Il Peso dell’Onore . Морган Райс

Il Peso dell’Onore  - Морган Райс


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la carovana dirigersi verso di lui. Ma poi l’eccitazione si smussò chiedendosi se si trattasse di persone ostili. Dopotutto chi altri poteva essere in viaggio in quel tratto di strada desolata, così lontano da tutto? Lui non poteva combattere e neanche Bianco, che ringhiava sommessamente, aveva tanta forza dalla sua parte. Si trovavano alla mercé di chiunque si stesse avvicinando. Era un pensiero spaventoso.

      Il rumore si fece assordante mentre i carri si avvicinavano e Aidan rimase coraggiosamente al centro della strada, rendendosi conto di non potersi nascondere. Doveva approfittare dell’occasione. Gli parve di sentire della musica man mano che si avvicinavano e questo accrebbe la sua curiosità. Poi acquistarono velocità e per un momento pensò che lo avrebbero travolto.

      Ma improvvisamente l’intera carovana rallentò e gli si fermò davanti, dato che lui bloccava il passaggio. Lo fissarono mentre la polvere volteggiava attorno a loro. Era un grosso gruppo, forse cinquanta persone, e Aidan sbatté le palpebre sorpreso di vedere che non si trattava di soldati. Si rese anche conto con un sospiro di sollievo che non sembravano essere ostili. Notò che i carri erano pieni di ogni genere di persone: uomini e donne di diverse età. Uno sembrava essere pieno di musicanti che tenevano vari strumenti; un altro di uomini che avevano l’aspetto di giocolieri o commedianti, i volti dipinti di colori brillanti e con indosso pantaloni e tuniche colorati. In un altro carro sembravano esserci degli attori, uomini che tenevano dei rotoli di carta e che stavano chiaramente ripassando i copioni con indosso dei costumi teatrali. In un altro ancora c’erano delle donne poco vestite e molto truccate.

      Aidan arrossì e distolse lo sguardo capendo di essere troppo giovane per guardare cose del genere.

      “Tu, ragazzino!” gridò una voce. Era un uomo con la barba molto lunga e rossa che gli arrivava alla vita, un uomo particolare dal sorriso amichevole.

      “È tua questa strada?” gli chiese scherzosamente.

      Da tutti i carri si levarono le risa e Aidan arrossì ancor più.

      “Chi siete?” chiese Aidan sorpreso.

      “Penso che la domanda più opportuna sia,” rispose l’uomo, “chi sei tu?” Guardarono intimoriti Bianco che ringhiava. “E cosa diavolo ci fai con un cane selvatico. Non sai che ammazzano la gente?” chiesero con paura nella voce.

      “Non questo,” rispose Aidan. “Siete tutti… artisti?” chiese ancora curioso, chiedendosi cosa ci stessero facendo tutti lì.

      “Una parola graziosa!” gridò qualcuno da un carro con una roca risata.

      “Siamo attori, suonatori, giocolieri, giocatori d’azzardo, musici e clown!” esclamò un altro uomo.

      “E bugiardi, canaglie e puttane!” gridò una donna facendo ridere tutti di nuovo.

      Qualcuno strimpellò un’arpa mentre le risa salivano e Aidan arrossiva nuovamente. Un ricordo gli tornò alla mente di quando una volta aveva incontrato gente del genere, da piccolo, quando ancora vivevano ad Andros. Si ricordò di aver visto degli artisti entrare a fiumi nella capitale per intrattenere il re. Ricordava i loro volti colorati e vivaci, i coltelli che volavano, un uomo che mangiava il fuoco, una donna che cantava, un bardo che recitava poemi. Ricordi che sembravano durare per ore. Ricordava di essere rimasto confuso al pensiero di come qualcuno potesse scegliere una vita del genere e non voler fare il guerriero.

      Gli si accesero gli occhi quando improvvisamente capì.

      “Andros!” gridò. “State andando ad Andros!”

      Un uomo balzò giù da un carro e gli si avvicinò. Era un uomo grande e grosso di forse quarant’anni, con la pancia prominente, la barba marrone spettinata, in sintonia con i capelli ugualmente arruffati. Sorrideva in maniera calorosa. Gli si fece vicino e mise un braccio paterno attorno alle spalle.

