Se lei udisse. Блейк Пирс

Se lei udisse - Блейк Пирс


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e le prove di un’immensa pressione contro alla trachea della ragazza. Mariah, come Kayla, era stata strangolata da una persona apparentemente molto forte. Finora pareva che nessuno avesse visto l’accaduto e non c’erano piste.

      DeMarco e Kate si avvicinarono al bancone del noleggio scarpe, dove un uomo sui sessant’anni si trovava in piedi accanto a un piccolo televisore. Pareva estremamente annoiato. Una rapida occhiata alle quindici piste dietro di lei mostrò che di occupate ce n’erano solo due – una da cinque signore e l’altra, in fondo all’edificio, da un solitario.

      L’uomo dietro al bancone delle scarpine fece loro un cenno quando si avvicinarono, con un’espressione strana. Il risvolto della camicia diceva LARRY. «Posso aiutarvi?»

      DeMarco agì rapidamente prima che nascessero tensioni tra lei e Kate. Mostrò il distintivo e il documento e disse «Agenti DeMarco e Wise dell’FBI. Speravo di ottenere delle informazioni sulla morte di Mariah Ogden»

      «Ho già detto alla polizia tutto quello che so» disse Larry. «Ma, se vi può aiutare a trovare chi uccide queste ragazze, ok.»

      «Ha parlato di ragazze» disse Kate. «Come se ce ne fossero delle altre. Presumo che abbia quindi saputo della seconda vittima.»

      «Impossibile evitare notizie tanto terribili in una città piccola come questa. Sì… Kayla Peterson, giusto? Era a casa per un matrimonio, a quel che ho sentito.»

      «Larry, come ha trovato il corpo di Mariah?» chiese DeMarco.

      «Avevo chiuso. Sono uscito per andare al furgone e ho visto una macchina ancora nel parcheggio, in fondo, vicino all’estremità. A volte i ragazzini restano qui dopo aver giocato a bowling. Quindi sono andato a vedere che stava succedendo. Ho pensato che qualcuno poteva aver lasciato la macchina ed essersene andato con un amico. Ma avvicinandomi ho visto una scarpa da ginnastica. E poi anche la gamba. E c’era Mariah Ogden, appena dietro alla macchina.»

      «Già morta?»

      «Sì. Ma non credo da tanto. Ho sentito che aveva dei lividi sulla gola. Ma io non li ho visti quando l’ho trovata così.»

      «Era stata qui quella sera?»

      «No, non quella sera. Ma veniva di tanto in tanto con gli amici.»

      Stava per dire altro, ma venne interrotto dal fracasso dei birilli che cadevano e dalle esultanze delle signore. Quando il rumore scemò, Larry proseguì.

      «Era una ragazza adorabile, davvero. Molto educata, di buone maniere.»

      «Conosce qualcuno del gruppo che frequentava di solito?» chiese DeMarco.

      «Non molto bene, no. Ma dovreste parlare con lui.» Fece un cenno alle sue spalle, in direzione del giocatore solitario.

      «Chi è?»

      «Si chiama Dwayne Patterson. A volte stava col gruppo con cui veniva qui Mariah. Un tipo ritroso. Viene spesso, a volte da solo, ma di solito gira tra un gruppo e l’altro. Non ho prove vere e proprie della cosa, ma il suo modo di guardarla e il fatto che ridesse a tutto quello che diceva… penso che le piacesse un po’.»

      «Grazie, Larry» disse Kate.

      Lui fece un occhiolino a entrambe quando queste si girarono e partirono alla volta della pista in fondo a sinistra. Mentre si avvicinavano, Dwayne Patterson fece rotolare una palla che lo lasciò con un terrificante split “occhi di serpente”. Inclinò la testa come sperando di vedere qualcosa di diverso e poi si avviò alla macchina delle palle. Aspettando la palla scorse DeMarco e Kate. Non ci si poteva sbagliare su dove stessero andando; sapeva che stavano venendo a parlare con lui e lo mostrò nello sguardo. Pareva un gatto intrappolato da due cani feroci.

      «Signor Patterson» disse DeMarco mentre si avvicinavano al macchinario. «Larry dice che lei potrebbe essere una buona fonte di informazioni su Mariah Ogden.»

