Voglio Morderti Il.... Gemma Cates
riavvolgimento della percezione di Becca dava i numeri, la qual cosa, sinceramente, mi spaventava. Senza la capacità di accedere ai ricordi recenti di un donatore umano per manipolarli, come avrebbe fatto a nutrirsi?
I vampiri non hanno bisogno di molto sangue fresco per sopravvivere, ma senza una piccola quantità a intervalli regolari noi soffriamo di privazione di sangue (che non è bello) e poi di inedia da sangue (potenzialmente fatale).
E poiché i vampiri sono sempre stati un grande, grosso segreto, lei non avrebbe potuto semplicemente andarsene in giro per la città a mordere persone a caso senza alterare la loro percezione del morso. Avremmo risolto la cosa, e nel frattempo mi sarei assicurata che ricevesse il suo nutrimento, ma la faccenda restava preoccupante. Il nutrimento di squadra non sarebbe stato una buona soluzione a lungo termine, per cui dovevo avere fede nel fatto che avremmo trovato un sistema.
E come se non bastasse, la mia migliore amica soffriva anche di un caso di forti emozioni, il che era… complicato.
I suoi problemi erano decisamente più grandi dei miei. Questo era uno di quei momenti nell’amicizia in cui io dovevo essere quella che sosteneva e non quella da sostenere.
Dopo avere parlato con Becca dei suoi problemi, avevo bevuto un’altra tazza di caffè e avevo deciso che era ora di chiamare gli altri miei rinforzi. Becs era la mia persona di riferimento. L’amica più intima che avessi. E sebbene non le avessi rivelato alcuni segreti (per il suo stesso bene), lei mi conosceva meglio di chiunque altro.
Ma, in realtà, avevo altre amiche. Poiché volevo limitare l’umiliazione della sfida a seguito dei miei messaggi da ubriaca, per quanto possibile, dovevo scegliere: Yvette o Kayla?
Kayla, ultimamente, non si era fatta viva molto. In parte perché viaggiava per lavoro, ma anche quand’era in città era sempre difficile da trovare. Stava affrontando qualcosa. Avevo provato a contattarla, ma era una persona riservata, per cui non ero rimasta sorpresa quando aveva dichiarato che andava tutto bene. Tutto quello che potevo fare era offrirle di esserci – e magari non scaricare su di lei il mio dramma personale.
Quindi, Yvette era la fortunata vincitrice della mia lotteria dell’eccessiva condivisione.
Yvette era un tesoro. Un tipo dai modi grezzi, ma per me andava bene così. Se fosse stata del tutto arrendevole, beh… l’avrei lasciata perdere.
Lei ascoltava e mi dava dei buoni consigli. Dopo se la faceva sotto dalle risate. Ma io meritavo di essere derisa; la me ubriaca era un disastro.
Oltretutto, Yvette era stata alla festa ieri sera. Magari aveva notato Oliver.
Avevo deciso che potevo parlare e lavoricchiare in casa allo stesso tempo. Ero più che sveglia, per cui avrei anche potuto dedicarmi alle mie tradizionali pulizie post-festa, quelle che facevo dopo ogni festa alcolica che davo. Era più un riordinare post-festa, perché il servizio di pulizia era programmato per lunedì, ma doveva ancora venire e io potevo decisamente lavorare in multitask.
Yvette aveva risposto subito, un buon segno poiché era abbastanza presto. Lei non era rimasta alzata fino alle 3:17 a scrivere messaggi da ubriaca a un musicista barista.
“Qual è l’emergenza? Passo a prenderti e ti porto all’ospedale?” Non sembrava in preda al panico, quindi quella era la sua idea di essere spiritosa.
“Per quello c’è Uber. Ho bisogno di un consiglio.”
“Per quello ci sono le ambulanze, Megan. Che la dea ci salvi. E non sono sicura di avere preso abbastanza caffeina per qualsiasi cosa tu stia per dirmi.”
Pura Verità. Non telefonavo di frequente, preferivo mandare messaggi. E chiedevo consigli con ancora minore frequenza.
“Prepara il caffè mentre ascolti.” Ma il mio suggerimento non era necessario. In sottofondo potevo sentire scorrere l’acqua dal rubinetto. “Ricordi il bambinone peloso di ieri sera?”
“Tu pensi che qualunque uomo che non indossi un completo a tre pezzi sia un bambinone. Sii più specifica.”
