Oscurita’ Perversa . Блейк Пирс
Quella notte era sceso nei bassifondi, fermo con l’auto in una strada su cui affacciava una fila di motel economici, luogo di lavoro delle prostitute. Le altre ragazze erano meno vivaci di quella che aveva urlato di tutto a quei ragazzi. I loro tentativi di apparire sexy sembravano assurdi al confronto, e le loro avance erano oscene. Mentre lui osservava, una si tirò su la gonna, mostrando le mutande succinte all’autista di un’auto che stava passando lenta. L’uomo però non si fermò.
Il killer continuò ad osservare la ragazza che, per prima, aveva catturato la sua attenzione. La donna stava camminando con passo pesante, sdegnata, lamentandosi con le altre ragazze.
L’uomo sapeva che avrebbe potuto averla se avesse voluto. Poteva essere la sua prossima vittima. Tutto ciò che doveva fare per ottenere la sua attenzione era guidare lungo il cordolo, verso di lei.
Ma no, non l’avrebbe fatto. Non lo aveva mai fatto. Non avrebbe mai approcciato una prostituta per la strada. Spettava a lei farlo. Era lo stesso persino con quelle che incontrava attraverso un servizio o in un bordello. Faceva sì che lo incontrassero da sole, separatamente, senza che lui dovesse chiederglielo direttamente. Sarebbe sembrato che fosse una loro idea.
Con un po’ di fortuna, la ragazza esuberante avrebbe notato la sua auto costosa e si sarebbe avvicinata. Quel veicolo era una splendida esca. Così come il fatto che lui fosse ben vestito.
Ma, quale che fosse il prosieguo della notte, doveva prestare più attenzione dell’ultima volta. Era stato superficiale, lasciando cadere il corpo della donna nel lago, aspettandosi che affondasse.
E aveva creato un tale caos! La sorella di un agente dell’FBI! E avevano richiesto i rinforzi da Quantico. Non gli piaceva. Non era alla ricerca di pubblicità o fama. Tutto quello che voleva fare era soddisfare le sue voglie.
E non ne aveva ogni diritto? Quale adulto sano non aveva delle voglie?
Ora, avrebbero mandato dei sommozzatori a cercare i corpi. Sapeva che cosa avrebbero trovato lì, anche dopo quasi tre anni. La cosa non gli piaceva affatto.
Non era preoccupato solo per sé. Stranamente, si sentiva male per il lago. L’azione di sommozzatori che esploravano e toccavano ogni angolo ed anfratto sommerso gli sembrava un atto osceno ed invadente, una violazione imperdonabile. Dopotutto, il lago non aveva commesso alcunché di male. Perché doveva essere violato?
Ad ogni modo, non ne era spaventato. Non avrebbero mai potuto risalire a lui tramite la vittima. Semplicemente, non sarebbe accaduto. Aveva finito con quel lago, in ogni caso. Non aveva ancora deciso dove lasciare la sua prossima vittima, ma era certo di prendere una decisione prima che la notte fosse terminata.
Ora la ragazza vivace stava guardando la sua auto. Cominciò a camminare verso di lui, sfacciata ad ogni suo passo.
L’uomo abbassò il finestrino del lato passeggero, e lei ci infilò dentro la testa. Era una latina dalla pelle scura, truccata pesantemente con una spessa matita che contornava le labbra, ombretto evidente e sopracciglia calcate che sembravano essere tatuate. Indossava degli orecchini dorati a forma di crocifissi.
“Bella macchina” osservò.
Lui sorrise.
“Che cosa ci fa una ragazza carina come te qui fuori a quest’ora?” chiese. “Non dovresti essere a letto da un pezzo?”
“Forse ti piacerebbe farmi salire” rispose, sorridendo.
I denti della prostituta lo colpirono: erano molto bianchi e dritti. In effetti, appariva davvero in forma, cosa piuttosto insolita lì per le strade, dove la maggioranza delle ragazze erano “aggiustate” in vari stadi della dipendenza da metanfetamina.
“Mi piace il tuo stile” le disse. “Molto chola.”
