I gatti di Sallustio. Salvatore Algieri
Si sapeva della sua avventura con Fausta, la figlia di Silla, e di come i due furono sorpresi dal marito di lei, proprio Milone. Solo dopo una buona porzione di legnate e dopo aver pagato un’“ammenda” Sallustio riuscì a scappare. A rincarare la dose si fece avanti il grammatico Leneo, un liberto di Pompeo, che forse per vendicarsi dell’atteggiamento ostile di Sallustio verso Pompeo, apostrofò lo storico come “canaglia, mangione e individuo abietto”. Ma il fatto che Sallustio appartenesse al partito di Cesare giocò sicuramente un ruolo in questa vicenda e inoltre gli optimates volevano vendicarsi della sconfitta subita nel caso Milone. Quando Cesare ritornò al potere nominò Sallustio di nuovo questore e così lo fece rientrare nel senato. All’inizio della guerra civile tra Cesare e Pompeo troviamo Sallustio al fianco di Cesare come comandante di una legione che operava in Illiria ma che fu battuta dai pompeiani.
Neanche la successiva “operazione militare” di Sallustio ebbe molto successo. Le truppe di Cesare erano stazionate in Campania nel 47 e si preparavano alla prossima campagna in Africa. Stavolta Cesare non fu in grado di mantenere le promesse che aveva fatto alle truppe, che si ammutinarono. Cesare inviò Sallustio in Campania per cercar di calmare le acque ma, come riferisce Cassio Dione,
….ci mancò poco che i soldati lo uccidessero. Quando gli riuscì di sottrarsi alla loro ira e s’incamminò verso Roma per riferire a Cesare molti dei soldati ribelli lo inseguirono e non risparmiarono nessuno sulla loro strada uccidendo anche due senatori.
Arrivati a Roma, i ribelli vollero parlare con Cesare e si lamentarono degli innumerevoli strapazzi e pericoli ai quali si erano esposti per lui e pretesero non solo che versasse loro la promessa ricompensa ma anche che li congedasse. Cassio Dione:
….ma non volevano veramente tornare a vita privata – questo era lontano dalle loro intenzioni poiché si erano da tempo abituati ai vantaggi della vita militare – in realtà pensavano di esercitare pressione su Cesare e così di poter vedere realizzate tutte le loro richieste: l’occasione era propizia perché Cesare era in procinto di partire per la sua campagna in Africa.
Ma Cesare conosceva bene i suoi uomini; fece finta di accondiscendere e disse:
“Avete ragione, cittadini. Voi siete esausti e pieni di ferite!” e li congedò tutti sul posto come se non avesse più bisogno di loro.
I soldati non erano preparati a questa svolta e si sentirono particolarmente offesi perché li aveva chiamati “cittadini” e non “soldati”. Alla fine la maggioranza si decise per la continuazione del servizio sotto Cesare e la sua armata si trasferì in Africa dove, dopo le prime difficoltà, poté sconfiggere i pompeiani. In questa campagna Cesare conquistò per Roma la Numidia (parte delle odierne Algeria e Tunisia) cui fu dato il nome di Africa nova. Sallustio combatté in queste battaglie al fianco di Cesare e riuscì con un colpo di mano ad asportare ingenti quantità di grano per l’approvvigionamento della truppa dall’isola di Cercina (oggi Kerkennah). Per il suo contributo Sallustio fu lautamente ricompensato; di nuovo Cassio Dione:
…. [Cesare] gli consegnò i Numidii come sudditi, non tanto per governarli quanto per derubarli in grande stile. In ogni caso questa persona si fece corrompere, si appropriò di tante ricchezze e si rese colpevole di tanti ladrocinii che fu accusato e dovette subire parecchia vergogna: infatti, nonostante avesse formulato tanti scritti contenenti amare considerazioni sulle “sanguisughe”, non si comportò secondo le sue parole.
Non era raro che i proconsoli si arricchissero a scapito delle province da loro governate ma nel senato romano era ancora presente un resto di onestà e spesso al loro ritorno questi signori erano portati davanti al giudice. Nel caso di Sallustio sappiamo da diverse fonti che egli fu processato ma anche che Cesare, ora assoluto padrone di Roma, stese una mano protettrice su di lui, si dice dietro un adeguato “kick-back”. Era l’anno 45 a. C. Un anno dopo Cesare fu assassinato.
