Solo chi è valoroso. Морган Райс
Genevieve sapeva tutto perfettamente, dato che era stata lei stessa a rallentare il messaggio. Era stato tutto ciò che aveva potuto fare, eppure non le era sembrato abbastanza, dato ciò che Royce aveva fatto e subito per lei. Ad ogni modo, riuscì a mantenere il volto impassibile, fingendo innocenza, dato che quella era letteralmente l’unica difesa che aveva in quel momento.
“Mio signore, non capisco,” disse. “Avete detto voi stesso che sono solo una contadina. Come avrei mai potuto fare qualcosa per fermare un messaggio del genere?”
D’istinto cadde in ginocchio, muovendosi lentamente in modo da non farsi male con la spada che aveva puntata contro.
“Sono stata onorata dalla vostra famiglia,” disse. “Sono stata scelta da vostro nipote, il duca. Sono diventata sua moglie e sono così cresciuta di rango. Vivo come non avrei mai potuto sperare prima. Perché dovrei mettere a rischio tutto questo. Se veramente credete che io sia una traditrice, allora colpite, mio signore. Colpite.”
Genevieve tenne alta la sua innocenza come fosse uno scudo, sperando solo che fosse sufficiente per sconfiggere la spada che avrebbe altrimenti potuto colpirla. Lo sperava e non lo sperava allo stesso tempo, perché proprio in quel momento forse un colpo al cuore poteva essere la soluzione più adeguata, dato il male che provava per come erano andate le cose con Royce. Guardò dritto negli occhi lo zio di Altfor, rifiutandosi di distogliere lo sguardo, rifiutandosi di dare un minimo accenno di ciò che aveva fatto. L’uomo tirò indietro la spada, come a voler infliggere il colpo fatale… poi la abbassò.
“Pare, caro Altfor, che tua moglie abbia in sé più acciaio di te.”
Genevieve riuscì a fare un respiro e si alzò in piedi mentre suo marito avanzava a grandi passi.
“Zio, basta con questi giochetti. Io sono il duca qui, e mio padre…”
“Mio fratello è stato tanto sciocco da cederti una proprietà, ma non facciamo finta che questo ti renda un vero duca,” disse Alistair. “Per quello ci vuole capacità di guida, disciplina, e il rispetto dei tuoi uomini. Non possiedi nessuna di queste qualità.”
“Potrei ordinare ai miei uomini di trascinarti in una prigione,” rispose seccamente Altfor.
“E io potrei ordinare loro di fare lo stesso,” ribatté Alistair. “Dimmi, a chi dei due credi che ubbidirebbero? Al meno preferito tra i figli di mio fratello, o al fratello che ha già guidato degli eserciti? A quello che ha perso l’assassino colpevole di tutto questo o a quello che ha eretto il muro delle uccisioni a Haldermark? A un ragazzo o a un uomo?”
Genevieve poteva immaginare la risposta a quella domanda, e la piega che potevano prendere le cose non le piaceva. Che le piacesse o no, lei era la moglie di Altfor, e se suo zio decideva di sbarazzarsi di lui, lei non aveva grosse illusioni riguardo a ciò che le sarebbe potuto capitare. Velocemente si portò accanto a suo marito, mettendogli una mano sul braccio in quello che poté probabilmente apparire come un gesto di supporto, anche se stava tentando di ricordargli di trattenersi.
“Il ducato è stato portato a terra,” disse Alistair. “Mio fratello ha fatto degli errori, e fino a che non saranno corretti, provvederò affinché le cose vadano gestite nel modo adeguato. C’è qui qualcuno che ha intenzione di mettere in discussione il mio diritto a farlo?”
Genevieve non poté fare a meno di notare che l’uomo aveva ancora la spada in mano, ovviamente in attesa del primo che avesse osato dire qualcosa. Ovviamente doveva essere Altfor.
“Ti aspetti che ti giuri fedeltà?” chiese Altfor. “Ti aspetti che mi inginocchi davanti a te quando invece mio padre mi ha fatto duca?”
“Sono due le cose che possono fare un duca,” disse con tono secco Alistair. “L’ordine di un governatore, o il potere di prenderselo. Le hai entrambe, nipote? O ti inginocchi?”
Genevieve si inginocchiò prima che lo facesse suo marito, tirandolo per il braccio per portarlo giù accanto a sé. Non è che realmente le interessasse la salvaguardia di Altfor, non dopo tutto quello che aveva fatto, ma in quel momento sapeva che sarebbe stata la salvezza anche per lei.
