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il Platina dice in tuono d'abile cortigiano: In animo fuisse Pontifici juvare Graecos. Enea Silvio dice ancora in termini più asseveranti: Structam classem, ec. (Spond., A. D. 1453, n. 3).
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Antonino, in Proëm. epist. cardinal. Isid., ap. Spond. Il dottore Iohnson ha ottimamente espressa questa circostanza caratteristica nella sua tragedia, l'Irene.
The groaning Greeks dig up the golden caverns,
The accumulated wealth of hoarding ages;
That wealth which, granted to their weeping prince,
Had rang'd embattled nations at their gates.
I quali versi così furono trasportati nella nostra lingua:
Dal grembo della terra, ove gli avari
Progenitori li celaro, a stento
Le gemme e l'oro ritogliean; tesori
Che, del lor prence conceduti al pianto,
Falangi di guerrieri avrian condotte
Nanti le porte di Bisanzo, e salva
Da servitù de' Cesari la sede.
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Presso i Turchi, le truppe poste a guardar il palagio chiamansi Capiculi, quelli che difendono le province Seratculi. La maggior parte de' nomi e delle istituzioni della milizia turca precedevano il Canone Nameh di Solimano II, sul qual codice il Conte Marsigli, giovandosi anche della propria esperienza, compose il suo Stato militare dell'Impero ottomano.
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L'osservazione di Filelfo venne confermata nel 1508 da Cuspiniano (De Caesaribus in epilog. de militia turcica, p. 697). Il Marsigli prova che gli eserciti effettivi de' Turchi son men numerosi assai di quanto appariscono. Leonardo da Chio, non conta più di quindicimila giannizzeri nell'esercito che assediò Costantinopoli.
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Ego, eidem (Imperatori) tabellas exhibui, non absque dolore et maestitia, mansitque apud nos duos, aliis occultus numerus. (Franza, lib. III, c. 8). Purchè si perdonino a Franza alcuni pregiudizj nazionali, non saprebbe desiderarsi un testimonio più autentico di lui, sia intorno ai fatti pubblici, sia intorno ai consigli privati.
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Spondano racconta il fatto di questa unione non solamente con parzialità, ma d'una maniera imperfetta. Il Vescovo di Pamiers morì nel 1642, e la Storia di Duca, che parla di questi avvenimenti (c. 36, 37) con verità e coraggio eguali, non fu pubblicata che nel 1649.
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Il Franza, uno del numero de' Greci conformisti, confessa aversi avuto ricorso a tale riconciliazione solamente propter spem auxilii; e favellando di quelli che non vollero assistere al divin servigio in comune nella chiesa di S. Sofia, afferma con soddisfazione che extra culpam et in pace essent (l. III, c. 20).
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Già i Greci, vale a dire l'Imperatore, la Corte, ed alcuni Vescovi, Commissarj de' rimasti in Oriente, tanto al Concilio di Lione, che a quello di Firenze, non si unirono momentaneamente nella credenza co' Latini, ammettendo nel Credo ec. l'aggiunta filioque, usando nel tempo de' due Concilj il pane azzimo e riconoscendo il primato del Vescovo di Roma, ed ammettendo il purgatorio ed altre cose, che per avere soccorsi contro i Turchi, che minacciavano perfino Costantinopoli; l'unione nella credenza fra Cristiani-greci e Cristiani-latini, durò come quella dei loro Vescovi ne' due detti Concilj; i Vescovi greci, nell'aderire a' Latini per bisogno, non furono sinceri; il fatto lo provò, perchè andati alla loro patria, la divisione nella credenza tornò, e dura anche oggidì e durerà. (Nota di N. N.)
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Il nome secolare di lui era Scolario, al quale sostituì l'altro di Gennadio nel vestir la cocolla, ovvero nell'atto di divenir Patriarca. Essendo quell'istesso che avea difesa a Firenze cotesta unione, perseguendola poi a Costantinopoli con tanto accanimento, Leone Allazio (Diatrib. de Georgiis in Fabric. Bibl. graec., t. X, p. 760-786) ha creduto che vi fossero due uomini di tal nome; ma il Renaudot (p. 343-383) ha confermata l'identità della persona, e la doppiezza del carattere.