Forse una quarta tazza di caffè era una buona idea. Decisamente.
Dirigendomi in cucina avevo detto, “Viviamo a Austin. Nessuno indossa un completo a tre pezzi, a meno che non vada a un matrimonio.”
“Um-hmm. Al tuo matrimonio, forse. Allora, stavamo parlando di uomini pelosi. Un uomo peloso in particolare, che non indossava un completo a tre pezzi. Quando dici peloso, di cosa parliamo? Peli sul torace anni ‘70, abbastanza lunghi cosicché la sua catena d’oro si perda tra essi? Riccioli fluenti imbrigliati in uno chignon da uomo? Dammi qualche indizio.”
Nel sentire il riferimento alla catena d’oro, mi era quasi caduta di mano la tazza di caffè appena riempita. “Wow, non so cosa dire. Ho la sensazione che, forse, di nascosto guardi vecchi porno.”
“Aw, tesoro, non sono vecchi porno. Sono classici porno.”
Non lo aveva negato. “Guardi classici porno senza di me?”
Una volta, a tarda sera, eravamo capitate su un film per adulti e c’eravamo divertite a ridere della storia – quale storia? – e dei movimenti con sottofondo musicale di lui. Avevamo guardato soltanto l’inizio. Guardare la parte dove lui asfaltava l’aiuola della povera donna con il suo attrezzo per trenta ore di fila e lei se ne stava lì a prenderlo non sarebbe mai successo.
Quel genere di porno era il motivo per cui il mondo, ora, è diventato amichevole verso le donne, porno non-completa-merda, quindi forse non era stata una completa perdita di tempo?
Nah. Del tutto inutile, a parte le risate.
“Aspetta.” Alla richiesta di Yvette era seguito il rumore di un macina-caffè. Quando era ritornato il silenzio, lei aveva detto, “Faccio fatica a fare battute senza un pubblico. E c’è così tanto materiale. La musica, le luci, la trama, il trucco. E le acconciature.” Aveva fatto un suono di disapprovazione. “Negli anni ‘70 avevano davvero problemi ad avere una peluria decente, sopra e sotto la cintura.”
“Hmm,” avevo mormorato, dopodiché avevo sorseggiato il mio caffè. “Non lo nego, ma ho un problema che deve essere gestito, per cui dovremo mettere da parte il fatto che mi stai tradendo.”
“Va bene. Ho ancora qualche minuto prima che il mio caffè francese sia pronto. Finché non avrò preso la mia dose mattutina, dovrai parlare lentamente e chiaramente, ed evitare qualsiasi rivelazione scioccante.” Il rumore di una sedia che veniva trascinata aveva sottolineato la sua richiesta. “A meno che non si tratti di quel tipo sexy che hai baciato ieri sera. Quello che palpeggiavi nell’angolo non-interamente-buio del tuo soggiorno.”
Mi ero sistemata su uno dei due sgabelli infilati sotto la sezione bar dell’isola della cucina. Meglio lasciar perdere le pulizie mentre facevo quella conversazione. Sedersi era un’opzione molto migliore.
“Dal tuo silenzio, suppongo che tu presuma che nessuno l’abbia visto.” La sua voce si era ammorbidita.
“Uh, non esattamente. Speravo solo che non fosse l’attrazione della serata, visto che c’erano anche alcuni miei colleghi.” Avevo spinto via la tazza. Forse tre tazze e mezza di caffè erano troppe.
“Oh, tesoro.” Yvette si era messa a ridere, allentando parte della tensione che provavo. “I tuoi colleghi si ubriacano persi alle tue feste. L’ultima cosa che fanno è giudicarti per le tue attività sessuali.”
“Lo spero. Non credo di perdere il lavoro per un bacio fuori dall’orario di lavoro che ho dato a casa mia, ma in genere non mischio dimostrazioni pubbliche di affetto con eventi sociali para-lavorativi.” Esprimendo il fatto che non essere disoccupata lunedì sarebbe utile. Era solo che avevo quell’altra cosa di cui preoccuparmi. Quella cosa alta più di 1,80, non-così-pelosa, molto flessibile.
“Esattamente. Quello di ieri sera è stato un comportamento atipico. Probabilmente se ne saranno già dimenticati. Inoltre, non è che ti puoi presentare come un Jon Snow vampiresco. Adesso quel tipo ha qualcosa per cui essere in