Adescamento. Блейк Пирс

Adescamento - Блейк Пирс


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estivo, ed era uno dei motivi principali per cui stava pensando di diventare agente dell’FBI.

      Con voce rotta, Riley chiese: “Vuoi che lasci perdere? Vuoi che non vada a Quantico domani?”

      Ryan replicò: “Non importa ciò che voglio.”

      Ora Riley faticava a trattenere le lacrime.

      “Invece sì, Ryan” lei disse. “Importa molto.”

      Ryan e Riley si fissarono per quello che sembrò un lungo istante.

      Poi, lui aggiunse: “Immagino di sì. Voglio che tu smetta, voglio dire. So che l’hai trovato emozionante. E’ stata una grande avventura per te. Ma è ora che noi due ci sistemiamo entrambi. E’ ora che proseguiamo con le nostre vere vite.”

      Improvvisamente, a Riley parve di essere precipitata in un incubo, da cui non riusciva a svegliarsi.

      Le nostre vere vite! pensò.

      Che cosa significava quell’espressione?

      E perché lei non ne conosceva il significato?

      Ma c’era una cosa soltanto che sapeva per certa …

      Non vuole che vada a Quantico.

      Poi, Ryan disse: “Ascolta, puoi fare ogni genere di lavoro qui a Washington D.C. E hai molto tempo per pensare che cosa intendi fare nel lungo termine. Dopo tutto, non importa se guadagni molto. Non ci stiamo arricchendo con il mio lavoro allo studio legale, ma ce la stiamo cavando, e, alla fine, per me andrà molto bene.”

      Ryan riprese a mangiare; sembrava stranamente sollevato, come se avessero appena risolto ogni cosa.

      Ma era proprio così? Riley aveva trascorso tutta l’estate a sognare l’Accademia dell’FBI. Non riusciva ad immaginare di arrendersi e rinunciare proprio ora.

      No, pensò. Non posso proprio farlo.

      Avvertì la rabbia montare dentro di sé.

      Con voce tesa, replicò: “Mi spiace che tu ti senta in quel modo. Ma non cambio idea. Domani andrò a Quantico.”

      Ryan la guardò, come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie.

      Riley si alzò da tavola e disse: “Goditi il resto della cena. C’è una cheesecake in frigo. Sono stanca. Vado a farmi una doccia e poi a letto.”

      Prima che Ryan potesse rispondere, Riley si precipitò in bagno. Pianse per qualche minuto, poi fece una lunga doccia calda. Infilò le pantofole, indossò l’accappatoio, ed uscì dal bagno. Vide Ryan seduto in cucina: aveva sparecchiato la tavola e stava lavorando al computer; non sollevò lo sguardo.

      Riley andò in camera, si infilò a letto, e ricominciò a piangere.

      Mentre si asciugava le lacrime e si soffiava il naso, si chiese …

      Perché sono così arrabbiata?

      Ryan si sbaglia?

      E’ lui il colpevole di questo?

      I suoi pensieri erano un tale caos, che non riusciva a riflettere lucidamente. E un terribile ricordo cominciò a farsi strada nella sua mente: quando si era svegliata nel suo letto in preda ad un dolore acuto e aveva visto che era impregnata di sangue …

      Il mio aborto.

      Si trovò a chiedersi se quella fosse una delle ragioni per cui Ryan non voleva che entrasse a far parte dell’FBI. Nei giorni in cui si era verificato, era stata sottoposta a grande stress per il caso del Killer Pagliaccio. Ma la dottoressa dell’ospedale le aveva assicurato che quello non aveva nulla a che fare con l’aborto.

      Invece, aveva detto che era stato causato da “anomalie cromosomiche.”

      Ripensandoci, quella parola la disturbava …

      Anomalie.

      Si chiese se lei fosse in qualche modo, anormale, nel profondo, dove davvero contava?

      Era incapace di avere una relazione duratura, figurarsi una famiglia?

