Soldato, Fratello, Stregone . Морган Райс
ovviamente lì per aprirli. C’erano almeno una dozzina di guardie attorno ad essa in cerchio, nel tentativo di proteggerla e tenere alla larga l’orda di gente di fuori. Altri stavano agli archi, pronti a colpire chiunque cercasse di aprire i cancelli.
Ceres corse verso la ruota senza esitare.
Colpì nel mezzo l’armatura di una guardia, tirò fuori la sua spada e si abbassò sotto al colpo di un altro. Fece ruotare la spada contro il suo polpaccio, saltò in piedi e ne colpì un terzo. Sentì una freccia colpire i sassi e tirò una lama sentendo le grida quando andò a segno. Rubò la spada di una guardia morente, si riunì alla battaglia e in un istante gli altri furono con lei.
Nei momenti successivi ci fu il caos, perché le guardie sembravano capire che quella era la loro ultima possibilità di tenere fuori la ribellione. Uno si presentò contro Ceres con due spade e lei lottò con lui colpo dopo colpo, sentendo l’impatto mentre parava ogni fendente, probabilmente più veloce di quanto la maggior parte degli altri potesse fare. Poi tirò fra i colpi prendendo la guardia alla gola e spostandosi in avanti prima che potesse collassare a terra, usandolo come scudo umano per parare il colpo di un’ascia diretto contro un combattente.
Non poteva salvarli tutti. Attorno a lei Ceres vedeva una violenza che sembrava non potersi mai fermare. Vide uno dei combattenti che era sopravvissuto all’arena che guardava una spada che gli trafiggeva il petto. Tirò verso il suo aggressore mentre cadeva, colpendolo con un ultimo colpo della sua lama. Ceres vide un altro uomo che lottava contro tre guardie. Ne uccise una, ma mentre lo faceva la sua lama rimase incastrata e un altro poté pugnalarlo al fianco.
Ceres si lanciò in avanti, abbattendo tutti quelli che erano rimasti. Attorno a lei la battaglia per la ruota che apriva la porta imperversò verso la sua inevitabile conclusione. Era inevitabile, perché di fronte ai combattenti le guardie apparivano come granturco maturo in attesa di essere mietuto. Questo però non rese certo la violenza meno reale, e neppure la minaccia. Ceres si abbassò giusto in tempo evitando un colpo di spada e tirò indietro l’aggressore in mezzo agli altri. Non appena lo spazio fu libero, Ceres mise le mani sulla ruota e spinse con tutta la forza datale dai suoi poteri. Sentì il cigolio delle carrucole e il lento scricchiolio delle porte che iniziavano ad aprirsi.
La gente si riversò all’interno inondando il castello. Suo padre e suo fratello furono tra i primi ad entrare e corsero ad unirsi a lei. Ceres fece cenno con la spada.
“Sparpagliatevi!” gridò. “Prendete il castello. Uccidete solo quelli che dovete uccidere. Questo è un momento di libertà, non di massacro. Oggi l’Impero cade!”
Ceres andò a capo dell’ondata di gente, dirigendosi verso la sala del trono. In tempi di crisi la gente sarebbe andata lì per cercare di capire cosa stesse succedendo, e Ceres immaginò che coloro che si occupavano del castello sarebbero rimasti fintanto che avessero osato, cercando di mantenere il controllo.
Attorno a lei vide la violenza che esplodeva, impossibile da contenere, impossibile da rallentare. Vide un giovane nobiluomo portarsi davanti a loro, e la folla gli andò addosso, colpendolo con qualsiasi arma potessero trovare. Una servitrice si mise in mezzo e Ceres la vide spinta contro il muro e pugnalata.
“No!” gridò Ceres vedendo alcune persone comuni che iniziavano ad afferrare la tappezzeria o a rincorrere i nobili. “Siamo qui per fermare tutto questo, non per fare razzia!”
Ma la verità era che era ormai troppo tardi. Ceres vide i ribelli rincorrere uno dei servitori, mentre altri afferravano gli ornamenti dorati che riempivano il castello. Aveva lasciato entrare là dentro un’ondata enorme, e ora non c’era speranza di farla tornare indietro solo con le parole.
Uno squadrone di guardie del corpo stava davanti alle porte del grande salone. Sembravano formidabili con le loro armature dorate, rigonfie in quella che appariva una finta muscolatura e decorate da immagini disegnate per intimidire.