Dopo la morte di Cesare Sallustio non vide più possibilità di affermarsi nella giungla della politica romana e si ritirò a vita privata nella sua villa. Egli stesso ci fa sapere – all’inizio della Congiura di Catilina:
….quando dopo tante sofferenze e contrarietà mi rimisi in pace ed ero fermamente deciso a passare il resto della mia esistenza lontano dagli affari di stato, non era mia intenzione di sprecare il tempo con ozio inutile oppure di dedicarmi per sempre all’agricoltura o alla caccia, come fanno gli schiavi. Niente affatto; io mi volsi alla mia vecchia passione, dalla quale una volta la mia smania di onori mi aveva distolto, e decisi di scrivere alcune parti della storia del popolo romano….
Al contrario di Sallustio, dopo la morte di Cesare, Cicerone ritenne che la grande occasione fosse finalmente arrivata per giocare un ruolo importante nella politica di Roma. Cercò di spingere Ottaviano al conflitto con Antonio e tenne diversi discorsi infuocati (le “Filippiche”) contro Antonio. Cicerone provocò Antonio continuamente finché questo gli mandò dietro i suoi sicari. Il giovane Ottaviano, non ancora “Augusto”, si era nel frattempo rappacificato con Antonio e non fece nulla per proteggere Cicerone che cercò scampo nella fuga verso il porto di Gaeta, ma fu raggiunto prima di arrivarvi. Allora Cicerone fece posare a terra la lettiga e sporse fuori la testa che gli fu tagliata dai sicari di Antonio.
Suggerimenti bibliografici
(Per una più completa bibliografia vedi: http://www.hortisallustiani.de/ )
Gaio Sallustio Crispo, Opere, a cura di Paolo Frassinetti e Lucia di Salvo, UTET, Torino (eBook).
Ronald Syme, Sallustio, Paideia, Brescia, 2000.
Ronald Syme, La rivoluzione romana, Piccola biblioteca Einaudi, Torino, 2014.
Marco Tullio Cicerone, Lettere ad Attico, a cura di Carlo Vitali, Zanichelli, Bologna, 1960.
Cassio Dione, Storia romana, 8 volumi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano (in particolare Libri 40-49).
3. Ma è tutto vero?
Gli antichi storici e scrittori non si sono solo occupati di guerre, fondazioni di stati e gesta eroiche, essi hanno spesso condito le loro storie con dettagli più o meno piccanti dalla vita dei loro famosi personaggi. L’hanno fatto anche Sallustio e Cicerone ma naturalmente non potevano evitare che quelli che sono venuti dopo di loro abbiano fatto altrettanto a loro spese. Ma è tutto vero quello che si racconta di Sallustio? Gli storici di oggi provano un certo piacere a smontare i pettegolezzi più interessanti della storiografia antica. Nessuno vuol fare la figura dell’ingenuo garante di una fonte poco attendibile e così nella sfera degli storici si coltivano parecchi dubbi sull’autenticità di alcune storie che hanno Sallustio come protagonista, p.es., sulla scappatella con Fausta, la moglie di Milone: il racconto viene da Aulo Gellio che però si rifà allo storico Varrone, una persona di grande affidabilità e autorità. Anche il supposto kick-back che Cesare avrebbe ricevuto da Sallustio per liberarlo dai guai processuali viene messo in dubbio; solo lo pseudo-Cicerone menziona la somma esatta: 12000 sesterzi. Gli storici non indietreggiano nemmeno davanti a un santo e padre della chiesa come Girolamo: la sua informazione su un matrimonio di Sallustio con Terenzia, l’ex-moglie di Cicerone, è considerata come un’invenzione. Cicerone aveva divorziato da Terenzia e aveva poi sposato la quindicenne Publilia. Girolamo racconta che Terenzia, dopo il divorzio dal famoso oratore, aveva sposato il suo “rivale” Sallustio, dopodiché aveva sposato Messala Corvino che era anche attivo come scrittore ma che evidentemente non godeva di grande fama letteraria. Nessun’altra fonte conferma questa carriera di Terenzia ma Girolamo osserva con piacere che Terenzia era, per così dire, capitombolata con i tre matrimoni diversi gradini giù per la scala dell’eloquenza. È vero che san Girolamo è uno dei fondatori della teologia anti-sesso della chiesa cattolica e il suo racconto su Terenzia si trova nel libello antifemministico Adversus Iovinianum insieme ad altre impertinenze come quella su Xantippe, la moglie di Socrate. Questo libello aveva per scopo di tener lontani gli uomini, in particolar modo i preti, che allora potevano ancora sposarsi, dalle macchinazioni delle donne. Forse lo zelo religioso ha preso il sopravvento sull’obiettività storica