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che vuoi? la è una delle prerogative della lingua cinese. —
E così, giostrando a sciocchezze, si separarono.
– Stattene a tuo bell'agio sdraiato, – disse Felicino a Roberto, che voleva alzarsi per accompagnarlo in anticamera: – conosco la strada; tirerò l'uscio dietro di me.
– Fiat voluntas tua!– rispose Roberto, a cui in quell'ora la posizione orizzontale era dolce come a Magnasco il pensiero di sposar sua cugina, o, per dir meglio, le sue cinquecento mila lire.
Alle quali cose pensando, e al soccorso che gli avrebbe prestato
Fenoglio contro la ostinata resistenza della cuginesca cittadella,
Magnasco se ne andò col cuore contento e il piè leggiero.
E andandosene, trasse l'uscio dietro a sè, siccome aveva detto a Fenoglio; ma non badò punto a sincerarsi se la stanghetta della toppa a sdrucciolo, che chiudeva la porta del suo amico, avesse battuto nell'orlo della bocchetta, per modo da cacciarvisi dentro e chiuder davvero.
Oh dio Caso, eccone delle tue!
II
Roberto Fenoglio, come vi ho detto, era rimasto sdraiato sul suo canapè; un soffice canapè foderato di velluto, dal quale io, se ci fossi stato, non mi sarei mosso neanco per andare a nozze, e metto pegno non vi sareste mosso voi, cortese lettore, neanco per mandare a comperare il libro che mi dà modo di ragionare con voi.
L'annoiato mandarino stava fantasticando, tra la veglia e il sonno, intorno ai consigli di Felice Magnasco.
– Vedete mo che ingegno ha quel capo ameno di Felicino! Egli è giunto a sciogliere un problema, pel quale io mi vo beccando da dodici anni il cervello. Abbandonarsi all'ignoto, lasciar operare il dio Caso, ragionare co' piedi, equivale a sfuggire il tran tran della vita. L'equazione è perfetta, e un matematico non ci troverebbe nulla a ridire. Applichiamola dunque!.. E prima di tutto, che cosa farò io tra dieci minuti? che bestia! cominciavo a ragionare! non debbo, non voglio sapere, che cosa farò tra dieci minuti… Auf! che sonno! andiamo a dormire; sarà la miglior cosa che io possa fare. Felicino dovrà tornare stamane per condurmi dalla sua bella cugina, e non posso andare da lei morto dal sonno. E da capo! No, io non debbo andare a dormire; la è cosa troppo usuale; io ricasco nella consuetudine, e questa io debbo sfuggirla ad ogni costo. Eccomi qui, su questo canapè… Ci sono a caso… Chi ardirebbe asserire che io non ci sono per mero caso? Che cosa mi accadrà egli di nuovo su questo canapè? L'ardua sentenza ai posteri. Che sonno! andrei volontieri a letto… Ma via, Fenoglio, non lasciarti così vilmente sopraffare dalla ragione! Si direbbe che hai paura dell'ignoto. Chi è questo signor ignoto?.. È brutto o bello? E la cugina di Felice, è bella davvero come ei la dipinge? O non l'ama piuttosto per le sue ricchezze? Già, volere o non volere, il denaro si ficca sempre dappertutto. Diciamo di no; sacramentiamo che non è vero; ma la ricchezza comanda agli occhi del nostro corpo, come a quelli della nostra ragione… Ma chi sa? potrebbe anco esser bella, questa cugina!..
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