Un Caso Irrisolto . Блейк Пирс
href="#litres_trial_promo">CAPITOLO QUARANTUNO
PROLOGO
L’uomo entrò nel Patom Lounge, ritrovandosi subito avvolto da una densa nube di fumo di sigaretta. Le luci erano soffuse, una vecchia canzone heavy metal risuonava dagli altoparlanti, e già lui cominciava a sentirsi impaziente.
Il locale era troppo caldo ed affollato. Mentre faceva alcuni passi indietro, sentì una breve risata, si voltò e vide dinnanzi a sé un gruppo di cinque ubriachi che giocavano a freccette. Accanto a loro, era in corsa una movimentata partita a biliardo. Pensò che prima fosse uscito di lì, meglio sarebbe stato.
Poi, guardandosi intorno nella stanza ancora per qualche secondo, posò gli occhi su una ragazza seduta al bar.
Era graziosa e sfoggiava un taglio di capelli moderno. Era troppo ben vestita per un posto del genere.
Starà benissimo, l’uomo pensò.
Si avvicinò al banco del bar, occupando uno sgabello accanto a lei, e sorrise.
“Come ti chiami?” le chiese.
Poi, si rese conto che non avrebbe potuto affatto sentirlo al di sopra della confusione generale.
Lei lo guardò, ricambiò il sorriso, si toccò le orecchie e scosse la testa.
Lui ripeté la domanda a voce più alta, muovendo le labbra in maniera esagerata.
La donna gli si avvicinò. Quasi gridando, rispose: “Tilda, e tu?”
“Michael” fu la risposta, pronunciata a voce non molto alta.
Naturalmente, non si trattava del suo vero nome, ma probabilmente non aveva alcuna importanza. Dubitava che lei potesse sentirlo. Non sembrava importarle.
Guardò il bicchiere della donna, notando che era quasi vuoto. Sembrava un margarita. Indicò il bicchiere e propose ad alta voce: “Ti va un altro?”
Sempre sorridente, la donna di nome Tilda scosse la testa, declinando.
Ma non lo stava respingendo. Ne era sicuro. Era giunto il momento di fare una mossa azzardata?
Prese un tovagliolo, ed estrasse una penna dalla tasca della camicia.
Scrisse sul tovagliolo …
Ti va di andare da un’altra parte?
La donna lesse il messaggio e sorrise. Esitò per un istante, ma l'uomo sentiva che era lì in cerca di un brivido. E sembrava contenta di averne trovato uno.
Finalmente, Tilda annuì.
Prima di lasciare il locale, lui prese una scatola di fiammiferi con sopra il nome del bar.
Ne avrebbe avuto bisogno più tardi.
La aiutò ad infilarsi il cappotto, e poi uscirono dal locale. La fresca aria primaverile e l’improvviso silenzio erano stupefacenti, dopo tutto il rumore ed il caldo.
“Accidenti” esclamò la donna, mentre camminavano insieme. “Sono quasi diventata sorda là dentro.”
“Presumo che non ci vada spesso” azzardò.
“Infatti” fu la conferma.
La donna non approfondì, ma era certo che quella fosse la sua prima volta al Patom Lounge.
“Nemmeno io” le disse. “Che bettola.”
“Puoi ripeterlo.”
“Che bettola” lui disse.
Scoppiarono entrambi a ridere.
“Laggiù c’è la mia auto” disse, facendo un cenno. “Dove ti piacerebbe andare?”
Lei esitò di nuovo.
Poi, con uno scintillio malizioso nello sguardo, lei esclamò: “Sorprendimi.”
Ebbe la conferma di aver avuto ragione. La donna era andata lì in cerca di un brivido.
A dire il vero, anche lui.
Le aprì la portiera destra della sua auto, facendola salire. Poi andò al volante e cominciò a guidare.
“Dove andiamo?” lei chiese.
Con un sorriso e un occhiolino, le rispose: “Hai detto di sorprenderti.”
Lei rise. La sua risata sembrava nervosa ma al contempo compiaciuta.
“Immagino che tu viva qui a Greybull” chiese.
“Nata e cresciuta” lei disse. “Non credo di averti mai visto prima d’ora. Vivi qui intorno?”
“Non molto lontano” rispose.
Tilda rise di nuovo.
“Che cosa ti conduce in questa piccola cittadina noiosa?”
“Affari.”
Lei lo guardò, con un’espressione incuriosita. Ma non insisté sull’argomento. Non sembrava molto interessata a conoscerlo. E questo era un bene per lui.
Si fermò nel parcheggio di uno squallido piccolo motel, chiamato Maberly Inn, di fronte alla camera 34.
“Sono già stato in questa camera” riprese.
La donna non rispose.
Dopo un breve silenzio, le chiese: “Va BENE per te?”
Lei annuì un po’ nervosamente.
Entrarono insieme nella camera. Poi la donna si guardò intorno. La camera aveva uno sgradevole odore di muffa, e le pareti erano decorate con brutti dipinti.
Lei raggiunse il letto e premette una mano sul materasso, controllandone la solidità.
Non le piaceva la camera?
Lui non sapeva dirlo.
Quel gesto lo fece arrabbiare, lo rese tremendamente furioso.
Non sapeva perché, ma qualcosa dentro di lui esplose.
Normalmente, non colpiva prima di avere la donna nuda nel letto. Ma ora, non riusciva a fermarsi.
Appena lei si diresse al bagno, lui la bloccò.
Gli occhi le si spalancarono, allarmati.
Prima che lei potesse reagire ulteriormente, lui la spinse sul letto.
Tilda si dimenò, ma l’uomo era molto più forte di lei.
Lei provò a gridare, ma prima che vi riuscisse, afferrò un cuscino e glielo premette sul viso.
Sapeva che presto sarebbe tutto finito.
CAPITOLO UNO
Improvvisamente, le luci si accesero nell’aula magna, e all'Agente Lucy Vargas cominciarono a dolere gli occhi, semiaccecata.
Gli studenti seduti intorno a lei cominciarono a parlare sotto voce. La mente di Lucy era stata profondamente concentrata sull’esercizio: immaginare un vero omicidio dal punto di vista dell’assassino, ed era difficile riprendersi velocemente.
“OK, parliamo di quello che hai visto” l’istruttrice disse.
L’istruttrice non era altro che la mentore di Lucy, l’Agente Speciale Riley Paige.
In realtà, Lucy non era una studentessa del corso, destinato ai cadetti dell’Accademia dell’FBI. Era solo presente oggi, come faceva di tanto in tanto. Era ancora nuova al BAU, e trovava in Riley Paige una fonte di grande ispirazione, da cui imparare. Sfruttava ogni occasione per imparare e anche per lavorare con lei.
L’Agente Paige aveva fornito agli studenti molti dettagli relativi ad un caso irrisolto di omicidio, avvenuto ben venticinque anni prima. Tre giovani donne erano state assassinate nella Virginia centrale. L’assassino era