Racconti Buonisti. Marco Fogliani

Racconti Buonisti - Marco  Fogliani


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come si sviluppano nei film certe situazioni fui molto brava nel contenere tutto il mio entusiasmo e la mia curiosità, simulando assai bene una certa indifferenza. Il signore dalla cravatta rossa, elegante e maturo, mi fece un cenno per farsi notare, ma io lo degnai soltanto di uno sguardo con la coda dell'occhio, continuando a mangiare con apparente tranquillità. Vincendo il mio istinto, rinunciai ad avvicinarmi all'omaggio floreale per annusarlo intensamente nonché per cercare e leggere il bigliettino che sicuramente l'accompagnava. Se non fosse accaduto nulla nel frattempo avrei fatto sicuramente tutto questo alla fine della cena: tanto quei fiori ormai erano miei, e nessuno me li avrebbe portati via.

      Ed infatti non passò molto che il signore in cravatta rossa si presentò al mio tavolo:

      “Spero che siano di suo gradimento …”

      “Oh, sì sì. Tutto molto buono. Può fare i complimenti al cuoco da parte mia!”, risposi con entusiasmo burlandomi di lui.

      “Intendevo le rose, naturalmente.”

      “Si, belle anche loro, davvero”, ripresi proseguendo a mangiare. “Ma credo che sia impossibile che una donna non gradisca un bel mazzo di fiori, a meno che non ne sia allergica. Tuttavia non vorrei incoraggiarla o illuderla in qualunque modo: anche perché, incidentalmente, credo di non aver mai avuto il piacere di fare la sua conoscenza.”

      “Non è la prima volta che mi dice qualcosa del genere. Potrei credere che lei si sia dimenticata di me, della mia faccia; ma non certo di quella famosa festa sul mio yacht, a Ischia, … diciamo perlomeno un po’ movimentata.”

      Uno yacht? Accidenti, questo deve avere una barca di soldi, pensai. Chissà se ci avevo combinato qualcosa, voglio dire la Silvestrini. Comunque era chiaro che lo avevo in pugno. Dovevo solo fare la difficile e stuzzicarlo un altro po’, e sicuramente mi sarei aggiudicata, oltre al mazzo di fiori, la cena e forse anche qualcosa di più.

      “Si vede proprio che non mi conosce bene. Altrimenti saprebbe che, vivendo molto intensamente il presente e proiettata nel futuro, tendo a dimenticarmi molto facilmente del passato, soprattutto di chi si crede un mio vecchio amico e delle persone che pensano che io debba loro eterna riconoscenza.”

      “Se vive molto intensamente il presente ed il futuro, allora dimenticherò anch’io il passato per progettare un presente ed una serata effervescente insieme a lei, sul genere di quella sul mio yacht di cui ahimè si è dimenticata. Se non la conosco male, qualcosa del genere potrebbe piacerle.”

      “Se lei davvero mi conoscesse, saprebbe che sono già impegnata. C’è scritto anche sullo Specchio Magico”.

      “Mi dispiace ma non sono solito leggere riviste di pettegolezzi. E comunque mi permetta di dubitarne, dal momento che, così bella e attraente, la vedo andare in giro di sera sola soletta: perciò il suo uomo o non la merita o non esiste. E se anche esistesse, vista la sua assenza, questo non mi sembra un valido impedimento per desiderare la sua compagnia.”

      Nonostante la sua eleganza, era evidentemente uno di quei molesti e appiccicosi importuni di cui una bella ragazza riesce a disfarsi con molta difficoltà; e tenete presente che io non avevo l'esperienza in questo campo che una ragazza affascinante si costruisce nel corso degli anni. Decisi per il momento di continuare a mangiare di gusto e lasciarlo parlare senza intervenire. E lui parlava come un torrente in piena.

      Lavorava nel mondo del cinema. Si dava arie di essere un produttore cinematografico, ma doveva esserlo di assai basso livello, dal momento che non avevo mai sentito nominare nessuno dei suoi film e relativi attori. O forse non era affatto un produttore e ambiva a diventarlo. Chiaramente voleva il lustro di un nome più famoso nel cast di un film di cui si occupava, ed io sarei stata perfetta nella parte. Aveva già una copia del contratto pronta da firmare: me l'aveva poggiata lì, di fianco alla scaloppina ai funghi. Fui tentata di firmarla, ma col mio vero nome; oppure di prenderla e portarmela a casa per ricordo. Mi trattenni, per evitare futuri guai a me e alla Silvestrini, e mi limitai a rispondergli:

      "Vedremo. Anche perché adesso per certe decisioni devo consultare la mia metà."

