La Prima Caccia . Блейк Пирс
stanza del dormitorio.
Riley gridò di nuovo: “Qualcuno chiami il 911!”
“Perché?” una delle ragazze chiese.
Ancora accovacciata sul pavimento con una pozza di vomito di fronte a sé, Heather Glover riuscì a dire con voce rauca …
“E’ Rhea. E’ stata uccisa.”
Improvvisamente, si udì un coro concitato di voci in tutto il corridoio: alcune ragazze gridavano, altre sussultavano, altre singhiozzavano. Alcune invece, si spinsero di nuovo verso la stanza.
“Allontanatevi!” Riley intimò loro ancora una volta, continuando a bloccare l’accesso. “Chiamate il 911!”
Una delle ragazze aveva in mano un piccolo cellulare ed effettuò la chiamata.
Riley restò lì a interrogarsi sul da farsi …
Che cosa faccio adesso?
Era sicura di una cosa soltanto: non poteva permettere che qualcuna di quelle ragazze entrasse in quella stanza col corpo. C’era già abbastanza panico a quel piano. Le cose sarebbero soltanto peggiorate, se altre persone avessero visto ciò che conteneva quella stanza.
Era ancora certa che nessun altro dovesse varcare la soglia ed entrare …
Entrare dove?
Sulla scena di un crimine, realizzò. Quella stanza era la scena di un crimine.
Ricordava, forse da un film o un programma televisivo, che la polizia avrebbe voluto che la scena del crimine restasse quanto più inviolata possibile.
Tutto ciò che poteva fare era aspettare, e tenere tutte lontane da lì.
E fino ad allora ci era riuscita. Il semicerchio di studentesse cominciò a frantumarsi, e le ragazze si allontanarono in gruppi più piccoli, sparendo nelle stanze, o formando piccoli gruppi nel corridoio, condividendo il loro orrore. Molte piansero, e altre emisero dei versi simili ad un basso lamento animalesco. Cominciarono ad apparire altri cellulari, e alcune chiamarono genitori o gli amici, per riferire la propria versione del disastro.
Riley pensò che probabilmente non era una buona idea, ma non aveva alcun modo per impedirlo. Almeno, stavano lontane dalla porta, che lei stava proteggendo.
E ora, stava cominciando a sentire la sua dose di orrore.
Immagini della sua infanzia scorsero nella mente di Riley …
Riley e la mamma erano in un negozio di dolci, e la mamma stava viziando Riley!
Le stava comprando chili e chili di dolci.
Stavano entrambe ridendo ed erano felici, finché …
Un uomo si fermò dinnanzi a loro. Aveva un volto strano, piatto e privo di tratti distintivi, simile ad un essere comparso in uno degli incubi di Riley. Le occorse un secondo per capire che l’uomo indossava una calza di nylon sulla testa, della stessa sorta che la mamma indossava sulle gambe.
E impugnava una pistola.
Lui cominciò a gridare alla mamma …
“La borsa! Dammi la tua borsa!”
Quella voce sembrava così spaventosa, proprio quanto spaventata era Riley.
Riley guardò la mamma, aspettandosi che facesse come voleva l’uomo.
Ma la mamma era diventata pallida e completamente tremante. Non sembrava comprendere che cosa stesse accadendo.
“Dammi la borsa!” l’uomo gridò di nuovo.
La mamma continuava a starsene lì, stringendo la borsa.
Riley voleva dirle …
“Fa’ come ha detto lui, mammina. Dagli la borsa.”
Ma per qualche ragione, nessuna parola uscì fuori dalla sua bocca.
La mamma barcollò leggermente, come se volesse correre, ma non riusciva a muovere le gambe.
Poi, ci fu un bagliore e un forte e terribile rumore …
… e la mamma cadde a terra, atterrando su un fianco.
Dal petto uscì fuori un liquido rosso, e il colore le inzuppò la camicetta, per poi finire sul pavimento, formando una pozza …
Riley venne riportata improvvisamente al presente dal suono delle sirene che si avvicinavano. I poliziotti stavano arrivando.
Provò sollievo per il fatto che le autorità fossero lì e potessero occuparsi … di tutto ciò che doveva essere fatto.
Vide i ragazzi che vivevano al secondo piano, scendere di sotto e chiedere alle ragazze che cosa stesse accadendo. Erano tutti vestiti nei modi più vari: qualcuno indossava maglietta e jeans, altri pigiami e vestaglie.
Harry Rampling, il giocatore di football che aveva approcciato Riley al bar, le si avvicinò, mentre lei era ancora appoggiata contro la porta chiusa. Si fece largo tra le ragazze che stavano ancora gironzolando lì e stette a guardarla per un momento.
“Che cosa pensi di fare?” scattò.
Riley non disse nulla. Credeva che non fosse necessario provare a dare spiegazioni, non con la polizia che stava per arrivare da un momento all’altro.
Harry abbozzò un sorrisetto e fece un passo minaccioso verso Riley. Ovviamente aveva saputo del cadavere della ragazza all’interno della stanza.
“Spostati” le intimò. “Voglio vedere.”
Riley restò ancora più ferma di prima.
“Non puoi entrare” rispose.
Harry ribatté: “Perché no, ragazzina?”
Riley lo fulminò con lo sguardo, ma si domandò …
Che cosa diavolo credo di fare?
Pensava davvero di poter impedire ad un atleta di entrare in quella stanza, se lui avesse deciso di farlo?
Poteva essere strano ma aveva la sensazione che, probabilmente, poteva.
Avrebbe certamente messo in piedi una rissa, se fosse stato necessario.
Per fortuna, sentì dei passi nel corridoio, poi una voce maschile urlare …
“Toglietevi di mezzo. Lasciateci passare.”
Gli studenti si sparpagliarono.
Qualcuno disse: “Laggiù” e tre poliziotti in uniforme si avvicinarono a Riley.
Lei li riconobbe tutti. Erano dei volti familiari dalle parti di Landon. Due erano uomini, gli Agenti Steele e White. L’altra invece era una donna, l’Agente Frisbie. Giunsero anche due poliziotti del campus.
Steele era sovrappeso, e il suo volto arrossato fece sospettare a Riley che avesse bevuto fin troppo. White era un tipo alto, che camminava con una postura cadente, e aveva la bocca che sembrava sempre aperta. Riley non pensava che sembrasse particolarmente sveglio. L’Agente Frisbie era una donna alta e robusta, che era sempre parsa a Riley amichevole ed amabile.
“Abbiamo ricevuto una chiamata” l’Agente Steele disse. Poi, si rivolse, indignato, a Riley. “Che diavolo succede qui?”
Riley si allontanò dalla porta e indicò al suo interno.
“Si tratta di Rhea Thorson” Riley rispose. “Lei è ...”
Riley non riuscì a completare la frase. Stava ancora provando ad assimilare il fatto che Rhea fosse morta.
Si limitò dunque a spostarsi.
L’Agente Steele aprì la porta e passò dinnanzi a lei, entrando nella stanza.
Poi, ci fu un forte sussulto, mentre esclamò …
“Oh mio Dio!”
Gli Agenti Frisbie e White si precipitarono entrambi all’interno.