La Tresca Perfetta. Блейк Пирс

La Tresca Perfetta - Блейк Пирс


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quasi ogni poliziotto sul posto si stesse comportando come se fosse colpevole di qualcosa. Le sto solo chiedendo se si hanno notizie di telefono o computer portatile.”

      Aspettò e poté quasi sentire il cervello di Burnside che lavorava durante quella pausa di silenzio.

      “Io non le ho detto niente, ok?” insistette.

      “Certo che no.”

      “Ancora nessuna notizia sul portatile. Stiamo ancora aspettando. Anche il telefono non è ancora stato trovato. Ma siamo risaliti all’ultima posizione nota, a pochi isolati di distanza. Abbiamo trovato la SIM in un vicolo, o almeno quello che ne era rimasto. Era stata spaccata e, da quello che sembra, bruciata.”

      “Mi sembra insolitamente accurato per un ladro, non pensa?” notò Jessie. “Quasi come se il colpevole avesse più interesse a tenere nascosti i dati del telefono di Michaela che impossessarsi del dispositivo in sé.”

      “Non so cosa dirle, signorina Hunt,” rispose Burnside.

      “No, certo che no. Sempre appurato che questa conversazione non si sta ufficialmente svolgendo, c’è qualcos’altro che lei voglia dirmi riguardo a ciò che è accaduto ieri notte?”

      Altro silenzio, mentre Burnside soppesava la sua risposta.

      “Non ho nient’altro da condividere con lei riguardo a ieri notte,” disse infine. “Ma le dirò questo. Andando avanti, probabilmente vorrà lasciar perdere questa storia, signorina Hunt. Sono certo che non vorrà farlo, e so dalla sua reputazione che lasciar perdere non è proprio una sua abitudine. Ma potrebbe forse venirle voglia di ripensarci.”

      “Perché?”

      “Devo andare, signorina Hunt. Ma le auguro il meglio. Abbia cura di sé.”

      Prima che potesse rispondergli, l’agente riagganciò. Jessie stava pensando se richiamarlo, quando vide Garland Moses entrare in ufficio e dirigersi verso le scale che conducevano al suo piccolo sgabuzzino al secondo piano. Al solito, il leggendario profiler appariva come un professore trasandato e distratto, con i capelli grigi spettinati, gli occhiali in precario equilibrio sul naso e la giacca sportiva che lo faceva sembrare più piccolo. Jessie si alzò in piedi e lo inseguì.

      “Ehi, Garland,” disse, raggiungendolo alla base delle scale e salendo insieme a lui. “Non potrai mai immaginare chi ho incontrato ieri.”

      “Non dovresti sfidarmi così, signorina Hunt,” le rispose facendole l’occhiolino. “Vivo risolvendo indovinelli, sai.”

      “Ok, allora rispondi pure,” lo canzonò lei.

      “La mia risposta è: la dottoressa Janice Lemmon,” le disse con tono indifferente.

      “Come fai a saperlo?”

      “Facile. Sai che la conosco e sembravi deliziata dall’informazione quando l’hai scoperto. E poi il tuo attuale tono spettegolante da adolescente suggerisce che chiunque fosse, era una persona che tu credi in qualche modo collegata a me in modo personale. Questo limita di molto le opzioni. Quindi, la dottoressa Lemmon.”

      “Impressionante,” ammise Jessie.

      “E comunque mi ha chiamato e mi ha avvisato che stai andando a caccia di informazioni,” le disse con voce sarcastica.

      “Capisco,” disse Jessie, frastornata. “Voi due chiacchierate spesso al telefono?”

      “Mi sembra di essere stato catapultato in un romanzo di Jane Austen, dove tu sei la protagonista che tesse complotti. Ti prego, dimmi che non mi hai avvicinato adesso solo per affinare le tue abilità nel combinare incontri, signorina Hunt.”

      “Non è il solo motivo, Garland. Ho un piacere da chiederti.”

      “Che cosa?” le chiese, mentre raggiungevano la sommità delle scale.

      “Speravo di poterti presentare la mia sorellastra Hannah.”

