Una promessa rubata. Olga Kvirkveliya

Una promessa rubata - Olga Kvirkveliya


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delle truppe, cercano di lasciare città sperando di trovare rifugio dalla guerra. I crociati li fanno passare permettendo loro di raggiungere parenti o amici.

      Con un gruppo di profughi andava anche Abdullah, un vecchio con i capelli grigi. Si era storto un piede ed era costretto a restare indietro rispetto agli altri. Le suore lo hanno fasciato e fatto riparare all’ombra. Per alcuni giorni non è stato bene, poi si è abituato al campo ed è rimasto con i crociati, servendoli come interprete e informandoli sugli usi e costumi locali.

      – ‐ Dove devo andare? Non ho nessuno, non ho paura di niente. La morte mi troverà ovunque quando arriverà il tempo! -‐ aveva confidato.

      Abdullah è matematico e astronomo ma anche un uomo di vasta cultura. È innamorato della sua professione e sa raccontarla in modo così affascinante che di sera attorno al falò i crociati lo ascoltano a bocca aperta. Ad esempio:

      – ‐ Quanto fa uno più uno? – egli domanda.

      – ‐ Due! – rispondono tutti insieme.

      – ‐ E no! Un gatto più un topo faranno un gatto, e un coniglio più una coniglia faranno ventiquattro cuccioli!

      – ‐ Mah! È vero!

      Gli ascoltatori sono spiazzati.

      – ‐ Oppure: un cavaliere più un fante saranno due uomini e un cavallo -‐ li punzecchia il vecchio.

      – ‐ Aspetta, qualcosa non va! Ci hanno insegnato: uno più uno fa due, due più due fanno quattro. Guarda: una moneta e un’altra moneta sono due monete, una mano più un’altra sono due mani.

      – ‐ E una mano più un piede? – sorride con furbizia Abdullah.

      – ‐ Anche due!

      – ‐ Ma due di che cosa? Di mani o di piedi? Adesso, cari miei, dobbiamo capire che cos’è l’astratto e, quindi, la generalizzazione…

      Quando il falò si spegne, tutti sono sdraiati sull’erba, guardano il cielo e il vecchio gli racconta delle stelle.

      4

      Queste serate piacevano a tutti, ma una sfortunata notte la scintilla del falò dà fuoco alla tenda dove dormono le suore. In un attimo la fiamma spicca il volo. I crociati corrono a spegnere il fuoco coprendolo con la sabbia. Abdullah corre tra le fiamme nella tenda e comincia ad aiutare le donne ad uscire: la prima, la seconda, la terza… poi si sente soffocare e cade. Quando riescono tirarlo fuori è ormai troppo tardi. C’è ancora qualche barlume di vita, ma è chiaro che non è possibile salvarlo.

      – ‐ Battézzati, ti prego, battézzati! Ho tanta voglia di incontrarti nel regno celeste! – lo prega insistentemente Teresa.

      – ‐ Non addolorarti, ragazza, -‐ disse con un filo di voce Abdullah -‐ se il vostro Dio è così saggio e misericordioso come credete, qualcosa inventerà per me…

      Teresa che è stata una delle prime a scappare dalla tenda per aiutare spegnere l’incendio, siede vicino al corpo del vecchio, impietrita. “Come me vicino al corpo di Miriam”, pensa Latron. Si siede accanto a Teresa e l’abbraccia:

      – ‐ Sai, Abdullah ha nuovamente ragione… Dio ha pensato già a tutto. Tra l’inferno e il purgatorio c’è la Valle verde…

      Pedro ripete le parole del monaco nello stesso modo ritmico e tranquillizzante e sente che Teresa si ravviva, poi comincia a singhiozzare, infine si acquieta:

      – ‐ E tu, quando finirà questa campagna, fonderai una comunità e pregherete la Madonna di Valverde, bruna con gli occhi neri, per tutti gli uomini non battezzati ma giusti, per Miriam, per Abdullah. Sono sicuro che ti appoggeranno in molti. Guarda, anche i templari hanno già scelto come loro protettrice la Madonna nera, e non a caso. In verità essi citano “Il Cantico dei cantici”, ma penso che il motivo sia un altro…

      E così fu. Lo stesso anno ad Acri fu fondata la prima comunità femminile della Madonna di Valverde, nel 1229 le suore di quest’ordine giunsero nei dintorni di Matera e più tardi presso Vibinum.

