Il perfetto amore: Dialogo in tre atti. Bracco Roberto
Il perfetto amore: Dialogo in tre atti
ATTO PRIMO
Il salotto di un piccolo albergo elegante. – Qualche canapè, seggiole a sdraio, poltrone, poltroncine. Nel centro, una gran tavola, su cui sono, bene ordinati, giornali, guide, riviste, orarii di ferrovie. Quasi presso la parete sinistra, un po' di sbieco, un pianoforte col dorso rivolto al muro. Dinanzi al pianoforte il relativo sediolino senza spalliera. Verso lo stesso lato, un tavolino con su un mazzo di carte francesi ed altri oggetti da giuoco. Al lato opposto, nel primo piano del quadro scenico, uno scrittoio, che è diviso in due da un rialzo intarsiato, sicchè due persone vi si possono sedere di faccia senza che si diano soggezione. Nella parete destra due porte – aperte. Nella parete di fondo, poco discosta dall'angolo che questa forma con la parete destra, un'altra porta coi battenti di vetro – spalancati – , che dà in una serra.
SCENA UNICA
(seduta al pianoforte, suona un brano del «Crepuscolo degli Dei.»)
(fa capolino dalla prima porta a destra, vede Elena, e si avanza. – Resta lungamente ad ascoltare. Poi, mormora fra sè:) Perbacco! Wagner a memoria! (Ascolta ancora. Riflette.)… Wagnerofila!
(accorgendosi di non essere sola, si alza subito.)
(si dirige verso il pianoforte per incontrarla di fronte.)
(deviando bruscamente, lo evita. – Siede presso la tavola, sceglie fra i giornali un fascicoletto pieno di piccole caricature, e, con disinvoltura, lo sfoglia.)
(la contempla alle spalle. – Si morde il labbro inferiore, e ha un moto di ostinazione intraprendente. – Assume un'aria d'indifferenza, siede anche lui presso la tavola, e cerca tra i giornali. – Con in mano una rivista, ne legge il frontespizio, levando un po' la voce per farsi udire:) «La Rinascenza Latina, rivista di scienze, lettere ed arti». (Riponendola sulla tavola) Non mi riguarda. (Ne piglia un'altra) Vediamo questa. (Ne legge il frontespizio:) «La donna Italiana». «Esce ogni due mesi». (Comentando) Esce molto di rado la donna italiana! (Sottecchi, guarda Elena con la speranza di sorprendere un sorriso o un qualunque segno di approvazione o di protesta alla scipita barzelletta.)
(ha gli sguardi fissi sul piccolo fascicolo da lei sfogliato.)
(lascia cadere sulla tavola quest'altra rivista, e, dopo di aver notato che il fascicolo che ella sfoglia è il «Punch», cerca di nuovo fra i giornali parlando a sè stesso, sempre con lo scopo di costringere lei a udire:) È curioso!.. In un hôtel così internazionale, manca il «Punch»! Peccato!.. Il «Punch» è il più ameno giornale di caricature ch'io mi conosca! (Poi, mostrando di accorgersi adesso che lo ha lei) Ah no, non manca. Lo ha la signora.
(getta su i giornali il fascicoletto e si allontana dalla tavola.)
… Io avrei potuto bene aspettare.
(impassibile, non ha per lui neppure un cenno. – Tocca il bottone del campanello elettrico. – Si sdraia in una poltrona.)
Tuttavia, profitterò della cortese abnegazione. (Si mette a guardare le caricature del «Punch».)
(Un cameriere tedesco, biondo-rossastro, comparisce dalla seconda porta a destra e si pianta come un soldato.)
(al cameriere:) Un caffè nero.
Ja.
Un caffè nero anche a me.
Ja.
Un caffè nero espresso.
Ja.
Espresso anche a me.
Ja. (Via.)
(impulsivamente, ha lanciato a Ugo uno sguardo severo.)
(ha sorpreso lo sguardo, e coglie questa occasione per rivolgerle la parola.) Non c'è da aversela a male, signora. Dopo colazione io soglio regalarmi un caffè nero, come fa quasi tutta l'umanità. E, siccome ella ha avuta la buona idea di ordinarlo espresso, io, che mi son ricordato d'aver preso stamane, in questo medesimo hôtel, un caffè non espresso che era un veleno, ho adottata la sua buona idea immediatamente. È molto semplice.
(fingendo di non badargli, si alza, e giunge, lenta, al tavolino su cui è il mazzo di carte francesi. Lo prende, mescola le carte. Siede. Comincia a fare un solitario: il «solitario di Napoleone».)
Nondimeno, le chiedo scusa se mi sono permesso di non volermi avvelenare una seconda volta.
(ritorna, portando due servizi di caffè. Ne posa uno sul tavolino dinanzi a Elena, l'altro sulla tavola dinanzi a Ugo. Indi, fa per andare.)
(chiamando:) Cameriere!
(si ferma, si volta.) Bitte?
(versando il caffè) Dite al Direttore che voglio mutare di camera. Al primo piano si sta malissimo. È pieno di gente importuna e indiscreta.
(serio e corretto, col suo duro accento di tedesco e con la sua personale lingua italiana) C'è soltanto unico signore qui presente.
Grazie mille per la delucidazione!
(che non ha capito) Bitte?.. Prego ripetere a me ancora il comandamento.
Ma che «comandamento»? Vi ho ringraziato. C'era proprio bisogno d'indicare quale fosse la gente importuna e indiscreta?
Ah, ja. Non era bisogno perchè Signora già sapeva. (La sua r rumoreggia, il suo b diventa p, il suo g diventa c, il suo v diventa quasi f.)
Bravo! Di bene in meglio!
(spazientita – al cameriere:) Dunque, avete inteso? Mi farete dare una camera al secondo piano.
Il secondo tutto preso da una società professoresse americane, i quali sono arrivati pochi momenti avanti a questo giusto momento.
(con viva compiacenza) Professoresse americane? Graziosissime! Professoresse di che?
(si avvia in gran fretta verso la porta.)
(irritandosi) Ma dove andate?!
(si ferma, si volta.) Signore vuole precisi informazioni sopra graziosissime professoresse: io vado a domandare preciso.
Ve ne dispenso, ve ne dispenso. State attento, invece, ai… comandamenti della signora.
Ja.
Se al secondo piano non ci sono più camere, me ne farete dare una al terzo. Oppure al quarto. Oppure al quinto. Oppure in soffitta. Mi sono spiegata?
Ja. (Non si muove.)
(vedendolo lì impalato) Ora, potete andare.
Iaaa! (Esce.)
(continua a fare il suo solitario, e, di tanto in tanto, sorseggia il caffè.)
(ha terminato di bere, e accende una sigaretta. Poi, togliendosela