La Vicina Perfetta. Блейк Пирс

La Vicina Perfetta - Блейк Пирс


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marito Garth erano stati via, nella loro proprietà di Palm Springs, per buona parte della scorsa settimana e dovevano essersi persi i nuovi inquilini che si erano trasferiti. Da quando i Barton erano tornati in città, Prissy a volte notava il movimento di una figura dietro alle tende sempre tirate della villa accanto. Ma non aveva mai visto entrare o uscire nessuno.

      E comunque di questi giorni era difficile poter controllare costantemente. Dato che tantissimi dei suoi vicini in questa parte di città benestante e antistante la spiaggia passavano buone porzioni di estate a viaggiare, era difficile sapere chi fosse in vacanza, meno che meno chi aveva affittato o prestato la propria casa.

      Prissy sapeva che i proprietari della casa accanto alla sua erano un agente di Hollywood e sua moglie, che dirigeva un qualche fondo per il finanziamento di borse di studio per giovani svantaggiati. Ma non erano particolarmente amichevoli ed erano stati assenti per lunghi periodi durante l’anno. In effetti aveva sentito da un’altra vicina che sarebbero stati via fino a tutto agosto. Siccome non li vedeva da settimane, aveva senso che la persona che aveva scorto in casa fosse un affittuario.

      Mentre Prissy si avvicinava alla porta, sentì un formicolio di emozionata anticipazione. E se l’agente avesse prestato la casa a un cliente, magari a qualcuno di famoso? Non sarebbe stata una cosa insolita. Un sacco di gente famosa viveva o passava le vacanze qui. Li vedeva spesso perché indossavano berrettini con visiera, occhiali da sole e vestiti trasandati. Era un po’ la loro uniforme.

      E poi sollevavano raramente lo sguardo. Se vedeva qualcuno con un aspetto quasi da barbone nascondere il viso e rifiutare di guardarla negli occhi, c’era una buonissima possibilità che si trattasse di una celebrità. Ovviamente, lei stessa aveva imparato, provandolo sulla propria pelle, che a volte era effettivamente un senzatetto. Quindi era più cauta nell’approcciarsi a loro rispetto a quando era arrivata lì all’inizio.

      Non che Prissy fosse nuova alla ricchezza. Per gli ultimi nove anni era stata sposata con Garth Barton, che era un dirigente di grande successo nella Sharp Kimsey, una società internazionale nel settore del gas e del petrolio. Fino all’anno scorso, avevano vissuto nel quartiere storico di Hancock Park, poco distante da tutti quei grattacieli luccicanti del centro di Los Angeles.

      Ma Prissy, che era cresciuta povera e sudata in Catahoula, Louisiana, si era stufata delle afose e calde estati del centro di Los Angeles e aveva chiesto che si trasferissero alla spiaggia, che di solito era più fresca di due o tre gradi. Ma vivere alla spiaggia non significava essere accolta dalla gente del posto. Prissy doveva ancora farsi accettare.

      Le piaceva dirsi che le cose andavano così perché questa era gente isolana, tipi distaccati che disprezzavano i nuovi arrivati. E c’era una certa verità in questo. Ma dentro di sé, sapeva che aveva molto a che fare con la sua personalità a volte avida e da arrampicatrice sociale, quella che tentava di tenere nascosta, ma che sembrava sempre emergere nei momenti meno opportuni.

      Semplicemente non poteva farne a meno. Quella personalità aggressiva l’aveva aiutata a farsi strada a unghiate fuori dal bayou per arrivare all’Università di Los Angeles, dove aveva incontrato il garbato ragazzo di New Orleans che voleva diventare il padrone dell’universo.

      Dopo la laurea e il matrimonio, Garth aveva ottenuto il lavoro alla Sharp Kimsey e si erano stabiliti a Metairie, poco distante dalla sede che l’azienda aveva a New Orleans. Dopo due anni erano stati trasferiti a Huston e poi a Los Angeles dopo altri quattro. Ora erano qui da tre anni, e Prissy adorava questo posto.

      Amava il lusso della città. Ne amava l’impenitente goffaggine. Amava le donne magrissime che portavano a spasso il loro cagnolini microscopici dentro alle loro minuscole borsette. Voleva esserne parte, anche se i suoi tentativi la facevano apparire un po’ disperata. Ecco perché adesso si trovava davanti alla porta dei nuovi vicini con una bottiglia di vino in mano e un ampio sorriso stampato in faccia: per essere parte della scena.

      Si voltò a guardare la Strand, un viale pedonale in cemento che per buona parte passava poco distante dalle case di Manhattan Beach e Hermosa Beach. Era sorprendentemente deserto per quell’ora del tardo pomeriggio, ma questo significava che in giro non c’era nessuno che potesse giudicare la sua curiosità.