      Terminato il dessert, lui stava ancora parlando.

      "Il conto, per favore", chiesi al cameriere. Ma quello mi rispose cordialmente, accennando al signore al mio fianco, che qualcuno aveva già provveduto a pagarmi la cena.

      “Dal momento che si ostina a non mollarmi e a migliorarmi la vita, perché allora non si rende utile e mi accompagna alla Mela Avvelenata? Stasera avevo in programma di ballare.”

      Era un locale famoso perché frequentato per lo più da ragazzine, ed io proprio la ragazzina volevo fare quella sera. Speravo che un signore di mezza età in cravatta rossa si sarebbe trovato poco a suo agio in quell’ambiente.

      "Ogni suo desiderio è un ordine per me", mi rispose lui cordiale e senza obiezioni. Con galanteria mi aiutò ad alzarmi e a rivestirmi. Prima di andarsene lasciò una lauta mancia sul tavolo, riprese il mio - anzi il suo - contratto e me lo porse: "Si sta dimenticando questo."

      Io in quel momento stavo osservando con un certo dispiacere quel bel mazzo di rose che, ahi me, così bello ma ingombrante, non mi sarei potuto portare via neanche volendo fare la sfacciata. Ma almeno un fiore per ricordo ero decisa a prendermelo. "Hai ragione, e mi stavo dimenticando anche questi." Scelsi con cura alcune delle rose più belle, anche se in realtà sembravano proprio tutte uguali. A quel punto: "Purtroppo ho le mani impegnate. Sarebbe tanto gentile da …?"

      Il contratto lo riprese lui. Mi fece strada alla sua macchina, una di quelle grosse e scure che hanno i personaggi ricchi e importanti; ma non fu lui bensì il suo autista, che poco prima avevo notato mangiare da solo nel nostro ristorante, ad aprirmi la portiera posteriore. Il mio cavaliere venne poi a sedersi al mio fianco.

      "Alla Mela Avvelenata, Alfredo".

      Mentre l'autista armeggiava con certi aggeggi elettronici, evidentemente per capire la strada da fare, il mio accompagnatore, come avevo previsto, propose una meta alternativa.

      "Certo non è che sia un locale proprio adatto ad una persona di classe come te. C'è di molto meglio. L'Assassino. Il passero solitario. A mente te ne potrei elencare almeno una decina di locali migliori. Ti assicuro che persino a casa mia troveresti una musica ed un'atmosfera più accogliente."

      Immaginavo che sarebbe arrivato a propormi di andare a casa sua, e non fosse stato per l'autista avrei anche temuto che mi ci portasse contro la mia volontà.

      "Ho detto Mela Avvelenata, Alfredo: altrimenti sarò costretta a prendere un taxi".

      Alla Mela Avvelenata mi scatenai come una pazza. Mi divertii in quella bolgia di ragazzini a farmi vedere più scalmanata ed esplosiva di loro. Ballai tutta la notte sul cubo quasi senza interruzioni, se non ogni tanto per dissetarmi un po'. Chissà - con tutto quello che si dice sulle droghe che girano in discoteca - forse proprio quelle bevande energetiche mi dettero una carica particolare. Fatto sta che, dopo non so quante ore che ballavo, mi resi conto che nella discoteca cominciava ad esserci sempre meno gente. Non c'era più neanche il mio accompagnatore dalla cravatta rossa, che pure era rimasto con pazienza ad aspettarmi tanto tempo: non sapevo neanche io se esserne contenta oppure delusa. Alla fine rimanemmo praticamente soli io ed il DJ.

      "Scusami, bella: sei stata davvero grande, la più brava di tutte. Io però adesso devo andare. La serata può dirsi ormai finita da un pezzo: tra neanche un'ora sorge il sole. Io ho un impegno importante più tardi, e prima mi devo riposare un poco. Ma se vuoi ci rivediamo qui stasera."

      In effetti erano quasi le sette. Vado un po' a casa a riposarmi, pensai, anche se non mi sentivo affatto stanca. Avevo voglia di fare ancora mille altre cose emozionanti e divertenti, non certo di dormire. Prima però mi ci voleva una bella doccia.

      Con questa intenzione tornai a casa con la metropolitana, che aveva già ripreso servizio.

      Ero quasi arrivata, praticamente sotto casa mia, quando vidi uscire dal portone i miei due figlioli con la loro madre … che dico, sono io la loro madre: con la loro baby sitter che proprio sembrava me.

      Mi meravigliai perché era più presto


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