Una Ragione per Uccidere . Блейк Пирс

Una Ragione per Uccidere  - Блейк Пирс


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di recente le avevano offerto un lavoro come contabile junior. Lo stipendio iniziale le sarebbe bastato per comprarsi un nuovo guardaroba elegante e per permettersi un appartamento a poca distanza dal lavoro. I suoi voti erano i più alti della classe. Certo, avrebbe potuto prendersela con calma fino alla laurea, ma Cindy non sapeva il significato della parola ‘calma’. Metteva tutta se stessa, tutti i giorni, in qualsiasi cosa stesse facendo. Lavorare duro e divertirsi alla grande, ecco il suo motto, e quella notte voleva divertirsi.

      Un altro bicchiere di "Dreamy Blue Slush" un drink altamente alcolico, un altro brindisi alle Kappa Kappa Gamma e un altro ballo, e Cindy non riusciva a smettere di sorridere. Sotto le luci stroboscopiche si muoveva al rallentatore. I capelli gettati all'indietro e il nasino all'insù arricciato verso un ragazzo che desiderava baciarla da anni, lo sapeva. Perché no? pensò. Solo un bacetto, nulla di serio, niente che avrebbe messo in pericolo la sua relazione, solo quanto bastava per dimostrare a chiunque fosse alla festa che non era sempre una ragazza secchiona e santarellina che seguiva le regole.

      Gli amici la notarono e la acclamarono in segno di approvazione.

      Cindy si allontanò dal ragazzo. Alla fine il ballo, l'alcol e il calore ebbero la meglio su di lei. Ondeggiò leggermente, continuando a sorridere, e si tenne al collo del ragazzo per non cadere.

      “Vuoi venire a casa mia?” chiese lui.

      “Ho un ragazzo.”

      “Dove è?”

      Giusto, pensò Cindy. Dove era Winston? Lui odiava le feste delle sorellanze. Sono solo un mucchio di ragazze spocchiose che si ubriacano e tradiscono i loro ragazzi, diceva sempre. Beh, pensò lei, credo di potergli dare ragione, alla fine! Baciare un ragazzo, avendo già un fidanzato, era probabilmente la cosa più audace che avesse mai fatto.

      Sei ubriaca, si disse. Vai via di qui.

      “Devo andare,” farfugliò.

      “Un altro ballo?”

      “No,” rispose lei, “davvero, devo andare.”

      Controvoglia, il ragazzo accettò la sua decisione. Con uno sguardo adorante alla popolare studentessa dell’ultimo anno ad Harvard, si allontanò tra la folla e le fece un cenno di saluto.

      Cindy si spinse una ciocca di capelli sudati dietro l'orecchio e uscì dalla pista da ballo, con gli occhi bassi e il volto illuminato dalla felicità. Cominciò la sua canzone preferita e lei ondeggiò e piroettò ai bordi della folla.

      “Noooo!” si lamentarono i suoi amici quando videro che stava cercando di andarsene.

      “Dove stai andando?” volle sapere qualcuno.

      “A casa,” insistette lei.

      La sua migliore amica, Rachel, si spinse in mezzo al gruppo e prese Cindy per le mani. Bruna, bassa e tracagnotta, non era la più carina né la più intelligente del branco, ma la sua natura sensuale e aggressiva la metteva spesso al centro dell'attenzione. Indossava un succinto abitino argentato e a ogni movimento sembrava che il suo corpo fosse sul punto di esplodere dall'indumento.

      “Tu non-puoi-andare!” le ordinò.

      “Sono davvero ubriaca,” supplicò Cindy.

      “Non abbiamo neppure fatto lo scherzo del Pesce d'Aprile! È il momento clou della festa! Dai, rimani ancora un po'?”

      Cindy pensò al suo ragazzo. Stavano insieme da due anni. Quella notte si sarebbero dovuti vedere per un appuntamento a tarda notte nel suo appartamento. Gemette dentro di sé per l’atipico bacio sulla pista da ballo. E quello come lo spiego? si domandò.

      “Davvero,” ripeté, “devo andare,” e facendo appello alla natura esageratamente erotica di Rachel, lanciò un'occhiata verso il ragazzo che aveva baciato e aggiunse, ironica: “Se rimango, chissà cosa potrebbe succedere?”