      “Ah sì, la ragazza che hai salvato dal serial killer.”

      “La ragazza che tu mi hai aiutato a salvare,” lo corresse Jessie. “Se non fosse stato per il tuo suggerimento, non l’avrei mai trovata.”

      “Come sta?” le chiese, scansando il complimento.

      “Speravo potessi dirmelo tu. Ho pensato che potremmo organizzare una specie di incontro casuale, in modo che tu possa giudicare da te.”

      Garland la guardò con disapprovazione, mentre si avvicinavano alla porta del suo ufficio.

      “Quindi vuoi presentarmi sotto false pretese in modo che possa delineare un suo profilo, perché sei preoccupata che possa avere un po’ della natura del serial killer?”

      “Non la metterei proprio così,” protesto Jessie. “Ma… sì.”

      “Non mi sento perfettamente a mio agio con questa cosa,” le disse aprendo la porta. “Non penso che sia corretto nei confronti della ragazza e temo che questo potrebbe erodere ulteriormente la fiducia che a entrambe decisamente già manca.”

      “Come puoi sapere che…”

      “Però devo ammettere che sarei curioso di incontrare questa ragazza. Sembra davvero una dura. Sono disposto a farlo. Passare quello che ha passato ed essere ancora moderatamente in forma? Piuttosto incredibile. Non posso garantire niente più di una chiacchierata. Se accetti queste condizioni, sono d’accordo.”

      “Prendo quello che posso,” disse Jessie.

      “Molto bene allora. Possiamo parlare più tardi per organizzare qualcosa,” le disse, poi le sbatté la porta in faccia.

      In circostanze normali Jessie si sarebbe offesa. Ma decise di accontentarsi di quello che aveva ottenuto. Garland aveva accettato di incontrare Hannah. E quando l’avesse fatto, Jessie era sicura che sarebbe stato in grado di aiutarla. Anche inconsciamente, aveva finito con il delineare un profilo di lei stessa. Ce l’aveva nel sangue, proprio come lei.

      Era il loro lavoro.

      CAPITOLO OTTO

      Quando Ryan arrivò, Jessie aveva già la testa fumante.

      Aveva passato il resto della mattinata a ricercare più informazioni possibili su Michaela Penn. Lui era appena arrivato alla sua scrivania che lei aveva già iniziato a tempestarlo di dettagli.

      “C’è qualcosa che non quadra con questa ragazza,” disse, prima che il collega si fosse seduto.

      “Buongiorno Jessie,” le rispose. “Come stai?”

      “Buongiorno,” disse lei, offrendogli un veloce sorriso come unico convenevole di interazione umana. “Come sto? Sono confusa. Michaela Penn è una vera contraddizione. È una ragazza che si è diplomata in una prestigiosa scuola femminile cattolica con un anno di anticipo, usufruendo di una borsa di studio accademica. Era legalmente emancipata all’età di sedici anni. Tutto molto impressionante, giusto?”

      “Giusto,” confermò Ryan, chiaramente rassegnato ad abbandonare i saluti.

      “Ma il motivo per cui ha ricevuto l’approvazione per la sua indipendenza è che suo padre, che ora vive vicino a Lake Arrowhead, abusava di lei. È stata capace di fornire prova al tribunale che per lei fosse molto meglio stare per conto proprio.”

      “E la madre?”

      “Sua madre è morta di cancro alle ovaie quando lei aveva sette anni.”

      “Nessun altro parente?” chiese Ryan.

      “Non in California.”

      “Dove viveva allora?”

      “Fino al diploma, stava presso il dormitorio della scuola. Dopodiché ha cambiato tre diversi appartamenti prima di stabilirsi in quello dove è stata ritrovata la scorsa notte. Nessuno degli altri era un posto neanche lontanamente carino come quello.”

      “Quindi come poteva permettersi quel posto?” si chiese Ryan.

      “È una buona domanda. Come ha detto Lizzie, è una cameriera. Lavora da Jerry sulla Ventura Boulevard. E secondo il suo capo, lavorava


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