      Il conte Pedro Ladron Guevara torna in Spagna, trova moglie e fa crescere i figli, per avere qualcuno a cui affidare le sue promesse.

      Capitolo III

      Don Pedro junior

      L’anno 1157

      1

      Fin dal mattino era agitato, anche se cercava di non farlo vedere. Altro che! Per la prima volta, dopo dieci anni passati lontano dalla patria, stava tornando in Spagna.

      Nella sua agitazione c’era tutto: il presentimento del viaggio lungo e difficile; la gioia dell’imminente incontro con la madre e la nonna; l’orgoglio della partecipazione all’importante impresa; ma anche una certa preoccupazione, se non proprio paura.

      Procedevano in grande reparto, composto da drappelli di cavalieri giunti dai diversi monasteri. Era stato il suo grande nonno e omonimo, Pedro Ladron de Guevara, ad aver creato e organizzato questa struttura.

      Tornando dalla crociata, il nonno Pedro si era preoccupato di trovare una moglie degna di essere madre dei suoi futuri figli. Non si faceva illusioni sulla possibilità di liberare subito Calaat-‐Rava, così cara al suo cuore: il re non aveva le forze per questa impresa militare. Ma il motivo principale era che ai giovani militari non era concesso il tempo di acquisire l’esperienza necessaria né quello di sposarsi e fare figli.

      I Mori, infatti, controllavano attentamente ogni gruppo di giovani e colpivano prima che diventassero adulti. E così nella testa di Pedro era maturata un’idea: bisognava mandare i figli minori nei paesi vicini e là farli diventare dei veri militari. In questo caso i Mori non avrebbero potuto raggiungerli e sarebbe stato possibile preparare, a loro insaputa, un vero esercito.

      I monasteri della Francia e dell’Italia sarebbero dovuti diventare centri per la preparazione di quei giovani. Ma i signori locali non avevano alcun interesse a riempire i monasteri di cavalieri armati; il nonno doveva usare tutta la sua capacità diplomatica e strategica per convincerli.

      Il monastero di Troia (dove avrebbe in seguito studiato Pedro nipote) era stato dato agli Spagnoli nel 1124, dopo che il drappello di giovani cavalieri sotto la guida di Sancho, figlio del primo Pedro e padre del secondo, aveva aiutato i Normanni, e in particolar modo il conte di Loretello e il re di Sicilia Ruggero II, a rafforzare il loro potere in Puglia. Da allora momento il monastero si chiamò San Nicola Calatrava.

      In ogni modo non era possibile tenere molti giovani in un solo posto perciò quando arrivavano nuovi gruppi di ragazzi si costruivano o si prendevano in gestione nuovi monasteri.

      Con il tempo il numero dei militari preparati era cresciuto. Nel 1147 un drappello di giovani, sotto la guida dell’abate del monastero di Orsara, era partito per la Spagna. Ufficialmente si disse che l’abate spagnolo aveva organizzato il lungo viaggio per ricevere notizie e creare un rapporto d’amicizia con il re, anche se la loro amicizia durava già da molti anni – erano nati e cresciuti nella stessa città. Il motivo per cui aveva preso con sè tanti

      “frati” era dovuto alla pericolosità del viaggio. Ma tutti i cavalieri sapevano che li aspettava una grande battaglia: la liberazione di Calaat-‐Rava.

      E la battagia ci fu. Calaat-‐Rava fu liberata e l’abate ricevette dal re la villa Bamba per il coraggio dei suoi “frati”.

      Tra i giovani c’era anche il fratello maggiore di Pedro junior, Vela, a cui fu affidata Bamba. Lì -‐ presso Bamba, non Calaat-‐Rava -‐ fondò subito il santuario della Madonna di Valverde. Così la promessa del nonno non era stata realizzata pienamente. E adesso – morti in battaglia sia Pedro che suo figlio Sancho – Vela, il nipote maggiore di Pedro, doveva farlo.

      2

      Tutto questo il giovane Pedro aveva saputo dai racconti


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