      Prissy si diede un’ultima controllata generale osservando la propria immagine riflessa nel lucido vetro della porta. Le sembrava di avere un bell’aspetto. All’età di trentuno anni, aveva ancora il corpo energico e tonico che sapeva esserle necessario per evitare che gli occhi di Garth si spostassero altrove. Tutte le sedute di yoga e pilates e gli allenamenti da campo in spiaggia avevano dato il loro risultato, mantenendo il suo corpo sodo in tutti i punti giusti. Teneva i capelli tinti di biondo sciolti sulle spalle, e anche se era quasi sera, usava la temperatura mite come scusa per indossare un reggiseno sportivo e pantaloncini da yoga a vita alta. Era piuttosto certa che avrebbe fratto un’ottima impressione, che il nuovo residente fosse una celebrità o no.

      Prissy suonò il campanello ma non sentì niente. Doveva essere rotto. Bussò alla porta e aspettò. Non ci fu alcuna risposta. Provò ancora, ma di nuovo niente risposta. Stava per arrendersi ed era dibattuta se lasciare il vino sullo zerbino. Ma non aveva portato un biglietto e non aveva senso lasciare lì il suo pensiero senza che il destinatario sapesse chi gli aveva recapitato quel dono. Quindi provò un’ultima volta. Se nessuno avesse risposto, sarebbe semplicemente tornata più tardi. Bussò con forza alla porta con la parte morbida del pugno. Con sua sorpresa, il battente si aprì leggermente all’interno.

      “Salve?” esclamò con voce alta ma tentennante.

      Non ci fu risposta. Stupita dalla stranezza di una casa da miliardi di dollari lasciata così aperta e priva di protezione, spinse la porta un po’ di più.

      “Salve! Sono la vicina di casa!” disse, mentre sbirciava nel foyer alla ricerca di una penna e un pezzo di carta. Qualsiasi cosa le tornasse utile per far sapere ai residenti che il vino era merito suo. Lasciare la bottiglia all’interno come dono anonimo andava contro il primo scopo della sua visita. Non vedendo nulla, Prissy si chiuse la porta alle spalle ed entrò in casa.

      “Salve! C’è nessuno? Giuro che non sono qui per rubare niente. Ho un regalo di benvenuto. Lo lascio in cucina.”

      Si incamminò lungo il cavernoso corridoio nella direzione che presumeva condurre alla cucina. Si sentiva leggermente nervosa. Dopotutto si era introdotta in una proprietà privata. Se qualcuno era in casa e non aveva risposto perché magari stava facendo la doccia o aveva degli auricolari nelle orecchie, una cattiva reazione sarebbe stata più che giustificata. Ma Prissy provava anche una deliziosa emozione in quella possibilità di curiosare in giro.

      Andando verso la cucina, non incontrò anima viva. Tutte le luci in casa erano spente, il che le dava l’impressione che gli inquilini non ci fossero, e avessero quindi solo dimenticato di chiudere la porta in modo appropriato. Posò il vino sull’isola della cucina, trovò una penna e scrisse un breve messaggio su un post-it lì vicino, appiccicandolo poi sulla bottiglia.

      Leggermente delusa, imboccò di nuovo il corridoio per tornare verso l’uscita, ma la sua curiosità fu nuovamente stuzzicata. Quando raggiunse l’ingresso dell’ampio salotto, non poté fare a meno di entrarvi per osservarlo meravigliata: sembrava che la stanza fosse stata presa e portata qui direttamente da Cape Cod.

      Prissy stava pensando di tirare fuori il telefono e fare qualche foto, in modo da poter rubare qualche idea, quando sentì un rumore nell’angolo della stanza. Si voltò e notò che il suono veniva da dietro una grossa pianta. Per un momento, pensò di aver spaventato un animale che si stava nascondendo per restare al sicuro.

      Ma poi, in un’improvvisa esplosione di movimento, un uomo scattò da dietro la pianta e corse verso di lei con un’espressione di oscura intensità in volto. Prissy fu pervasa da un’imprevista ondata di panico. Avrebbe voluto gridare, ma aveva la gola completamente secca. L’uomo stava venendo dritto verso di lei. Alla fine Prissy riuscì a tornare in sé, sentendo il respiro pesante e rapido del suo assalitore.

      Scattò nel corridoio, correndo verso la porta. Ma correre con le ciabattine da spiaggia era difficile e dopo pochi passi Prissy perse l’equilibrio e cadde sul pavimento. Si rimise in piedi, con una infradito in meno. Il rumore dei pesanti passi alle sue spalle le fece esplodere l’adrenalina in corpo.

      Stava


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