“Arrendetevi e non vi faremo del male,” promise Ceres, sperando di poter mantenere la parola data.
Le guardie del corpo non si fermarono neanche. Si lanciarono in avanti con le spade sguainate e in un istante ci fu di nuovo il caos. Le guardie del corpo erano tra i migliori guerrieri dell’Impero, con abilità che derivavano da lunghe ore di allenamento. Il primo a lanciarsi in avanti fu abbastanza veloce che anche Ceres dovette portare la sua lama in alto abbastanza nettamente da intercettare il colpo.
Parò di nuovo e la sua seconda lama scivolò attorno a quella della guardia del corpo colpendo l’uomo alla gola. Accanto a lei poté udire i versi di gente che lottava e moriva, ma non osò guardarsi indietro. Era troppo impegnata a respingere un altro avversario, spingendolo nell’ondeggiante mischia.
Poi non ci furono altro che corpi che crollavano. Le spade sembravano emergere dalla massa come da una vorticante pozza di carne. Vide un uomo schiantato contro le porte, spinto lì dal peso della gente dietro di lui, proprio come spingevano lei in avanti.
Ceres aspettò fino a che non fu più vicina, poi diede un calcio alla porta della grande sala. I cancelli dei castello erano stati solidi, ma queste si aprirono di schianto sotto il potere del suo colpo, ruotando indietro fino a sbattere contro le pareti da entrambi i lati.
All’interno della grande sala Ceres vide gruppi di nobili che aspettavano come se insicuri su dove andare. Sentì diverse delle nobildonne che gridavano come se alcune orde di assassini fossero discesi su di loro. Da dove stavano Ceres immaginò che probabilmente non fosse poi tanto diverso dal solito.
Vide la regina Atena in mezzo al gruppo, seduta sull’alto trono che doveva essere stato del re, affiancata da un paio delle più robuste guardie del corpo lì presenti. Corsero in avanti all’unisono e Ceres avanzò per affrontarle.
Fece più che avanzare: rotolò.
Si lanciò in avanti tuffandosi sotto le lame che ruotavano, rimbalzando e rialzandosi con un fluido movimento. Si girò fendendo con entrambe le sue spade insieme e colpendo le guardie del corpo con tanta forza da perforare le loro armature. I due caddero senza emettere suono.
Un rumore riecheggiò al di sopra del fragore delle lame alla porta: la regina Atena che batteva le mani con deliberata lentezza.
“Oh, molto bene,” disse mentre Ceres si girava verso di le. “Molto elegante. Degna di ogni giullare. Quale sarà il tuo prossimo numero?”
Ceres non abboccò alla sua esca. Sapeva che ad Atena non erano rimaste altro che le parole. Ovviamente avrebbe cercato di trarne il massimo.
“Poi porterò l’Impero alla fine,” disse Ceres.
Vide la regina Atena fissarla con uno sguardo impassibile. “Con te al suo posto? Ecco che arriva il nuovo Impero, uguale al vecchio.”
Questo andò più a segno di quanto Ceres avesse voluto. Aveva udito le grida dei nobili mentre i ribelli con lei si erano sparpagliati come un incendio selvaggio nel castello. Aveva visto alcuni di quelli che avevano abbattuto.
“Io non sono per niente come te,” disse Ceres.
Per un momento la regina non rispose. Invece rise, e alcuni dei nobili si unirono a lei, ovviamente da lungo abituati a ridacchiare a comando quando la loro regina trovava divertente qualcosa. Altri sembravano fin troppo spaventati e si ritrassero.
Allora Ceres sentì la mano di suo padre sulla spalla. “Non sei per niente come loro.”
Ma non c’era tempo di pensare a questo, perché la folla attorno a Ceres stava diventando inquieta.
“Cosa facciamo con loro?” chiese uno dei combattenti.
Un ribelle diede una rapida risposta. “Uccidiamoli!”
“Uccidiamoli! Uccidiamoli!” divenne un canto e Ceres vide l’odio crescere in mezzo alla folla. Assomigliava fin troppo alle grida che c’erano state nell’arena, desiderose di sangue. Che chiedevano sangue.
Un uomo si fece avanti diretto verso una delle nobildonne con un coltello in mano. Ceres reagì di istinto e questa volta fu veloce abbastanza. Andò a colpire l’aspirante assassino