Il Volto della Morte. Блейк Пирс
sappiamo finora?” chiese Zoe.
Shelley sfogliò la pila di carte che teneva tra le mani, infilata in una cartellina. “Detenuto evaso da Tent City, Phoenix,” rispose. Fuori dall’auto, sfrecciava il deserto dell’Arizona. “È fuggito a piedi. A quanto pare, questo non l’ha rallentato. Tre omicidi noti, al momento.”
“Le guardie?” domandò Zoe. La sua mente stava correndo avanti. Contava i chilometri che un uomo avrebbe potuto percorrere a piedi con questo caldo. Non molti, senza riposo, riparo e acqua. Ancora meno, considerando la superficie sabbiosa.
“No, casuali. Prima due escursionisti.” Shelley fece una pausa, inspirando attraverso i denti. “Tutti gli indizi confermano che gli omicidi sono stati… crudeli. L’ultima vittima era una turista diretta al Grand Canyon.”
“Ed è lì che stiamo andando ora” dedusse Zoe. La mappa dell’area si dispiegò nella sua mente, ritagliando le strade e i sentieri che ogni vittima aveva probabilmente intrapreso per imbattersi nel loro uomo.
“Esatto. Pare che dovremmo prepararci.”
Zoe annuì silenziosamente. Aveva notato che era più difficile, per persone come Shelley, presentarsi sulla scena del crimine e vedere il corpo della vittima. Sperimentavano il dolore e la sofferenza che erano state inflitte. Zoe vedeva sempre soltanto un corpo, carne che poteva contenere indizi utili alle indagini, e i calcoli che ci giravano intorno.
Era probabilmente questo che le aveva permesso di superare i test d’ingresso e diventare un Agente Speciale: la capacità di rimanere calma e controllata, di analizzare i fatti anziché lasciarsi prendere dalle emozioni. Ma era stata la sua natura silenziosa e la tendenza ad assumere un’espressione facciale vuota a portarla ad aver bisogno di un nuovo partner. A quanto pare, quello precedente pensava che Zoe fosse troppo silenziosa e fredda.
Aveva tentato di porvi rimedio subito dopo aver conosciuto Shelley, durante il loro primo caso insieme, comprando un paio di caffè da asporto e donandone uno alla sua partner, onorando un arcaico rituale tra colleghi. Sembrava avesse funzionato. Shelley era abbastanza affabile per entrambe, motivo per cui Zoe sperava davvero potesse andare con lei.
Non fu difficile individuare il luogo. Poliziotti locali si aggiravano in uniforme sotto il sole cocente, una ferocia rovente che gravò pesantemente sulle sue braccia scoperte non appena uscì dall’auto climatizzata. La pelle si sarebbe ustionata nel giro di quarantacinque minuti se non fosse stata protetta. Probabilmente le sarebbe comparsa un po’ di abbronzatura sulle guance, sul naso e sulle mani, fino a quando non fosse tornata in auto.
Shelley le presentò ed entrambe mostrarono i propri distintivi all’ufficiale in comando, prima di avvicinarsi alla scena del crimine. Zoea scoltava soltanto in parte, felice di lasciare che se ne occupasse Shelley. Nonostante fosse Zoe l’ufficiale di grado superiore, non ce l’aveva con Shelley per il fatto di comportarsi come se fosse lei a comandare. Zoe si stava già guardando attorno, alla ricerca degli indizi che le avrebbero rivelato qualsiasi cosa. Shelley le fece un cenno, un tacito accordo in base al quale avrebbe pensato lei agli agenti locali, mentre Zoe sarebbe stata libera di esaminare i dintorni.
“Non so se riuscirà a trovare qualcosa,” stava dicendo il comandante. “Abbiamo setacciato l’intera zona il più scrupolosamente possibile.”
Zoe lo ignorò e continuò a cercare. C’erano cose che lei riusciva a vedere, cose che altri non vedevano. Cose che potevano benissimo essere scritte a lettere cubitali, ma che comunque risultavano invisibili alle persone comuni.
Era questo il suo segreto, il suo superpotere. Notò le orme del colpevole sulla sabbia e i calcoli apparvero accanto, comunicandole tutto ciò che aveva bisogno di sapere. Facile come leggere un libro.
Si accovacciò per dare un’occhiata migliore alle orme più vicine e a come fossero distanziate dal corpo della vittima. Il passo le rivelò che il colpevole era alto un metro e ottantanove centimetri. La profondità delle impronte indicava un peso di novantacinque chili. Aveva corso continuamente, avvicinandosi alla vittima e attaccandola alla velocità di sei chilometri all’ora, considerando la distanza tra le orme.
