Il Volto della Morte. Блейк Пирс

Il Volto della Morte - Блейк Пирс


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d’oro. “Che cosa triste,” sospirò. “Povera Linda. Meritava di meglio.”

      “Come ti sono sembrati quando li hai interrogati?” domandò Zoe. Qualsiasi pista era importante, sebbene fosse ormai fermamente convinta che la scelta di questa Linda come vittima non fosse nulla di più dell’atto casuale di uno sconosciuto.

      Shelley alzò le spalle con impotenza. “Stupiti dalla notizia. Non addolorati. Non credo fossero molto uniti.”

      Zoe reagì domandandosi a chi sarebbe importato di lei o chi sarebbe venuto a vedere il suo cadavere se fosse morta, e sostituì quel pensiero con la frustrazione. Non era difficile da capire. Si trattava di un altro punto morto … letteralmente. Linda non aveva più alcun segreto da rivelare.

      Restare qui a dolersi per lei era molto bello, ma non le avvicinava alle risposte che cercavano.

      Zoe chiuse gli occhi per un istante e si allontanò verso l’altro lato della stanza, in direzione della porta dalla quale erano entrate. Dovevano muoversi, ma Shelley stava ancora discutendo con il medico legale, a voce bassa e con un tono di rispetto, su chi fosse stata in vita quella donna.

      Non aveva importanza. Come faceva Shelley a non capirlo? La causa della morte di Linda era molto semplice: si trovava in una stazione di servizio isolata, da sola, quando l’assassino era arrivato. Non c’era nessun altro aspetto importante a proposito della sua vita.

      Shelley sembrò cogliere la volontà di Zoe di andar via e si mosse verso di lei, allontanandosi cortesemente dal medico legale. “Cosa dovremmo fare adesso?” domandò.

      Zoe desiderava rispondere a quella domanda, ma non poteva farlo. C’era soltanto una cosa da fare a quel punto, e non era l’azione diretta che voleva. “Elaboreremo un profilo dell’assassino,” rispose. “Dirameremo un comunicato negli stati confinanti per avvertire le forze dell’ordine locali di stare in guardia. Dopodiché, esamineremo i documenti relativi agli omicidi precedenti.”

      Shelley annuì, concordando senza problemi, mentre Zoe si diresse verso la porta. Non che dovessero andare troppo lontano.

      Zoe salì le scale e uscì all’esterno attraverso la porta dell’ufficio, guardandosi intorno e fissando nuovamente la linea dell’orizzonte, facilmente visibile oltre la piccola serie di case e strutture che costituivano la città. Sospirò, incrociando le braccia al petto e voltando la testa in direzione del distretto e della loro destinazione. Meno tempo passava a guardare quel posto, meglio era.

      “Non ti piace questa cittadina, vero?” chiese Shelley, che era accanto a lei.

      Zoe si sentì per un attimo sorpresa ma, ripensandoci, Shelley aveva già dato prova di essere sia perspicace che empatica. In realtà, probabilmente era piuttosto facile da capire, visto l’atteggiamento di Zoe. Non riusciva a scrollarsi di dosso il pessimo umore che la avvolgeva ogniqualvolta finiva in un posto del genere. “Non amo i paesini in generale,” rispose.

      “Quindi sei semplicemente una ragazza di città, o cosa?” chiese Shelley.

      Zoe represse un sospiro. Queste erano le conseguenze di avere dei partner: volevano sempre cercare di conoscere l’altra persona, portare alla luce tutti i pezzettini del puzzle per ricostruire il suo passato, e poi metterli insieme fino a creare un disegno che tornasse loro comodo. “Mi ricordano il posto in cui sono cresciuta.”

      “Ahhh.” Shelley annuì, come se riuscisse a capire, a comprendere. Non capiva, Zoe ne era sicura.

      Ci fu una pausa nella loro conversazione, mentre oltrepassavano la porta della centrale per tornare all’interno di una piccola sala riunioni che la polizia locale aveva messo a loro disposizione per usarla come base operativa. Vedendo che erano da sole lì dentro, Zoe mise una nuova pila di documenti sul tavolo, iniziando a sparpagliare il rapporto del medico legale, le fotografie e qualche altro rapporto stilato dagli agenti che avevano raggiunto per primi la scena del crimine.

      “Quindi non hai avuto una bella infanzia?” chiese Shelley.

      Ah. Forse riusciva a capire, più di quanto Zoe avesse immaginato.

