni di ogni tipo e forma e colore che risaltavano dappertutto; qui un cilindro, lì un cono, poco più avanti un emisfero… due edifici cambiarono forma sotto gli occhi di Ryan.

      “Chi ha costruito questa città?” chiese a Bael. “Perché l’hanno fatto? E dove sono andati?”

      “E’ un bel posto, vero?” Bael ignorò le domande e fece un gesto verso gli edifici che li circondavano.

      “Questa non è una risposta.”

      “Certo che no. Non ho risposta. Qui le domande sono irrilevanti e le risposte sono ugualmente irrilevanti.”

      “Ma nemmeno per idea. Io devo sapere….”

      “Correzione: Java-10 deve sapere. Tu non devi far altro che divertirti.” Bael ridacchiò per solidarietà. “Povero stupido bastardo, ti hanno fatto tanti di quei lavaggi del cervello che non riconosci neppure la libertà quando ti bacia in fronte. Sediamoci e parliamo un po’.”

      Dietro di loro apparvero due comode sedie. Bael ne afferrò una e fece cenno a Ryan di prendere l’altra. L’esploratore prima la saggiò con disagio, poi ci poggiò sopra il proprio peso. “Di cosa vuoi parlare?” domandò quando si fu sistemato.

      “Iniziamo dal motivo per cui sei qui.”

      “Come il tuo: per scoprire qualcosa della città.”

      “Perché?”

      “Più che altro per la tecnologia. Chiunque costruisca un posto come questo deve essere talmente più progredito di noi che si potrebbe imparare qualcosa anche semplicemente studiando ciò che produce. Dobbiamo scoprire…”

      “Dobbiamo?” lo interruppe Bael. “Ma veramente ti ci consideri dentro?”

      L’interruzione fece perdere a Ryan il filo dei suoi pensieri; riuscì soltanto a sbattere gli occhi, senza comprendere.

      “Sii onesto. Tu, personalmente, non sei mai stato curioso di sapere cosa c’è di tanto particolare in questa città che per venirci si rischia addirittura la salute mentale?” Gli occhi di Bael luccicavano di vitalità mentre mentre arrivava concitatamente al punto. “Ti sei offerto tu come volontario per questa missione, oppure è stato Java-10 a importela? Ah, guarda come si agita. Non è stata un’idea tua, giusto?”

      “Questo non ha niente a che fare…”

      “Ha tutto a che fare. Jeff, sei una marionetta, uno schiavo di quella navetta lassù. Fai un bel lavoro, compi bene la tua missione e ti daranno una pacca sulla spalla, un encomio, forse pure una medaglia. E’ solo questo che vale la tua vita secondo te?”

      “Ho una responsabilità nei confronti del Corpo, verso la Terra.”

      “Mandali a quel paese! E le tue responsabilità nei confronti del numero Uno? Perché non impari a divertirti?”

      “La Terra ha bisogno di me…”

      “Sì certo proprio come il Presidente Ferguson ha bisogno di un altro buco di...” Bael si guardò attorno. “Ehi, coraggio amico mio, unisciti a noi.”

      Verso lo spazio aperto dove erano seduti sopraggiunsero, con lo stesso passo agile di Bael, altri quindici uomini, provenienti un po’ da tutte le direzioni. Erano gli altri esploratori sbarcati con le spedizioni precedenti. Ryan ne conosceva la maggior parte, se non personalmente, almeno per la reputazione. Prima di arrivare in quella città erano stati uomini duri, d’esperienza. Ora sembravano docili, rilassati ed estremamente soddisfatti. Salutarono tutti Bael e sorrisero con calore a Ryan.

      “Sicuramente,” disse Bael, “adesso tiri fuori il comunicatore e dai a Java-10 la buona notizia che siamo tutti vivi e tutti insieme in un certo posto.”

      In realtà era proprio ciò che Ryan voleva fare. Nonostante le espressioni amichevoli sui volti degli uomini, si sentiva assolutamente a disagio, perché era circondato da sedici disertori. Ciò che voleva in quel momento più di ogni altra cosa era percepire in mano quella scatoletta fredda, metallica, per avere la calda assicurazione che lassù qualcuno si interessava del suo benessere. Ma la conversazione sembrava essere diventata un duello personale tra Bael e lui, e non voleva dare al suo avversario la soddisfazione di aver ragione. Invece disse: “Farò relazione più tardi”.

      “Coraggio, ragazzo!” sogghignò Bael. “Stai già imparando. Tempo un paio di giorni e sarai libero come tutti quanti noi.”

      Ryan ebbe la spiacevole sensazione di esser caduto nella trappola dell’altro. “Ma io non ho un paio di giorni” replicò dispettoso. “Se non me ne vado per domani a mezzogiorno sarò considerato scomparso, proprio come voi. E in questo caso Java-10 bombarderà la città riducendola in particelle sub-atomiche.”

      Gli altri persero il sorriso. Tutti ma non Bael, il cui buon umore pareva incrollabile. “Non penso” disse sommesso, “che la città lo lascerebbe accadere.”

      Toccò a Ryan rimanere un attimo in silenzio. “Ne parli come se fosse un essere vivente.”

      “Se lo è o no, io non ne ho la minima idea. Ma dopo esser stato qui per un po’ cominci a chiedertelo. Certamente sa quel che ci passa per la testa. Agisce secondo i nostri pensieri e modella i nostri sogni. Ci ama, Jeff… e non lascerà che ci accada nulla di male.”

      Ryan sentì un brivido freddo salirgli per la spina dorsale. Bael era serio, come solo un folle può essere. Inghiottì a vuoto e disse: “Eppure non vorrei esser qui a mettere alla prova il suo amore quando inizieranno a cadere le bombe.”

      “Sei libero di andartene quando vuoi” sottolineò Bael. “Non ti ferma mica nessuno.”

      Sorpreso, Ryan si rese conto che Bael aveva ragione. Aveva dato per certo di trovare annidata in qualche parte della


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