“Molto bene, zio,” disse Altfor a denti ovviamente stretti. “Obbedirò. Sembra che non abbia scelta.”
“No,” affermò Lord Alistair. “Non ce l’hai.”
Si guardò attorno nella stanza e tutti i presenti, uno alla volta, si inginocchiarono. Genevieve vide i cortigiani e anche i servitori farlo. Vide addirittura Moira mettersi in ginocchio, e una piccola furente parte di sé si chiese se la sua cosiddetta amica avrebbe tentato la fortuna seducendo lo zio di Altfor come aveva fatto con lui.
“Meglio,” disse lord Alistair. “Ora voglio che più uomini vadano alla ricerca del ragazzo che ha ucciso mio fratello. Bisogna che diventi un esempio. Niente giochetti questa volta, ma solo la morte che si merita.”
In quel momento un servitore entrò nella stanza di corsa, con indosso la livrea della casata. Genevieve lo vide spostare lo sguardo da Altfor a Lord Alistair, ovviamente cercando di decidere a chi dovesse consegnare il messaggio. Alla fine fece ciò che Genevieve considerò essere la scelta più ovvia e si voltò verso lo zio di Altfor.
“Mio signore, mi perdoni,” disse, “ma c’è una sommossa nelle strade qua sotto. La gente sta insorgendo nelle terre del precedente duca. Abbiamo bisogno di voi.”
“Per sedare dei contadini?” disse lord Alistair con una smorfia. “Molto bene. Prendete gli uomini che avanzano dalla ricerca e dite loro di venirmi incontro in cortile. Faremo vedere a questa marmaglia ciò che è capace di fare un vero duca!
Uscì a grandi passi dalla stanza, appoggiandosi alla sua spada ora rinfoderata. Genevieve osò trarre un profondo sospiro, ma il suo sollievo ebbe vita breve. Altfor si stava già rimettendo in piedi e la sua rabbia era palpabile.
“Uscite tutti!” gridò ai cortigiani lì riuniti. “Uscite e aiutate mio zio a sedare questa rivolta, o aiutate a dare la caccia al traditore, ma non venite qui a chiedermi niente!”
Tutti iniziarono ad andarsene, e Genevieve fece per alzarsi in piedi per andare con loro, ma sentì la mano di Altfor sulla spalla che la tratteneva.
“Tu no, moglie.”
Mentre Genevieve aspettava, la sala si svuotò lasciando solo lei, un paio di guardie e, peggio di ogni cosa, Moria a guardare da un angolo con un’espressione che non tentava neanche di mostrare simpatia.
“Tu,” disse Altfor,” ora devi dirmi che ruolo hai giocato nella fuga di Royce.”
“Non… non so cosa tu voglia dire,” disse Genevieve. “Sono stata qui tutto il tempo. Come avrei potuto…”
“Stai zitta,” rispose seccamente Altfor. “Se la cosa non mi mettesse in luce come un uomo incapace di controllarti, te le darei di santa ragione per avermi reputato uno stupido. È ovvio che hai fatto qualcosa: qui nei paraggi non c’è nessun altro cui importi di quel traditore.”
“Ci sono folle intere nelle strade che potrebbero dare prova del contrario,” disse Genevieve, alzandosi in piedi. Non aveva paura di Altfor nel modo in cui temeva suo zio.
No, non era vero. Aveva paura di lui, ma era un tipo di paura diverso. Con Altfor era la paura di improvvisa violenza e crudeltà, ma un’apparente sottomissione non avrebbe fatto nulla per porvi rimedio.
“Le folle?” disse Altfor. “Ora mi prendi in giro con le sommosse? Pensavo che avessi imparato la lezione sul farmi arrabbiare, ma ovviamente non è così.”
Ora la paura tornò addosso a Genevieve, perché l’espressione negli occhi di Altfor prometteva qualcosa di ben peggiore della violenza contro di lei.
“Pensi di essere al sicuro perché credi che non farei mai del male a mia moglie,” disse Altfor. “Ma ti avevo detto le cose che sarebbero successe se mi avessi disobbedito. Troveranno il tuo amato Royce, e lo faremo uccidere. E se avrò voce in capitolo, accadrà molto più lentamente di quanto mio