Prima Che Insegua. Блейк Пирс
ripeté Webber, e dal suo tono sembrava che stesse cercando di flirtare. Questo la metteva a disagio, ma non al punto da fare commenti che avrebbero reso la cosa imbarazzante.
“Conosci la città meglio di me. Ti dispiace guidare?”
“Per niente.”
“Webber, ti dispiace se ti chiedo una cosa? Hai mai lavorato con lo stesso partner per un lungo periodo?”
“Il mio ultimo partner è durato un anno e mezzo. È stato trasferito a Denver. Prima di lui, ho fatto coppia con agenti temporanei. So perché me lo chiedi. Mi dicono sempre che sembro un tipo strambo. Hanno usato esattamente questo aggettivo. Anche se io non lo userei mai.”
“Non direi strambo. Sembri... beh, sembra che ti piaccia un po' troppo il tuo lavoro. Ma non in modo ossessivo. Più come un ragazzino che va con il padre sul suo posto di lavoro... e il padre lavora con gli esplosivi o è un giocatore di football, o qualcosa del genere.”
Webber scoppiò in una risata che glielo fece piacere un po' di più. Era una risata sincera e fragorosa.
“Sono sicuro che nelle tue parole ci sia un insulto nascosto, ma non mi interessa. Perché sai, a volte mi sento davvero così... Mi piace il mistero di tutto questo. Gli enigmi, la risoluzione e tutto il resto. E, come ho detto, il fatto di essere in coppia con te.”
“Non significa assolutamente nulla” lo interruppe Mackenzie. “Senti, Webber, sono felice di lavorare con te e penso che possiamo concludere questa cosa abbastanza velocemente. E, per quanto ogni donna ami sentirsi dire quanto sia fantastica, ti chiedo di darci un taglio. Non sono migliore di te in quello che facciamo, per quanto ne so. Quindi cerchiamo di mantenere le cose alla pari, ok? Non sono un tuo superiore, e voglio che mi riferisci le tue idee e i tuoi pensieri senza esitazioni. Per quanto mi riguarda, possiamo entrambi ricevere l'elogio dei nostri supervisori quando tutto questo sarà finito. Che ne dici?”
Webber all'inizio sembrò confuso, ma annuì lentamente. “Certo, si può fare. Chiedo scusa. Non mi ero accorto di comportarmi ancora come un tuo fan sfegatato.”
“Non preoccuparti. C'è una parte di me che si diverte. Ma non è la parte di me che è particolarmente brava a risolvere i crimini.”
Webber apparentemente non aveva nulla da dire in proposito. Le fece semplicemente cenno di seguirlo con la mano, mentre si dirigevano verso la parte anteriore dell'edificio, uscendo in una mattina che sembrava ancora nuvolosa, e dove il cielo minacciava pioggia da un momento all'altro.
CAPITOLO SEI
Avrebbe voluto fare delle foto. La vista della sua caduta a terra era ancora fresca nella sua mente, così come la ferita sulla fronte. Ma sapeva che la memoria era imperfetta. Sapeva anche che, col passare del tempo, i suoi ricordi sarebbero probabilmente svaniti. Anche quelli migliori tendevano a indebolirsi con il passare degli anni.
E non voleva perdere quello.
Inoltre, era stata la sua prima uccisione. Ed era stato molto meglio di quanto si aspettasse.
Era andato a letto solo con due donne. La prima volta era stato con una prostituta, a diciannove anni. Le aveva detto di essere vergine e che voleva che lei fosse brutale con lui, ma anche che gli insegnasse delle cose. Lei aveva fatto entrambe le cose ed era stata un'esperienza incredibile.
Ma la sua prima uccisione era stata di gran lunga migliore della prima volta con una donna. Non si poteva nemmeno fare un paragone.
Avrei dovuto davvero fare una foto.
Ma sapeva che fotografare le sue vittime sarebbe stato stupido. Era praticamente un invito a farsi scoprire.
Anche ora, seduto davanti al computer nel suo appartamento buio, guardava le foto che la gente aveva messo online e si chiedeva quanto fossero stupidi a postare cose del genere. Erano foto di vittime di colpi d'arma da fuoco, di tassisti appena accoltellati, di persone cadute da grandi altezze, di un uomo investito da un Humvee. Persino sul dark web – che era praticamente l'unico che usava, ultimamente – il governo poteva scoprire cosa stavi guardando e cosa postavi.