      Mentre scivolava nel sonno, ripensò all’unica cosa di cui aveva consapevolezza …

      Andrò a Quantico domani.

      Dormiva prima ancora di poter pensare a ciò che sarebbe potuto accadere in seguito.

      CAPITOLO DUE

      L’uomo gioì avvertendo il debole lamento della donna. Sapeva che doveva essere in procinto di riprendere conoscenza.

      Poi, la vide aprire leggermente gli occhi.

      Giaceva su un fianco su un rozzo tavolo di legno, in una stanza, caratterizzata da un lercio pavimento, pareti in mattoni di cemento, e un basso soffitto in legno. Era legata in una posizione raggomitolata, con del nastro adesivo. Le gambe erano piegate e legate strette al petto, e le mani erano avvolte intorno agli stinchi. La testa era inclinata lateralmente sopra le ginocchia.

      Quella vista gli ricordava l’immagine di feti umani, e anche di embrioni che talvolta aveva trovato, aprendo un uovo fresco, con un pulcino all’interno. La donna sembrava debole ed innocente, tanto che, in qualche modo, guardarla, era quasi commovente.

      Soprattutto, certo, gli ricordava un’altra donna: si chiamava Alice, almeno così credeva. Una volta, aveva pensato che Alice sarebbe stata l’unica che avrebbe trattato in questo modo, ma poi gli era piaciuto … e c’erano così pochi piaceri nella sua vita … come poteva smettere?

      “Fa male” la donna mormorò, come se venisse fuori da un sogno. “Perché fa male?”

      Lui sapeva che il dolore era dovuto al fatto che la donna giaceva su uno spesso letto costituito da filo spinato attorcigliato. Del sangue stava già scorrendo sul tavolo, e si sarebbe aggiunto alle macchie del vecchio legno. Non che importasse. Il tavolo era più vecchio di lui, che, peraltro, era la sola persona che l’avrebbe mai visto in ogni caso.

      Anche lui era ferito e sanguinava un po’. Si era tagliato, mentre metteva la donna nel pick-up con il filo spinato. Era stato più difficile farlo di quanto si aspettasse, perché la donna si era ribellata più di quanto avesse fatto la vittima precedente.

      Si era agitata e divincolata, mentre il cloroformio artigianale stava iniziando a fare effetto, Ma il suo divincolarsi si era indebolito, e lui era riuscito finalmente a sottometterla.

      Ciò nonostante, non si era molto preoccupato di ferirsi con il filo spinato. Sapeva, per esperienza, che quei tagli guarivano piuttosto in fretta, anche se lasciavano cicatrici terribili.

      Si chinò e guardò attentamente il volto della donna.

      Aveva gli occhi spalancati al limite dell’impossibile, ormai. Le iridi si contrassero, mentre lo guardava.

      Sta ancora provando ad evitare il mio sguardo, l’uomo intuì.

      Tutti agivano così con lui, ovunque andasse. Non biasimava le persone per provare a fingere che lui fosse invisibile, o che non esistesse affatto. Talvolta, si guardava allo specchio, e fingeva di poter scomparire.

      Poi, la donna mormorò di nuovo …

      “Fa male.”

      Oltre ai tagli, lui era certo che lei avesse un grande dolore alla testa, per la pesante dose di cloroformio artigianale. La prima volta che aveva mescolato gli ingredienti, infatti, era quasi svenuto, e, dopo, aveva patito un orribile mal di testa per giorni. Ma la preparazione aveva funzionato molto bene, perciò avrebbe continuato a farne uso.

      Adesso era ben preparato per ciò che stava per fare. Indossava degli spessi guanti da lavoro ora, e una giacca ben imbottita. Non si sarebbe più ferito, mentre svolgeva la sua opera.

      Passò a sbrogliare la massa di filo spinato, con un paio di tronchesine. Poi, ne strappò un pezzo, mettendolo stretto intorno al corpo della donna, e poi girò le estremità, facendone dei nodi improvvisati, per fissare il filo.


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