Nemmeno un bacio: Dramma in tre atti e un epilogo. Bracco Roberto
dico!.. Voi trattate il vostro maestro come se fosse un citrullo vestito! Non è questo il modo di comportarvi!.. E che San Tommaso vi potete imparare, così? (Poi, tra sè, agitandosi) Io mi vedo perduto. Io mi vedo perduto. Il tempo stringe. La materia è ampia! E fa caldo, per giunta… Fa caldo! (Si soffia col suo cappelletto.)
SCENA OTTAVA
(di fuori, vociando) Zia Clotilde!.. Zia Clotilde!.. (Indi, più velocemente) Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde!
Oh Oh! Che carrucola!
(entra a passi rapidi, ripetendo:) Zia Clotilde! Zia Clotilde! Zia Clotilde! (Vede Don Giacinto e, senza badargli, senza fermarsi, lo saluta appena) Buon giorno, signore! (Fa un giro per la stanza continuando vertiginosamente) Zia Clotilde, zia Clotilde, zia Clotilde, (infila la porta a destra) zia Clotilde, zia Clotilde… (La sua voce si allontana.)
(l'ha seguìta con lo sguardo, intontito.)
(tornando) Ho visto slanciarsi dal cancello superiore del parco una signora; ma non ho capito chi è.
Io, invece, l'ho capito. È una maniaca. Sicuro! Una maniaca che ripete cento volte in un minuto «zia Clotilde».
Una maniaca?!.. Ma no… Dov'è?!..
Sta perlustrando liberamente tutta la casa. Eccola qui!..
(di dentro) Zia Clotilde, zia Clotilde, zia Clotilde… (Venendo diritta, s'incontra, di faccia, con Enrico e gli si ferma davanti) Oh oh!.. Il cuginetto prete, forse?.. (Vivacissima) Io so d'avere un cuginetto prete, o quasi prete. Siete voi?
(guarda impastoiato.)
Se è certo che siete mio cugino, vi do subito del tu e vi abbraccio.
(sempre più impastoiato) … Io sono Enrico.
Io sono Nanetta.
Ma sì… Ora vi riconosco. Da che sono entrato in seminario non ho avuto più l'occasione di vedervi. Là per là, non potevo riconoscervi.
E io, ugualmente. Mi ti ricordavo un puttino, ti ritrovo uomo. Cioè… cioè: uomo non è la parola esatta. Vestito in cotesta maniera!..
È vero.
(preso da una specie di spavento, si agita più che mai, tentando di appartarsi. Sembra un pappagallo che, in allarme, si rabbuffi.)
(a Enrico, con brio crescente) Intanto, non ti ho abbracciato. (Fa per abbracciarlo.)
(evitando, arrossendo) No, no… Grazie…
Guarda lì. Sempre lo stesso!.. Nemmeno quando eri un mocciosetto ti lasciavi abbracciare da me. (Si scioglie il fitto e abbondante velo che le avvolge la testa.) E ricordo che me ne arrabbiavo, perchè i bambini erano la mia adorazione e la mia aspirazione. Avevo poco più di vent'anni e già avrei voluto esser madre di tre o quattro marmocchi. (Con capricciosa mutevolezza, indicando Don Giacinto, abbassa la voce, ma non tanto che egli possa non udire.) E dimmi: quel signore, che è più prete di te, chi sarebbe?
(sulle spine – presentandolo) Il mio maestro di teologia: il professor Tabarra.
(affrettandosi a presentarsi da sè e a stringergli la mano) Nanetta d'Altuna, felicissima di conoscerla! Io non so bene di che si tratti, ma deve essere interessante la teologia…
(con una gran voglia di svignarsela) Sì… È probabile.
Assisterò volentieri a qualche lezione. Purchè sia roba per signorine, beninteso… come, per esempio… Il padrone delle Ferriere, Il romanzo d'un giovane povero…
(storce il viso, fa gli occhi d'un bue.)
(gettando, a molta distanza, sul canapè, il velo che s'è tolto e la borsetta di viaggio) A scanso d'equivoci, professore, io sono ancora una signorina. Forse lei ne ha dubitato vedendomi giungere qui, tutta sola, in automobile. Ma io, oramai, americaneggio, sa. Ho fatto per troppo tempo la signorina italiana. N'ero stufa! Due piedi in una scarpa… Capirà!.. E poi ce l'ho nel sangue un po' d'America. Mia madre – la moglie dello zio di Enrico – è un'americana. A lei, professore, evidentemente, non piacciono le signorine americaneggianti come me.
Se non ho aperto bocca!..
Scusi: perchè non le piacciono?..
Chiedo licenza… I miei rispetti, i miei rispetti, i miei omaggi, i miei ossequi… (Se la svigna verso il parco, tenendosi con una mano la pancia, mettendosi con l'altra il cappelletto sul cocuzzolo.)
E la lezione, professore?!
(allungando le gambe e uscendo) Tornerò! Tornerò, figliuolo! Tornerò. Tornerò.
SCENA NONA
È buffo il tuo professor Tabarra!
(timido) E voi… voi siete… piuttosto allegra, mi pare.
Altrochè… (Effimera) Allegrissima! E sin dalla nascita sono allegrissima! Di solito, si nasce piangendo?.. Mi è stato assicurato che io, viceversa, nacqui ridendo. (Col pensiero saltellante) Ma, dunque, che n'è di questa zia Clotilde? Dove si cela?
La mamma è uscita insieme col signor Liberti.
Ahi… Col signor Corrado?
Lo conoscete molto?
(con una particolare intonazione) Sì, abbastanza!.. Che siano andati alla stazione per ricevermi?.. È possibile, perchè io avevo annunziato alla zia il mio arrivo senza avvertirla che sarei venuta in automobile.
Mi duole che la mamma non sia in casa…
Mentre sto ad aspettarla, mi terrai compagnia tu, spero.
Come volete.
E sarai, certamente, molto cortese, molto galante. Ti è proibito di essere galante?
(confuso) Non credo.
Se non ti è proibito, comincia col togliermi questa spolverina. (Svoltandosela già sulle spalle) Articolo primo della galanteria: «L'uomo deve togliere la spolverina alla donna».
(preoccupato) Mi proverò.
Animo, cuginetto, chè pericoli non ce ne sono!
(goffamente, cerca di eseguire.)
Aspetta, che mi laceri qualche cosa. Ciò non è prescritto dal codice della galanteria. Anzi! Divieto assoluto di lacerare!.. Pianino pianino… Bravo!.. Così!..
(soddisfatto) Devo togliere altro?
Ah, no!.. Togliere altro, no! E adesso, tu mi inviti a sedere, e io seggo: io t'invito a sedere, e tu siedi.
(resta lì, immobile, attento, a guardarla, tenendo la spolverina, delicatissimamente, come se fosse una preziosa ragnatela, con la punta delle dita.)
Non