E anche se non era un crimine guardare quel materiale, era illegale pubblicarlo, nella maggior parte dei paesi. E sapeva che quasi tutti quelli che pubblicavano quel tipo di materiale erano degli idioti. Chiedevano che la scure si abbattesse su di loro.
Beh, questo valeva per alcune persone. Ma non per lui. Con la sua formazione e i suoi tre anni di esperienza nel campo dell'informatica, sapeva come tutelarsi. La maggior parte degli idioti, invece, non lo sapeva. Ma questo non era un suo problema.
Guardò le immagini sullo schermo. I cadaveri. Il video di una vittima prossima alla morte, il solo segnale che fosse ancora viva era il rantolo che emetteva ogni cinque secondi. Le immagini delle persone bruciate vive in un incendio domestico, l'uomo che aveva filmato la morte della moglie mentre la soffocava a letto, mentre facevano sesso.
Immaginava che qualcuno lo avrebbe definito fuori di testa, che avesse qualche rotella fuori posto. Non credeva che fosse così, ma chi poteva saperlo? Qualcuno avrebbe anche potuto supporre che avesse avuto un'infanzia terribilmente traumatica, che avesse vissuto un'esperienza disumana che lo aveva fatto diventare così. Ma non era vero nemmeno quello. Aveva avuto un'infanzia fantastica con genitori amorevoli. Parlava ancora con loro almeno una volta alla settimana; sua madre si chiedeva ancora quando si sarebbe sistemato con una bella donna per dar loro dei nipoti.
Sua madre si era anche chiesta cosa fosse successo ai tre gatti che avevano avuto in cinque anni. Lui conosceva la risposta. Li aveva uccisi. Li aveva uccisi in modi diversi solo per vedere com'era. Solo per vedere la vita scivolare via dai loro occhi.
Non gli era piaciuto particolarmente. Non c'era stata molta lotta e, alla fine, gli era sembrato di stare soffocando un animale di peluche.
Ma con Sophie era stato diverso. Per Dio, era stato incredibile. Indescrivibile.
Perciò forse, e solo forse, c'era davvero qualcosa che non andava in lui. Molti direbbero che era così, ma a lui non sembrava.
No, niente di tutto ciò era vero. Lui stava benissimo. Gli piaceva solo guardare gli altri soffrire. Gli piaceva la vista della gente che moriva.
E gli piacevano anche le sfide. Le sfide erano quello che la Voce gli stava dando.
La Voce gli aveva lanciato diverse sfide negli ultimi mesi. All'inizio era iniziato lentamente, quasi per gioco. Spiare la coppia sposata in fondo alla strada mentre faceva sesso. Lanciare un mattone su un cane randagio dalla sua finestra, al quarto piano. Mandare per e-mail un allarme bomba a una scuola elementare locale.
La Voce aveva un nome, e lui lo conosceva. Ma gli piaceva chiamarlo la Voce. Così lo teneva lontano, facilitandogli lo svolgimento dei compiti, l'esecuzione degli ordini.
Le prime sfide erano state facili, anche se avrebbe voluto che il cane fosse morto subito dopo essere stato colpito dal mattone; ci faceva ancora gli incubi.
Dopo quei primi compiti, erano arrivate le vere sfide. Quelle sull'omicidio. La Voce sapeva cosa guardava quando andava online. A volte pensava che la Voce lo conoscesse meglio di quanto lui conoscesse se stesso, che la Voce fosse in qualche modo ai comandi dentro la sua testa.
Sì, alla fine la Voce gli aveva chiesto di uccidere, di vivere la sua fantasia piuttosto che sognarla mentre navigava nella rete oscura.
La Voce lo aveva sfidato. E lui aveva obbedito.
E adesso c'era un'altra sfida.
La Voce gliel'aveva lanciata circa un'ora prima. Era il motivo per cui stava scandagliando forum e video di contenuti tabù – contenuti che sapeva che lo avrebbero fatto finire in prigione se fosse stato scoperto.
Stava chiamando a raccolta il coraggio. Perché la Voce gli stava chiedendo di uccidere di nuovo. E questa volta voleva che lo facesse in pieno giorno.
L'idea era oltremodo elettrizzante... oltremodo eccitante. Era l'unica cosa a cui riusciva a pensare. Non era sicuro di come avrebbe