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Quest'ultima espressione è inconveniente; bastava dire, ostinate nella loro opinione, e fanatiche: si sa pur troppo che in cotali controversie non vi fu e non v'è luogo a via di mezzo, a riconciliazione ed a pace. (Nota di N. N.)
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Φσκιολιον, καλυπτρα ammettono assai bene l'interpretazione cappello di Cardinale. La differenza di vesti incrudeliva ancor la discordia fra i Greci e i Latini.
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Il buon credente non deve dire chimerica la speranza di qualche miracolo; ma bisogna saperlo domandare, e meritarlo. (Nota di N. N.)
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Fa d'uopo ridurre le miglia greche ad una picciola misura che si è conservata nelle werste di Russia, che sono di cinquecento quarantasette tese di Francia. I sei miglia del Franza non eccedono le quattro miglia inglesi, secondo il d'Anville (Mésures itineraires, p. 61-123, ec.).
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At in dies doctiores nostri facti paravere contra hostes machinamenta, quae tamen avare dabantur. Pulvis erat nitri modica exigua; tela modica; bombardae, si aderant, incommoditate loci primum hostes offendere maceriebus alveisque tectos non poterant. Nam siquae magnae erant, ne murus concuteretur noster, quiescebant. Questo passaggio di Leonardo da Chio è singolare ed importante.
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Al dire di Calcocondila e di Franza, il grande cannone scoppiò. Duca pretende che l'abilità dell'artigliere evitasse questo disastro. È evidente che i primi e l'ultimo di questi Storici non parlano dello stesso pezzo.
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Circa un secolo dopo l'assedio di Costantinopoli, le squadre di Francia e d'Inghilterra si diedero il vanto di avere, in un combattimento di due ore accaduto nella Manica, tratti trecento colpi di cannone (Mémoires de Martin du Bellay, l. X, nella Collection générale, t. XXI, p. 239).
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Ho scelti alcuni singolari fatti, senza aspirare all'instancabile quanto truce eloquenza adoperata dall'Abate Vertot nelle sue prolisse narrazioni degli assedj di Rodi, di Malta, ec. Questo vivace Storico, fornito di una mente romanzesca, e sollecito di piacere co' proprj scritti ai Cavalieri di Malta, ne ha adottato l'entusiasmo e lo spirito cavalleresco.
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La dottrina delle mine artificiali trovasi per la prima volta accennata in un manoscritto del 1480 di Giorgio da Siena (Tiraboschi, t. VI, parte I, p. 324). Vennero tosto adoperate nel 1487 a Sarzanella; ma il loro miglioramento appartiene al 1503, e ne viene attribuito l'onore a Pietro di Navarra, che ne fece uso con buon successo nelle guerre d'Italia (Hist. de la Ligue de Cambrai, t. II, p. 93-97).
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È cosa singolare che i Greci non si accordano sul numero di questi famosi vascelli. Duca ne indica cinque, Franza e Leonardo, quattro, Calcocondila, due: forse l'ultimo indica solamente i due più grandi; gli altri comprendono ancora i piccoli. Il Voltaire, che ne assegna uno di questi a Federico III, confonde fra loro gl'Imperatori d'Oriente e d'Occidente.
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Il Presidente Cousin trascura manifestamente, o piuttosto ignora affatto ogni erudimento della lingua e della geografia, quando fa che un vento australe trattenga a Chio questi vascelli, e che un vento di tramontana li conduca a Costantinopoli.
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Può vedersi qual fosse la debolezza e lo scadimento della turca marineria in Rycault (State of the ottoman Empire, p. 372-378), in Thevenot (Voyages, part. 1, p. 229-242) e nelle Mémoires du baron de Tott (t. III). Questo ultimo Scrittore si mostra sempre sollecito di dilettare e sorprendere i suoi leggitori.
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Devo confessarlo, in questo momento mi si rappresenta alla immaginazione la pittura animata che ne offre Tucidide (l. VII, c. 71) dell'atteggiamento degli Ateniesi, allorchè, perplessi ed inquieti, stavano contemplando la battaglia navale che accadde nel gran porto di Siracusa.
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Giusta il testo esagerato, o corrotto di Duca (c. 38) questo bastone d'oro pesava cinquecento libbre. Il Bouillaud legge cinquecento dramme, o cinque libbre, peso che bastava per tenere in azione il braccio di Maometto sul corpo del suo ammiraglio.