Il Professore Romualdo. Enrico Castelnuovo
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Enrico Castelnuovo
Il Professore Romualdo
Pubblicato da Good Press, 2020
EAN 4064066069766
Indice
I.
Il dottor Romualdo Grolli, assistente alla cattedra di matematica in una Università del regno, e dilettante di chimica nel suo privato laboratorio, sedeva una mattina del maggio 1861 davanti alla sua scrivania, intento a copiare una Memoria da leggersi nell'Accademia scientifica e letteraria della città. Il tema, enunciato in un breve preambolo, era il seguente: Determinare il volume della porzione di cono circolare retto che resta compreso tra un segmento circolare, un segmento iperbolico avente comune col circolare la corda e la parte del manto conico che la chiude. Svolgendo il simpatico argomento, il dottor Romualdo era giunto a questo punto interessantissimo del suo lavoro:
dal triangolo A H G avremo H G = x sen ysen α
e si compiaceva assai dell'evidenza di questa dimostrazione, quando intese bussar leggermente all'uscio.
— Chi è? — egli gridò infastidito, tenendo sospesa in aria la penna.
— La posta — rispose una voce femminile alquanto fessa; e in pari tempo la signora Salsiccini, vedova di un impiegato alle ipoteche e padrona di casa del professore, entrò nella stanza e consegnò al suo pigionale una lettera appena giunta. Il dottore prese quella lettera distrattamente fra le dita e la posò sul tavolino, poi scrisse in continuazione della sua Memoria: Ne viene che l'area del segmento parabolico che si projetta in G H sarà 23 2 y x sen ysen α. Posto qui un punto fermo, egli si degnò di slanciare uno sguardo sull'epistola recatagli dalla sua padrona.
Intanto la signora Dorotea Salsiccini, che era una donnetta matura, corta, asciutta e linda della persona, era uscita senza far rumore, dopo aver abbassato le tendine di una finestra e aver spolverato la spalliera di una seggiola col rovescio del grembiale.
— Chi può scrivermi da Genova? — disse il professore (lo chiameremo spesso con questo titolo) quand'ebbe esaminato per dritto e per rovescio la sopraccarta. È inutile soggiungere che egli non manteneva una corrispondenza molto attiva. Ma la meraviglia e il turbamento dell'egregio uomo furono assai maggiori allorchè gli fu noto il contenuto del foglio. Eccolo:
«Genova, 12 maggio 1861.
«Stimatissimo Signore,
«Quantunque io non abbia l'onore di conoscerla, nè di essere da Lei conosciuto, La prego di voler recarsi immediatamente a Genova per ragioni di estrema importanza. Sarei venuto io stesso costì se mi fosse stato possibile di assentarmi per un paio di giorni, ma mi è forza attendere allo scarico del mio bastimento. D'altra parte, non credo opportuno di affidare alla posta le comunicazioni che debbo farle e le cose che debbo consegnarle. Io mi tratterrò in Genova per tutta la settimana; poi salperò per le Indie. A sua maggior guarentigia faccio autenticare la mia firma da questo Capitanato del porto.
«Appena giunto a Genova voglia cercar di me presso i signori Radice e Lupini, sensali di noleggio in piazza Banchi.
«Le ripeto che la faccenda per la quale Le dirigo questa lettera è tale da interessarla grandemente e da non poter essere confidata a terze persone.
«Mi creda
«Suo obbl. «Antonio Rodomiti
«Capitano di lungo corso, comandante la nave italiana a tre alberi, Lisa.»
Seguiva l'autenticazione indicata.
Il dottor Romualdo rimase di sasso. Chi era il capitano Rodomiti? Che poteva voler da lui? Un pensiero gli balenò alla mente, ma non vi si fermò più che tanto. Nondimeno tornò ad esaminare la lettera per vedere se vi fosse una parola che accennasse al luogo donde veniva la Lisa; ma non c'era nulla. Il capitano aveva stimato superfluo il dirlo o lo aveva taciuto ad arte. Telegrafare o scrivere per domandare schiarimenti era inutile. Su questo punto non c'era oscurità. Il signor Rodomiti diceva schietto che non avrebbe fatto le comunicazioni, nè consegnato le cose affidategli se non personalmente al professor Grolli. C'era un altro partito. Non darsi nemmeno per inteso del foglio ricevuto e continuare a svolgere l'elegante formula x sen ysen α.
No, no, quest'era impossibile. Il professor Grolli, quantunque avesse testa di matematico e abitudini di misantropo, non era poi un pezzo di marmo; egli sentiva che il capitano non gli aveva scritto senza una grave ragione, e che non era lecito di considerare la sua lettera come il capriccio del primo venuto. Che fare adunque? Prender la ferrovia, e quanto più presto tanto meglio. Il professore aperse un orario ch'egli aveva sul suo tavolino, e vide che a voler partire in giornata per Genova non ci era