La Bugia di un Vicino. Блейк Пирс
href="#litres_trial_promo">CAPITOLO VENTI
PROLOGO
Lavorare come tata non era la vita che Kim Wielding aveva immaginato per se stessa, ma in realtà era abbastanza piacevole. Il che era sorprendente, considerando che, quando aveva vent'anni, la carriera che voleva intraprendere a Washington DC era incentrata sulle campagne elettorali e sulla stesura di discorsi per candidati meno in vista. E ce l’aveva quasi fatta.
Quasi.
Ma la vita andava in modi imprevisti.
Adesso, all'età di trentasei anni, il suo sogno di lavorare a Washington era abbandonato da tempo. Kim aveva un’altra ambizione: scrivere il Grande Romanzo Americano nei momenti liberi. Dopo che un candidato promettente per cui aveva lavorato era stato miseramente sconfitto, si era fatta in disparte per un po’, ed era stato proprio in quel periodo che le era capitato di trovare lavoro come tata. Non le era mai passato per la mente l’idea di lavorare con i bambini, ma si scoprì adatta a quel ruolo.
Kim ripensò al suo primo impiego come tata seduta al tavolo della cucina di Bill e Sandra Carver. Era difficile credere che fossero passati più di dieci anni. Quel periodo aveva in qualche modo offuscato i ricordi di quando lavorava a Washington, scrivendo discorsi pieni di speranza e solo un pizzico di menzogna.
Aveva il computer portatile aperto davanti a sé. Aveva scritto quarantamila parole del suo libro. Più o meno era a metà. Forse sarebbe riuscita a terminarlo in altri sei mesi, o giù di lì. Tutto dipendeva dalla direzione che avrebbero preso le vite dei tre figli dei Carver. Il più grande, Zack, quell'anno era in prima superiore e si stava appassionando sempre di più al football. Il figlio di mezzo, Declan, giocava a calcio. E se la più giovane, Madeline, avesse proseguito con la ginnastica artistica, per Kim si prospettavano mesi frenetici per accompagnarli alle varie attività sportive.
Chiuse il computer e si guardò intorno nella cucina. Stava scongelando del pollo per cena; aveva già pulito tutti i ripiani, lavato i piatti e messo in lavatrice il quarto carico di biancheria. Non aveva nient’altro da fare fino al ritorno dei ragazzi. Ecco perché era riuscita a lavorare al suo libro negli ultimi quarantacinque minuti.
Guardò l'orologio e vide che il tempo era scivolato via senza che se ne accorgesse; iniziava a rendersi conto che era qualcosa che le tate sperimentavano spesso. Sarebbe dovuta partire per andare a prendere i ragazzi a scuola tra quindici minuti... e non era un'impresa da poco, visto che ognuno di loro frequentava una scuola diversa: la più piccola era alle elementari, quello di mezzo alle medie e il più grande alle superiori. In tutto ci impiegava poco più di un'ora per prelevarli da scuola e riaccompagnarli a casa. Non era male come sembrava, però, dato che Kim aveva recentemente scoperto quanto fossero meravigliosi gli audiolibri per far passare il tempo in macchina.
Si alzò e controllò il pollo nel lavandino, che era quasi scongelato; quindi tolse il carico di panni dalla lavatrice mettendolo nell’asciugatrice e preparò gli aromi per condire il pollo. Aveva appena appoggiato la paprica sul bancone, quando qualcuno bussò alla porta d’ingresso.
Era un evento abbastanza comune nella famiglia Carver. Sandra Carver era una fissata di Amazon, e Bill Carver riceveva spesso documenti di lavoro tramite corriere. Kim afferrò la borsa, pensando di partire direttamente per andare a prendere i ragazzi dopo aver ritirato il pacco.
Aprì la porta con lo sguardo puntato verso il basso, aspettandosi di vedere il foglio delle consegne da firmare, quindi le ci volle un secondo per capire che non era un corriere la persona davanti a lei. Quando sollevò lo sguardo per vedere il volto della persona, qualcosa le coprì la visuale.
Qualunque cosa fosse, la colpì brutalmente in faccia, esattamente in mezzo agli occhi. Il rumore di ossa spezzate fu assordante, ma Kim ebbe a malapena il tempo di udirlo, prima di cadere a terra.
Quando colpì il pavimento, batté forte con la nuca. Sentì il sangue uscirle dal naso, mentre incespicava arretrando.
La persona sulla soglia entrò, chiudendo la porta dietro di sé con fare tranquillo. Kim tentò di urlare, ma aveva troppo sangue nel naso, che le scendeva in gola e nella bocca. Tossì, quasi soffocando, e la persona fece un deciso passo avanti.
Sollevò di nuovo quell'oggetto contundente – un tubo di piombo, realizzò Kim vagamente, mentre il dolore si abbatteva su di lei come un uragano – e fu l'ultima cosa che vide.
Prima del colpo di grazia, l’ultimo pensiero di Kim Wielding fu alquanto bizzarro: morì chiedendosi cosa ne sarebbe stato del pollo che si stava ancora scongelando nel lavandino dei Carver.
CAPITOLO UNO
Per via del modo in cui era iniziata la sua vita – con la madre morta, il padre in carcere e i nonni sempre con il fiato sul suo collo – Chloe Fine spesso preferiva fare le cose da sola. Le persone a volte la definivano un’introversa patologica ma, per quanto la riguardava, le andava bene così. Era proprio grazie al suo carattere se aveva ottenuto voti eccezionali a scuola ed era riuscita a completare la sua formazione all’Accademia dell’FBI.
Ma era sempre il suo carattere che l'aveva portata a traslocare nel suo nuovo appartamento senza l’aiuto di una singola persona. Certo, avrebbe potuto ingaggiare una società di traslochi, ma i nonni le avevano insegnato il valore dei soldi. E siccome aveva braccia forti, una schiena forte e una mentalità testarda, aveva deciso di fare tutto da sola. Del resto, aveva solo due mobili pesanti. Tutto il resto avrebbe dovuto essere una passeggiata.
Scoprì che non era esattamente così quando ebbe finalmente finito di trascinare il suo comò su per le scale fino al secondo piano – con l'aiuto di un carrello, diverse cinghie e un vano scale fortunatamente ampio. Certo, alla fine ce l’aveva fatta, ma era quasi sicura di essersi stirata un muscolo o due.
Aveva lasciato il comò per ultimo, sapendo che sarebbe stata la parte più difficile del trasloco. Aveva riempito di proposito gli scatoloni solo a metà, sapendo che avrebbe dovuto sollevarli da sola. Immaginò che avrebbe potuto chiamare Danielle, e lei l’avrebbe aiutata volentieri, ma Chloe non era mai stata il tipo che chiedeva favori alla famiglia.
Scansando alcuni scatoloni pieni di libri e quaderni, si accasciò nella poltrona che aveva fin dal suo secondo anno di università. Il pensiero di far venire Danielle per aiutarla a sistemare l’appartamento era allettante. Le cose tra loro non erano più così tese, da quando Chloe aveva scoperto la verità su ciò che era accaduto tra i loro genitori quando lei e Danielle erano ancora delle bambine, ma c'era sicuramente qualcosa di diverso. Entrambe erano ben consapevoli della presenza del padre che incombeva su di loro, insieme alla verità su ciò che aveva fatto e i segreti che custodiva. Chloe sentiva che ognuna di loro stava affrontando la situazione a modo suo, e sapeva che avevano opinioni diverse.