Zoe si spostò, esaminando il corpo adiacente. Il criminale aveva usato una lama di diciannove centimetri e mezzo, pugnalando la vittima dall’alto verso il basso con un angolo di quarantanove gradi. Era poi fuggito verso nord-ovest a un ritmo più veloce, pari a nove virgola cinque chilometri all’ora.
Il sangue sulla sabbia le disse che era accaduto meno di quattro ore fa. I calcoli erano semplici. Considerando un livello medio di affaticamento e tenendo conto della calura del giorno, Zoe alzò lo sguardo e socchiuse gli occhi, fissando un punto lontano e raffigurando la distanza esatta alla quale lo avrebbero trovato. Il suo cuore prese a battere velocemente al pensiero di arrestarlo. Lo avrebbero preso facilmente. Era già sfinito, non aveva acqua e non immaginava minimamente che avessero già scoperto i suoi crimini. Sarebbe finita presto.
La sua attenzione si spostò sui cespugli e sugli alberelli che sorgevano in lontananza, crescite sparpagliate che non offrivano abbastanza riparo a un essere umano. Vide le distanze che li separavano e i numeri apparvero nuovamente davanti ai suoi occhi, raccontandole la storia che c’era dietro lo schema. Sparsi l’uno distante dall’altro, limitate risorse naturali. Raggruppati, radici che esplorano il terreno alla ricerca di una fonte d’acqua sotterranea e di nutrienti. Sebbene apparissero casuali ad un occhio inconsapevole, la collocazione di ognuno di essi faceva parte di un disegno. Il disegno della natura.
“Niente?”chiese Shelley. Aveva uno sguardo di attesa, come se stesse aspettando che la sua più esperta partner risolvesse tutto.
Zoe alzò lo sguardo, raddrizzandosi con aria colpevole. Si alzò in piedi e scosse rapidamente la testa.“Credo sia fuggito da quella parte,”disse, indicando nell’ovvia direzione percorsa delle orme in allontanamento. C’era una formazione rocciosa in lontananza, un ottimo punto per una sosta. Le rocce le comunicavano le direzioni dei venti, le migliaia di anni di scavi e modellamenti. “Forse si fermerà laggiù alla ricerca di ombra. È una giornata piuttosto calda.”
Un segreto era un segreto. Mai e poi mai avrebbe ammesso ciò che sapeva. Mai e poi mai avrebbe detto a voce alta di essere una tipa strana, in grado di capire il mondo come nessun altro. Men che meno avrebbe ammesso il resto, che neanche lei capiva come lo vedessero gli altri. Questo era tutto ciò che poteva dare al mondo.
Il comandante si schiarì la voce, interrompendole. “Abbiamo già perlustrato in quella direzione senza trovare nulla. I cani hanno perso le tracce. C’è del terreno roccioso laggiù, dove non ci sono orme. Riteniamo che abbia continuato a correre in linea retta. O magari che sia salito a bordo di un veicolo.”
Zoe strinse gli occhi. Sapeva il fatto suo. Quest’uomo stava scappando in preda alla disperazione, ad ampie falcate, tenendo il corpo basso e inclinato in avanti per correre più velocemente. Non si stava dirigendo verso la salvezza e non era così lontano da non riuscire più a trovarlo.
“Ci stia a sentire,”suggerì Zoe. Battè sul simbolo dell’FBI stampato sul suo distintivo, che stringeva ancora in mano. C’era un aspetto fantastico dell’essere un agente speciale: non era sempre necessario giustificarsi. In effetti, non farlo era ormai un po’ uno stereotipo.
Dopo aver studiato l’espressione di Zoe, Shelley si voltò nuovamente verso il comandante con aria determinata.“Faccia alzare in volo gli elicotteri. I cani sono pronti?”
“Sicuro.” Il comandante annuì, sebbene non sembrasse molto entusiasta. “È lei il capo.”
Shelley lo ringraziò. “Andiamo,”disse a Zoe. “Ho il pilota via radio. Ci aggiornerà quando scoveranno qualcosa.”
Zoe annuì e tornò docilmente in auto. Shelley l’aveva appoggiata, le aveva dato ragione. Era un buon segno. Le era grata, e non provava quel senso di ego ferito per il fatto che fosse Shelley a dare gli ordini. Non le importava, purché venissero salvate delle vite.
“Wow.” Shelley si fermò, sistemandosi sul sedile del passeggero con una mappa aperta tra le mani. “Non è mai facile, vero? Una donna sola, come quella;