A Ogni Costo . Джек Марс

A Ogni Costo  - Джек Марс


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conosco quest’uomo.”

      Luke fece un respiro profondo. Normalmente, avrebbe avuto ore per interrogare un soggetto del genere. Oggi aveva minuti. Ciò significava che forse avrebbe dovuto imbrogliare un po’.

      “Perché il computer è imbullonato al pavimento?”

      Nassar scrollò le spalle. Cominciava a riacquistare fiducia in sé. Luke poteva quasi vederla riemergere. L’uomo credeva in se stesso. Pensava di riuscire a ostacolarli.

      “C’è un bel po’ di materiale confidenziale lì. Ho dei clienti che sono coinvolti in transazioni commerciali sulla proprietà intellettuale. E io sono, come ho detto, un diplomatico assegnato alle Nazioni Unite. Di tanto in tanto ricevo comunicazioni che sono… come definirle? Secretate. Occupo questa posizione perché sono noto per la mia discrezione.”

      “Può essere,” disse Luke. “Ma avrò bisogno che lei mi dia la password in modo che possa dare un’occhiata io stesso.”

      “Temo che non sarà possibile.”

      Dietro a Nassar, Ed rise. Sembrava un grugnito.

      “Sarà sorpreso nello scoprire che cosa è possibile,” disse Luke. “Le cose stanno così, noi accederemo a quel computer. E lei ci darà la password. Ora, c’è un modo facile per farlo, e c’è un modo difficile. La scelta è sua.”

      “Non mi farete del male,” disse Nassar. “Siete già in guai seri.”

      Luke guardò Ed. Ed si mosse e si chinò alla destra di Nassar. Prese la mano destra di Nassar nelle sue forti mani.

      Ed e Luke si erano conosciuti la prima volta la scorsa notte, ma stavano già cominciando a lavorare insieme senza comunicazione verbale. Era come se si leggessero nella mente a vicenda. A Luke era già capitato in passato, di solito con tizi che avevano fatto parte di unità speciali come la Delta. Alla relazione di solito occorreva più tempo per svilupparsi.

      “Lo suona, quel piano?” chiese Luke.

      Nassar annuì. “Ho studiato musica classica. Quand’ero giovane, ero un pianista concertista. Suono ancora per divertimento.”

      Luke si accovacciò per essere all’altezza dello sguardo di Nassar.

      “Tra un attimo, Ed le spezzerà le dita. Le sarà difficile poi suonare il piano. E farà male, probabilmente parecchio. Non sono sicuro che sia il tipo di dolore a cui un uomo come lei è abituato.”

      “Non lo farete.”

      “La prima volta, conterò fino a tre. Per darle qualche ultimo secondo per decidere cosa vuole fare. A differenza sua, noi avvertiamo le persone prima di ferirle. Noi non rubiamo materiale radioattivo con l’obiettivo di uccidere milioni di innocenti. Diavolo, se la caverà con poco in confronto a ciò che farà agli altri. Ma dopo questa prima volta, non ci saranno più avvertimenti. Mi limiterò a guardare Ed, e lui lei spezzerà un altro dito. Capito?”

      “Le toglierò il lavoro,” disse Nassar.

      “Uno.”

      “Lei è un omuncolo senza alcun potere. Si pentirà di essere venuto qui.”

      “Due.”

      “Non si azzardi!”

      “Tre.”

      Ed spezzò il mignolo di Nassar a livello della seconda nocca. Lo fece velocemente, con pochissimo sforzo. Luke sentì lo scricchiolio appena prima che Nassar urlasse. Il mignolo sporgeva storto di lato. C’era qualcosa di osceno nell’angolo che faceva.

      Luke mise la mano sotto al mento di Nassar e gli sollevò la testa. Nassar digrignava i denti. Aveva il viso arrossato e respirava a sussulti. Ma lo sguardo era severo.

      “Era solo il mignolo,” disse Luke. “Il prossimo sarà il pollice. I pollici fanno molto più male dei mignoli. E sono anche più importanti.”