      Era chiaro che Patterson non aveva ancora deciso se aver paura o meno. Lanciò loro un’occhiata scettica e chiese «E voi chi cavolo siete?»

      Stavolta DeMarco e Kate si mossero nello stesso momento: mostrarono i documenti all’unisono, come un trucco di magia ben provato. «Agenti DeMarco e Wise dell’FBI. E adesso le va di mostrarsi un po’ più servizievole?»

      Patterson sedette lentamente dietro alla macchina del punteggio. «Scusatemi. Non ne avevo idea. Uhm… sì, cioè, la conoscevo. Non benissimo, ma la conoscevo.»

      «Quanti anni ha, signor Patterson?» chiese Kate.

      «Diciannove.»

      «Direbbe che lei e Mariah eravate amici?»

      «Certo. Siamo stati amici per quasi tutte le scuole. Non migliori amici, comunque.»

      «Ok» disse Kate. «E mercoledì sera scorso? Quel giorno l’ha vista?»

      «Sì, la sera in cui è morta. Ero qui, a giocare a bowling con un amico. Quando noi due ce ne siamo andati, ho visto Mariah e alcuni suoi amici passare il tempo nel parcheggio.»

      «Lo faceva spesso?»

      «No, non spesso. Di tanto in tanto. Non c’è molto altro da fare qui, sapete.»

      DeMarco lo sapeva. Era cresciuta in una cittadina simile, dove l’unica cosa da fare la sera era starsene nei parcheggi degli alimentari, a fumare sigarette e magari pomiciare quando non c’era nessuno in vista.

      «Si è unito a loro?» chiese DeMarco.

      «Solo per un po’. All’inizio, cioè. Ho portato il mio amico a casa e poi sono tornato a vedere come andava.»

      «Come andava cosa, di preciso?» chiese Kate.

      Patterson si accigliò, percependo il rischio di avventurarsi in un territorio pericoloso. Lentamente, fece del suo meglio per spiegare. Il nervosismo gli trapelava dalla voce, così come dell’altro. Rimorso, forse? DeMarco non ne era sicura.

      «Be’, era lì con alcuni dei soliti… alcuni suoi amici delle superiori e una ragazza nuova che aveva conosciuto al centro di formazione professionale di Charlotte. Ma c’era un altro con loro, uno che qualche volta ho visto e… boh… evito, tipo. Dopo sono tornato per vedere se era ancora con Mariah.»

      «Perché evita questa persona?» chiese DeMarco.

      «È inquietante, ecco. Se ne stava nel parcheggio delle superiori anni dopo essersi diplomato. Deve avere già venticinque anni almeno.»

      «E quanti anni aveva la gente con cui uscivate lei e Mariah?»

      «Tra i diciannove e i ventuno, più o meno. Odio stereotipare la gente, ma è uno sfigato. Comunque… quella sera era chiaro che era bevuto. Faceva casino ed era aggressivo.»

      «Come si chiama questa persona?» chiese Kate.

      «C’è bisogno che si sappia che ve l’ho detto io?»

      «Assolutamente no.»

      «Jamie Griles.» Lo disse a denti stretti, rabbioso. «Non ci sono prove vere, ma molti pensano che vada alle feste delle superiori per far ubriacare le ragazze e andarci a letto. Allora quando ho visto che stava con Mariah e quelle ragazze giovani, mi è sembrato inquietante.»

      «Ed era ancora nel parcheggio quando è tornato?»

      «No, se n’era già andato. Un’amica di Mariah ha detto che c’era una festa da qualche parte e ha persino scherzato dicendo che Jamie ci era andato perché lì c’erano ragazze più giovani.»

      «Jamie Griles è di qui?» chiese DeMarco.

      «Sì. Nato e cresciuto qui. E ci morirà pure, qui. Gli sfigati non combinano mai niente.» Patterson rise e scosse la testa. «Disse il meccanico diciannovenne che gioca a bowling da solo il lunedì sera.»

      «Ha parlato con la polizia?»

      «No. Nessuno si è preso la briga di parlare con me. Come ho detto… non ero suo migliore amico. Solo… uno che la conosceva.»

      Il modo in cui lo disse fece pensare a DeMarco che avesse ragione Larry: Dwayne Patterson aveva provato qualcosa per Mariah Ogden. Si chiese se l’avesse mai detto a Mariah. Dal modo


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