Non resta che scappare. Блейк Пирс
sullo schermo del suo computer e la sua espressione si faceva man mano più buia. “Tutto qua?” chiese, sollevando lo sguardo. “Niente di nuovo?” I suoi occhi sfrecciarono all’agente Paige, che a sua volta si girò verso Adele, come a voler proiettare su di lei l’ira del direttore.
Adele esitò. La luce del sole filtrava dalla finestra aperta del grande ufficio: l’aria circolava e portava via un po’ dell’odore di fumo, anche se buona parte aveva già impregnato le pareti.
“Sono appena arrivata,” disse Adele esitante, non sapendo se la stesse incolpando di qualcosa. “Avevo intenzione di sistemare le mie cose da Robert…” Si interruppe vedendo l’occhiata che le lanciava Foucault e si schiarì la gola. “Onestamente, ho dormito in aereo. Possiamo cominciare oggi pomeriggio. Vorrei vedere la scena del crimine della seconda vittima.”
Foucault annuì agitando una mano. “Sì,” disse, le folte sopracciglia corrucciate sopra gli occhi scuri. “Sarebbe meglio. Non abbiamo tempo da aspettare con questo, uhm? No.” Annuì in direzione della Paige. “Voi due avete lavorato insieme in passato, vero?”
La Paige continuò a restare seduta in silenzio accanto alla finestra. Annuì una volta. Anche Adele annuì.
Dopo qualche momento di imbarazzato silenzio, Robert intervenne schiarendosi la gola. “Caso strano, questo,” disse sommessamente.
Adele tenne gli occhi fissi su Foucault, ma annuì d’accordo con l’amico.
Robert sbuffò mentre l’attenzione dei presenti si spostava da Adele a lui. “Le vittime devono aver conosciuto l’assassino,” disse. “Un amico? Magari un parente?”
Adele ruotò leggermente il viso, inclinando al testa verso la spalla. “Forse. O forse l’assassino le ha colte di soppiatto. Un padrone di casa? Qualcuno in possesso della chiave?”
Robert esitò un momento e nuovamente calò il silenzio. Alla fine disse: “Che dici del rene mancante?”
“Hai letto le cartelle?”
“Il secondo rapporto non è ancora arrivato.” Robert fece una pausa, guardando Foucault con espressione interrogativa.
Il direttore annuì. “Ci stanno lavorando, ma sta richiedendo tempo. Il rapporto completo dovrebbe arrivare a breve.”
Robert annuì e questa volta si rivolse a Foucault, attraversando la stanza e andando a guardare attraverso la grande finestra che si affacciava sulla strada sottostante. Un piccolo bar dalle pareti dipinte di rosa occupava la strada dalla parte opposta del DGSI.
“Ho letto il primo rapporto,” disse. “Solo il rene mancante. Perché secondo voi?
La Paige e Foucault rimasero entrambi in silenzio. Ma Adele guardò il suo mentore, osservando il modo in cui la luce del pomeriggio illuminava il lato del suo volto, gettando delle ombre contro il pavimento rivestito di moquette.
“Collezione di trofei?” gli disse.
“Forse,” rispose Robert. “Ha senso.”
“Che altro?”
Robert scrollò le spalle e il suo sguardo andò a Foucault dietro alla scrivania.
Il direttore si accigliò ancor più. “Venite pagati per scoprirlo,” disse. I suoi occhi sfrecciarono tra i tre agenti, quindi diede un colpetto al computer e aggiunse: “Abbiamo bisogno di maggiori informazioni, e non avete molto tempo per raccoglierle.”
Adele notò la rapidità con cui noi si era trasformato in voi. Esitò un momento e poi disse sottovoce: “Ho pensato alle vittime. Entrambe straniere, sì? Da ragazza ho avuto esperienza con quella comunità, anche se non molta, visto che mia madre era del posto. Ma avevo alcuni amici americani con i genitori che si erano trasferiti per lavoro.” Si fermò. “Sono una comunità vulnerabile. Molte volte isolata: barriere di lingua e cultura. Forse l’assassino sta usando questo per avvicinarsi a loro. Lo sfruttamento della solitudine, oppure una pressione ad appagare il Paese ospitante.”