      “Oh!” esplosero i suoi amici.

      “È fuori controllo!”

      Cindy baciò Rachel sulla guancia e sussurrò: “Divertiti stanotte. Ci vediamo domani,” e si diresse verso la porta.

      Fuori, la fresca aria primaverile spinse Cindy a fare un profondo respiro. Si asciugò il sudore dal volto e si avviò saltellando per Church Street nel suo vestito estivo giallo e corto. Il centro della città era composto per lo più da bassi edifici di mattoni e poche case signorili nascoste tra gli alberi. Una svolta a sinistra su Brattle Street, attraversò e si avviò verso sud ovest.

      I lampioni illuminavano la maggior parte degli angoli, ma una parte di Brattle Street era avvolta nell'oscurità. Invece di preoccuparsi, Cindy allungò il passo e spalancò le braccia, come se le ombre avessero potuto purificare in qualche modo il suo organismo dall'alcol e della stanchezza, e darle energia per il suo appuntamento con Winston.

      Uno stretto vicolo apparve alla sua sinistra. L'istinto le disse di fare attenzione; dopo tutto era molto tardi e lei non era ignara del lato più malfamato di Boston, ma era anche troppo eccitata per credere che qualsiasi cosa potesse frapporsi tra lei e il suo futuro.

      Colse un movimento con la coda dell'occhio, e troppo tardi, si voltò.

      Sentì un dolore improvviso e acuto al collo, che le fece trattenere il fiato, e lanciò uno sguardo all'indietro per vedere qualcosa che scintillava nell'oscurità.

      Un ago.

      Il cuore le precipitò in fondo allo stomaco e in un solo istante tutta l'ubriachezza svanì.

      Nello stesso momento percepì qualcosa che le premeva contro la schiena, un solo braccio snello che intrappolava le sue. Il corpo era più piccolo del suo, ma forte. Con uno strattone, fu attirata all'indietro nel vicolo.

      “Shhh.”

      Qualsiasi dubbio che potesse trattarsi di uno scherzo svanì nell'istante in cui udì quella voce maligna e autoritaria.

      Cercò di dare calci e gridare. Per qualche motivo la voce non le funzionava, come se qualcosa le avesse indebolito i muscoli del collo. Anche le sue gambe erano come di gelatina, e faceva fatica a tenere i piedi per terra.

      Fai qualcosa! implorò se stessa, sapendo che altrimenti sarebbe morta.

      Il braccio era attorno al suo fianco destro. Cindy si voltò per sfuggire alla presa e allo stesso tempo gettò la testa all'indietro per colpire il suo assalitore sulla fronte. La parte posteriore del suo cranio si schiantò sul naso dell'uomo e udì un rumore secco. L'uomo imprecò sotto voce e la lasciò andare.

      Corri! supplicò Cindy.

      Ma il suo corpo si rifiutò di obbedire. Le gambe cedettero sotto di lei, e cadde pesantemente sul cemento.

      Era sdraiata di schiena, con le gambe allargate e le braccia spalancate ad angolazioni opposte, incapace di muoversi.

      L'assalitore le si inginocchiò accanto. Aveva il volto oscurato da una parrucca sistemata in maniera maldestra, baffi finti e grossi occhiali. Gli occhi dietro le lenti le mandarono un brivido lungo la schiena: erano freddi e duri. Senz'anima.

      “Ti amo,” disse.

      Cindy provò a gridare, ma emerse solo un gorgoglio.

      L'uomo fu sul punto di toccarle il volto, poi, come se si fosse reso conto di dove si trovavano, si alzò rapidamente.

      Cindy si sentì afferrare per le mani e trascinare per il vicolo.

      I suoi occhi si riempirono di lacrime.

      Vi prego, supplicò mentalmente, qualcuno mi aiuti. Aiutatemi! Ripensò ai suoi compagni di classe, i suoi amici, le sue risate alla festa. Aiuto!

      Alla fine del vicolo, l'uomo basso la sollevò e la abbracciò stretta. La testa di Cindy gli ricadde su una spalla. Lui le accarezzò affettuosamente i capelli.

      Le prese una mano e la fece volteggiare come se fossero stati amanti.

      “Va tutto bene,” disse ad alta voce, come se stesse parlando per qualcun altro. “Apro


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