      “Sei troppo piccolo per startene qua fuori,” disse. “Direi che ti sei perso, ma dalle ferite che avete te e quel cane, oserei dire che c’è dell’altro. Pare che tu ti sia messo in qualche pasticcio e ti ci sia trovato troppo invischiato, sbaglio?” concluse osservando Bianco con cautela. “E aggiungerei che è qualcosa che ha a che fare con l’aver aiutato questa bestia.”

      Aidan rimase in silenzio, non sapendo quanto dire mentre, con sua grande sorpresa, Bianco si avvicinava e leccava la mano dell’uomo.

      “Il mio nome è Motley,” aggiunse l’uomo allungando una mano.

      Aidan lo guardò con circospezione. Non gli strinse la mano ma fece un cenno con la testa.

      “E il mio è Aidan,” rispose.

      “Voi due potete starvene qua fuori a morire di fame,” continuò Motley, “ma non è un modo molto divertente di morire. Io almeno vorrei prima avere qualcosa di buono da mangiare per poi morire in qualche altro modo.”

      Tutti nel gruppo si misero a ridere mentre Motley continuava a tenere la mano tesa, guardando Aidan con cortesia e compassione.

      “Direi che voi due, feriti come siete, avete bisogno di una mano,” aggiunse.

      Aidan rimase fermo e impettito, non volendo mostrare debolezza, proprio come suo padre gli aveva insegnato.

      “Stiamo benissimo,” disse.

      Motley scoppiò a ridere e così fecero gli altri.

      “Come no,” rispose.

      Aidan guardò sospettosamente la mano dell’uomo.

      “Sto andando ad Andros,” disse.

      Motley sorrise.

      “Proprio come noi,” rispose. “E siamo fortunati che la città è grande abbastanza per tenerci tutti quanti e anche di più.”

      Aidan esitò.

      “Ci faresti un piacere,” aggiunse Motley. “Possiamo usare del peso extra.”

      “E delle bocche extra da sfamare!” esclamò un altro istrione dalla folla, ridendo.

      Aidan lo guardò diffidente, troppo orgoglioso per accettare, ma trovando un modo per salvarsi la faccia.

      “Beh…” disse. “Se vi facciamo un favore…”

      Aidan prese la mano di Motley e si trovò ad essere tirato sul carro. Era più forte di quanto si fosse aspettato, dato che, dal modo in cui vestiva, sembrava essere un giullare di corte. La sua mano, nerboruta e calda, era grande due volte la sua.

      Motley poi si allungò, sollevò Bianco e lo mise delicatamente nel retro del carro, accanto ad Aidan. Bianco si accoccolò vicino a lui, nel fieno, appoggiandogli la testa in grembo, gli occhi mezzi chiusi per la stanchezza e il dolore. Aidan capiva fin troppo bene quella sensazione.

      Motley salì con un balzo e il conduttore fece schioccare la frusta. Il carro partì mentre tutti esultavano e la musica cominciava di nuovo. Era una canzone allegra, uomini e donne pizzicavano le arpe, suonavano flauti e cembali, mentre numerosi altri, con sorpresa di Aidan, danzavano sui carri in movimento.

      Aidan non aveva mai visto un gruppo così gaio di persone in vita sua. Aveva trascorso tutta la sua esistenza nel buio e nel silenzio di un forte pieno di guerrieri e non era certo di cosa pensare. Come poteva una persona essere così allegra? Suo padre gli aveva sempre insegnato che la vita era una cosa seria. Tutto questo non era triviale?

      Mentre procedevano a scossoni lungo la strada, Bianco mugolava per il dolore mentre Aidan gli accarezzava la testa. Motley si avvicinò loro e con sorpresa di Aidan si inginocchiò accanto al cane e gli mise delle garze sulle ferite, tamponando con un unguento verde. Lentamente Bianco si quietò ed Aidan provò grande gratitudine per il suo aiuto.

      “Chi sei?” chiese Aidan.

      “Beh, ho avuto molti nomi,” rispose Motley. “Il migliore è stato ‘attore’. Poi c’è stato ‘furfante’, ‘giullare’, ‘buffone’… e la lista continua. Chiamami come vuoi.”

      “Non sei un guerriero quindi,” confermò Aidan deluso.

      Motley si raddrizzò e rise di piacere con le lacrime che gli scorrevano lungo le guance. Aidan non capiva cosa ci fosse di così divertente.

      “Un


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