Foucault rispose annuendo e scrollando le spalle. “Esplorate tutte le possibilità,” disse. “Solo,” aggiunse, “non ne faccia un caso personale.” Distolse lo sguardo da Adele. “Agente Henry, lei starà qui, presumo?” Gli occhi del direttore erano fissi su Robert.
Robert si lisciò i baffi. “Direi che lascio il lavoro sul campo ai più giovani.”
Foucault riportò l’attenzione ad Adele. “La seconda scena del crimine?” disse. “È ancora sotto la nostra supervisione.”
“Io sono pronta a cominciare, se lei non è troppo stanca,” disse la Paige, parlando per la prima volta da quando erano entrati nella stanza. Il commento sembrava innocente, ma qualcosa in esso fece venire ad Adele la pelle d’oca.
Ora che l’attenzione era di nuovo su di lei, Adele espirò piano.
Americane in Francia, espatriate: si sentiva vicina a loro. Adele sapeva cosa volesse dire spostarsi da un Paese all’altro, rimettere radici, costruire da capo una nuova vita.
Ma queste vite erano state ricostruite solo per finire, tra le macchie di sangue sul pavimento dei loro appartamenti. Nessuna prova materiale. Nessun segno di colluttazione. Nessun segno di scasso o ingresso violento.
Ora non era il momento di riposarsi.
“Io sono pronta, quando sei pronta tu,” disse Adele, poi si girò verso la porta.
CAPITOLO SETTE
Adele strinse i denti frustrata, picchiettando le dita con impazienza contro la porta d legno che dava accesso all’appartamento. Guardò l’orologio per la decima volta negli ultimi trenta minuti e aggrottò ancor più le sopracciglia, assumendo un’espressione ancora più cupa mentre una scossa di impazienza la pervadeva.
“Cristo,” mormorò. Si accigliò guardando da una parte e dall’altra della strada, osservando il flusso dei veicoli. Continuò a tentare di individuare auto della polizia, ma la sua attenzione si fermava solo sul veicolo di cortesia che stava parcheggiato vicino al cordolo, accanto al parchimetro. Era ancora pomeriggio, con il sole alto in cielo che era solo leggermente sceso verso l’orizzonte.
Adele e Sophie avevano preso auto separate, dato che Adele sarebbe andata direttamente da Robert dopo aver visionato la scena del crimine.
Si appoggiò alla ringhiera che fiancheggiava i gradini di cemento e si rigirò verso la porta dell’appartamento. Per un momento considerò l’idea di entrare da sola. Ma il protocollo generale dettava che due agenti fossero sempre insieme su una scena. Nel suo primo giorno di lavoro tornata in Francia, Adele non voleva varcare i limiti. Però l’agente Paige le stava rendendo la cosa difficile. Era già in ritardo di quasi trenta minuti.
Adele sbuffò risentita. Aveva concordato con Robert che i suoi bagagli venissero portati alla villa, e poi era venuta direttamente alla scena del crimine. Le ci erano voluti venti minuti in auto. Parigi era una delle poche città con pochissimi segnali di stop, se non addirittura nessuno. C’erano voci che ce ne fosse uno da qualche parte. L’agente Paige doveva averlo trovato, e probabilmente non sapeva come procedere da lì.
Non c’era nient’altro che potesse spiegare quell’attesa di mezz’ora.
Guardò lungo la strada, scrutando lo spazio tra gli edifici. Deglutì, fissando il passaggio aperto dall’altra parte della strada, con alcune parti verdi un po’ nascoste. Una cosa che amava di Parigi erano i piccoli passaggi e i giardini nascosti pronti per essere esplorati come una specie di labirinto che si diramava tra gli edifici. I francesi avevano una parola speciale per descrivere coloro che girovagavano senza meta, godendosi le viuzze secondarie e i giardini: la flânerie. Adele non poteva ricordare l’ultima volta che si era rilassata tanto da poter gironzolare senza meta. E certo adesso non era il momento per farlo.
Con un ultimo sbuffo di frustrazione, si girò verso la porta e fece per premere il pulsante sul fondo, contrassegnato dalla parola Locatore. L’uomo aveva istruzioni di farla entrare. Con o senza la Paige, Adele era determinata a vedere la scena del crimine della seconda vittima.
Prima che potesse premere