      “Siete animali. Non vi dirò niente.”

      Luke guardò Ed. Aveva un’espressione seria. Scrollò le spalle e spezzò il pollice. Questa volta lo schiocco fu forte.

      Luke si alzò in piedi e lasciò che l’uomo strillasse per un attimo. Il suono era assordante. Poteva sentirne l’eco nell’appartamento, come le grida dei film horror. Forse sarebbe stato il caso di prendere un asciugamano dalla cucina da usare come bavaglio.

      Camminava avanti e indietro per la stanza. Non gli piacevano queste cose. Era tortura, ne era consapevole. Ma le dita dell’uomo sarebbero guarite. Se una bomba sporca fosse scoppiata su un treno della metro, sarebbero morte molte persone. I sopravvissuti si sarebbero ammalati. Nessuno sarebbe mai guarito. Paragonando le due cose, le dita dell’uomo e i morti su un treno, la decisione era facile da prendere.

      Nassar adesso piangeva. Del muco trasparente gli usciva da una delle narici. Respirava come un pazzo. Faceva huh-huh-huh-huh.

      “Mi guardi,” disse Luke.

      L’uomo fece quello che gli era stato detto di fare. Lo sguardo non era più severo.

      “Ho visto che il pollice ha catturato la sua attenzione. Poi lavoreremo sul pollice sinistro. Dopodiché, cominceremo con i denti. Ed?”

      Ed si spostò alla sinistra dell’uomo.

      “Kahlil Gibran,” Nassar rantolò.

      “Cosa? Non ho sentito.”

      “Kahlil underscore Gibran. È la password.”

      “Come lo scrittore?” chiese Luke.

      “Sì.”

      “Ma cosa significa lavorare con amore?” disse Ed, citando Gibran.

      Luke sorrise. “Significa tessere la tela con fili tirati dal tuo stesso cuore, come se quella tela dovesse essere indossata dal tuo caro. Ce l’abbiamo appeso al muro della cucina. Mi piace questa roba. Credo che siamo tre inguaribili romantici.”

      Luke andò al computer e fece volare le dita sul touchpad. Si aprì la schermata per l’inserimento della password. La scrisse.

      Kahlil_Gibran

      Apparve lo schermo del desktop. Lo sfondo era una foto di montagne con le punte coperte di neve, con prati gialli e verdi in primo piano.

      “Sembra che finalmente ci siamo. Grazie, Ali.”

      Luke tirò fuori un hard disk esterno che gli aveva dato Swann dalla stretta tasca dei pantaloni cargo. Lo collegò a una porta USB. La memoria esterna aveva una grande capacità. Avrebbe dovuto ingoiare facilmente tutto il computer del tizio. Potevano preoccuparsi più tardi di decifrare le informazioni.

      Cominciò il trasferimento file. Sullo schermo, apparve una barra orizzontale vuota. La barra cominciò a riempirsi da sinistra con il colore verde. Tre percento verde, quattro percento, cinque. Sotto la barra, un casino di nomi di file apparivano e scomparivano una volta copiati sul drive di destinazione.

      Otto percento. Nove percento.

      Fuori dalla stanza principale ci fu un improvviso fracasso. La porta si aprì con uno schianto. “Polizia!” urlò qualcuno. “Lasciate cadere le armi! A terra!”

      Si muovevano nell’appartamento, buttando giù cose, spalancando porte. Sembrava che fossero in parecchi. Sarebbero arrivati tra pochissimo.

      “Polizia! A terra! A terra! Buttatevi a terra!”

      Luke guardò la barra orizzontale. Sembrava bloccata al dodici percento.

      Nassar fissava Luke. La palpebre gli scendevano pesanti sugli occhi. Gli uscivano delle lacrime. Gli tremavano le labbra. Aveva la faccia rossa, e il suo corpo quasi nudo era tutto sudato. Non aveva l’aria innocente né trionfante.

      Capitolo 13

      7:05 a.m.

      Baltimora,


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