      Probabilmente non doveva neanche stupirsene. Perché mai Shelley non avrebbe dovuto essere in grado di leggere le emozioni e i pensieri nello stesso modo in cui Zoe riusciva a leggere gli angoli, le dimensioni e gli schemi?

      “Non è stata la migliore,” rispose Zoe, spostandosi i capelli dagli occhi e concentrandosi sui documenti. “E neanche la peggiore. Sono sopravvissuta.”

      C’era un’eco nella sua mente, un urlo che la raggiunse attraversando il tempo e lo spazio. Figlia del diavolo. Scherzo della natura. Guarda cosa ci hai costretto a fare, ora! Zoe la zittì, ignorando il ricordo di una giornata rinchiusa nella sua stanza come punizione per i suoi peccati e il prolungato e difficile isolamento di quando era bambina.

      Shelley si spostò velocemente di fronte a lei, sparpagliando alcune delle foto che già avevano e prendendo i documenti dagli altri casi.

      “Non dobbiamo parlarne per forza,” disse con delicatezza. “Mi dispiace. Non ci conosciamo ancora.”

      Quell’”ancora” era minaccioso: lasciava intendere un momento, sebbene in un futuro lontano, in cui Zoe avrebbe dovuto fidarsi abbastanza di lei. Quando sarebbe stata in grado di tirare fuori tutti i segreti che nascondeva da quando era soltanto una bambina. Quello che Shelley non immaginava, non riusciva a intuire tramite la sua cortese indagine, era che Zoe non avrebbe mai detto a nessuno ciò che le fosse accaduto durante la sua infanzia. Mai.

      Tranne forse a quella terapista che la dott.ssa Applewhite stava cercando di farle incontrare.

      Zoe respinse tutto per rivolgere alla sua partner un sorriso a denti stretti e annuire, quindi prese uno dei documenti dalle sue mani. “Dovremmo riesaminare i casi precedenti. Io leggerò questo, tu puoi leggere quell’altro.”

      Shelley si sedette sul lato opposto del tavolo, guardando le immagini contenute nel primo documento mentre venivano distribuite sul tavolo, e rosicchiando una delle sue unghie. Zoe distolse lo sguardo e si concentrò sulle pagine davanti a sé.

      “La prima vittima, uccisa in un parcheggio vuoto all’esterno di una tavola calda che aveva chiuso mezz’ora prima,” lesse Zoe ad alta voce, sintetizzando i contenuti del rapporto. “Ci lavorava come cameriera, madre di due figli, nessuna istruzione universitaria. A quanto pare era rimasta sempre nella stessa città. Nessun segno di una qualsiasi prova forense rilevante sulla scena del crimine; la metodica è stata la stessa, morte tramite cappio e successiva, meticolosa cancellazione di orme e tracce.”

      “Nulla che ci aiuti a scovarlo, tanto per cambiare,” sospirò Shelley.

      “Stava chiudendo il posto dopo le pulizie, prima di tornare a casa dopo un turno lungo. L’allarme è stato dato piuttosto velocemente quando non è tornata a casa come al solito.” Zoe passò rapidamente alla pagina successiva, analizzandone i contenuti di rilevanza. “È stato suo marito a ritrovarla: era andato a cercarla perché non rispondeva al telefono. C’è una forte probabilità che abbia contaminato le prove, stringendo il cadavere di sua moglie dopo il ritrovamento.”

      Zoe sollevò lo sguardo, soddisfatta del fatto che questo caso fosse privo di indizi come l’altro. Shelley era ancora concentrata e giocava nuovamente con quel pendente appeso alla sua collanina. Lo nascose tra il pollice e l’indice, abbastanza piccolo da scomparire completamente dietro le dita.

      “Quella è una croce?” domandò Zoe, non appena la sua nuova partner alzò finalmente gli occhi. Si trattava di qualcosa di cui parlare, pensò. Era piuttosto naturale per un agente parlare con la sua partner a proposito dei gioielli che indossava abitualmente, no?

      Shelley guardò in basso verso il petto, come se non si fosse resa conto di ciò che stessero facendo le sue mani. “Oh, questa? No. È un dono di mia nonna.” Spostò le dita, in modo da permettere a Zoe di vedere il pendente d’oro a forma di freccia, completo di un piccolo diamante incastonato nella testa a punta. “Meno male che mio nonno aveva buon gusto. Lo indossava lei.”

      “Oh,”fece Zoe, sentendosi


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