La plebe, parte I. Bersezio Vittorio
declamazioni tentano provare. Sono forti in primo luogo, perchè sono; ed ogni ordinamento che esiste, si afforza per le migliaia di interessi cui soddisfa, che sono come altrettante radici che getta ad abbarbicarsi nella massa sociale. Sono forti perchè effettuano un'idea che sta profonda e potente – sia merito o demerito – nel volgo: l'idea monarchica. Sono forti, perchè, come dicesti tu Giovanni, stanno a rincalzo dietro di loro le baionette straniere, che non sono mica da aversi in non cale. Contro tutte queste forze noi non ne abbiamo altra che quella d'un'idea, la quale certo è potentissima, ma sull'anima soltanto di coloro che possono comprenderla. Ora il popolo italiano è egli maturo per ciò? E badate che a portar giudizio su codesta quistione non dovete soltanto gettare il vostro sguardo su voi e sui pari vostri, ma li dovete abbassare nei ranghi inferiori, dove una massa di gente ancora affatto cieca di mente costituisce la maggioranza, lavora e non pensa. Questa maggioranza sia inerte, peggio ci sia avversa, e noi patrioti a fronte dei governi saremo mille volte più deboli. Queste cose ve le dissi fino da principio e le ripetei a Vanardi, perchè badasse ai casi suoi. Io, tu Romualdo e tu Giovanni siamo soli, e non portiamo con noi la sorte di altre esistenze; libero a noi, anzi doveroso l'avventurarsi in questi tentativi che hanno pure un merito ed un benefizio: quello di mantener viva l'idea e di legare traverso le età per una tradizione di sacrifizi la catena dei cultori d'un santo principio che un dì, certo, avrà pur da trionfare; e poi è opportuno, è buono che in una società si trovino alcuni generosi che si consacrino alla follia dell'eroismo. Ciò serve di sale a difendere alcun poco il corpo d'una nazione caduta dalla corruzione che l'invade. Amo ed ammiro Mario Tiburzio, perchè è il tipo di codesti generosi; e lo seguo senza riluttanza ancorchè non fiducioso dei suoi mezzi. Il patibolo con lui, mi parrebbe davvero l'aureola del martirio. Ma Antonio non può regalarsi questa gloria, senza offendere altri suoi doveri. La famiglia per lui deve stare innanzi alla patria; e non deve posporre il bene certo di quella ad un bene incertissimo di questa. Tu, Antonio, non hai miglior partito da prendere che abbandonarci in questa via scabrosa, che probabilmente trae soltanto al precipizio, e ritrarti sotto la tenda della tua felicità domestica.
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