La donna rispose con un sorriso, lasciando intuire che lo considerava un complimento.
“Come ti chiami?” le domandò.
“Socorro.”
Ah “socorro” pensò. Parola spagnola per “aiuto.”
“Scommetto che dai un grande socorro” le disse in un tono lascivo.
I suoi profondi occhi castani risposero altrettanto lascivamente. “Forse tu potresti sfruttare il socorro proprio ora.”
“Forse potrei” le rispose.
Ma prima che potessero cominciare a parlare di denaro, un’auto si introdusse nello spazio dietro di lui. Sentì un uomo gridare dal finestrino del guidatore.
“¡Socorro!” gridò.“¡Vente!”
La ragazza si tirò su mostrando un debole sguardo d’indignazione.
“¿Porqué?” gli gridò di rimando.
“Vente aquí, ¡puta!”
L’uomo scorse una traccia di paura negli occhi della ragazza. Non poteva essere dovuto al fatto che l’uomo nell’auto l’avesse chiamata puttana. Immaginò che quello fosse il suo protettore, giunto a controllare quanto avesse incassato finora quella notte.
“¡Pinche Pablo!” Bofonchiò l’insulto a bassa voce. Poi, si diresse verso l’auto.
L’uomo rimase seduto lì, chiedendosi se la donna avrebbe deciso di tornare, ancora intenzionata a fare affari con lui. In ogni caso, la cosa non gli piaceva. Aspettare in quel modo non era nel suo stile.
Il suo interesse per la ragazza svanì improvvisamente. No, non avrebbe perso altro tempo con lei, che non aveva idea di quanto fosse fortunata.
Inoltre, che cosa ci faceva in quei bassifondi? La sua prossima vittima doveva essere più elegante.
Chiffon, pensò. Aveva quasi dimenticato Chiffon. Ma forse la sto soltanto riservando per un’occasione speciale.
Poteva aspettare. Non doveva essere quella sera. Se ne andò, felice di dimostrare quella capacità di autocontrollo, nonostante le sue enormi voglie. La considerava una delle sue migliori qualità.
Dopotutto, era un uomo molto evoluto.
Capitolo Dieci
Le tre giovani donne nella sala degli interrogatori non sembravano affatto come Riley si aspettava. Per alcuni istanti, si limitò a guardarle attraverso il falso vetro. Erano vestite con gusto, quasi come segretarie ben pagate. Le era stato detto che si chiamavano Mitzi, Koreen e Tantra. Naturalmente, Riley era certa che non fossero i loro veri nomi.
Dubitava anche che si vestissero altrettanto decentemente quando erano in servizio. Lavorando per circa 250 dollari l’ora, avevano senz’altro investito in elaborati guardaroba per soddisfare tutte le fantasie dei clienti. Erano state colleghe di Nancy “Nanette” Holbrook alla Ishtar Escorts. I vestiti che Nancy Holbrook indossava quando era stata uccisa erano decisamente meno morigerati. Ma, immaginava Riley, quando non erano a lavoro, le donne intendevano apparire rispettabili.
Sebbene le prostitute avessero giocato un ruolo in alcuni dei casi a cui Riley aveva indagato in passato, questa era la prima volta che le era stato assegnato un caso, in cui erano direttamente loro le vittime.
Quelle donne erano potenziali vittime, già di per sé. Potevano anche essere potenziali sospette, sebbene praticamente tutti gli omicidi di questo genere fossero commessi da uomini. Riley era sicura che loro non fossero i mostri a cui lei dava la caccia per lavoro.
Era il tardo pomeriggio di una domenica. La notte precedente Riley e Bill si erano ritirati nelle loro confortevoli stanze d’albergo, a poca distanza dall’edificio dell’FBI. Riley aveva telefonato ad April, che era in un albergo di Washington, DC, in gita scolastica. La ragazza si era dimostrata allegra e felice, e aveva avvertito la madre che non avrebbe affatto avuto tempo per telefonate. “Ti scriverò domani” April le aveva detto, gridando per superare il tipico rumore adolescenziale di fondo.
Riley ne aveva avuto abbastanza, quella giornata era andata sprecata.