I Puritani di Scozia, vol. 1. Вальтер Скотт

I Puritani di Scozia, vol. 1 - Вальтер Скотт


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sì… L'ho veduto in casa di mio zio, e… anche in altri luoghi… qualche volta… a caso.»

      »Il suo cognome, a quanto ascolto è Milnwood.»

      »Sì: (soggiunse allora sir Gilbert Cleugh che stava a cavallo presso lady Margherita). Egli è figlio del defunto colonnello Morton di Milnwood, che alla giornata di Dunbar comandava un reggimento di cavalleria in difesa del re.»

      »E che ha combattuto contro di lui nelle giornate di Marston-Moor e di Philiphaugh (soggiunse lady Margherita, mettendo un caricato sospiro): fu in quest'ultima battaglia che mio marito perdè la vita».

      »La vostra memoria vi serve bene, o Milady, ma in questo momento è meglio dimenticare il passato.»

      »Non se ne dovea però dimenticare quel giovine, sir Gilbert! e avrebbe fatto bene a non mettersi nella società di persone, alle quali il suo nome può destare sgradevoli rimembranze.»

      »Ma non pensate, o Milady, ch'è qui, perchè il dovere vel chiama? egli fa parte del contingente prescritto a suo zio. Vorrei bene che il mio contingente fosse composto di giovani pari a lui.»

      »Lo zio di questo Milnwood, sarà mi figuro un presbiteriano, come lo è stato lungo tempo suo padre!»

      »Lo zio di questo Milnwood non è altra cosa se non se un vecchio avaro, che per una moneta d'oro cambierebbe d'opinioni politiche tutti i giorni. Anzi sarebbe una quistione difficile da risolvere, s'egli abbia mandato il nipote per una conseguenza delle presenti sue massime, o per timore di pagare un'ammenda. Io direi pel secondo motivo. Ma comunque siasi è stata per quel giovane una circostanza felice onde sottrarsi un dì almeno alla noia di stare in quel vecchio castello di Milnwood, ove non vede altra compagnia fuor di quella d'un zio ipocondriaco e d'una vecchia donna di casa.»

      »Sapete voi a quanti uomini ammonti il contingente di cui è tassata la terra di Milnwood?»

      »A quattro cavalieri armati di tutto punto.»

      »La signoria di Tillietudlem (soggiunse lady Margherita, rizzandosi con aria di dignità) ne ha sempre forniti dodici, e spesse volte lo zelo de' proprietarj ha triplicato un tal numero. Mi ricordo che sua maestà, il re Carlo II, quando mi fece l'onore di accettare una colezione in mia casa, s'informò d'una maniera affatto particolare…»

      »La carrozza del duca s'incammina, o Milady (s'affrettò ad interromperla sir Gilbert, partecipando in quel momento del brivido che prendea tutti gli amici di lady Margherita ogni qualvolta le correva alla lingua quella benedetta visita del re a Tillietudlem) ell'è ora di prendere il luogo che vi compete fra le persone del corteggio. Mi permetterete di scortarvi sino a casa vostra? Perchè diverse bande di Presbiteriani sono sparse per la campagna e si dice che insultino i Reali.»

      »Vi ringrazio, sir Gilbert, rispose lady Bellenden; ma la scorta de' miei lancieri ne protegge abbastanza. Piuttosto vorreste avere la compiacenza di dire ad Harrison che faccia marciar più presto la sua brigata? Par che accompagni un funerale!»

      Harrison tenea le sue buone ragioni per non credere troppo salutare un tal ordine, ma lo aveva ricevuto, e gli fu forza adempirlo. Si mise dunque ad un leggiero galoppo, seguito dal bellicoso cantiniere, il quale sul suo palafreno, stavasi in atteggiamento d'uomo che avea militato sotto Montrose, e pompeggiava d'una fierezza fatta in esso maggior dai fumi dell'acquavite, chè la sua parte ne aveva egli tracannata tra una fazione e l'altra, or facendo brindisi al re, or bevendo all'esterminio di tutti i Presbiteriani. Sfortunatamente questa dose di refrigerio un po' caricata lo fe' dimentico di tener l'occhio sopra Gibby che gli stava a fianco, e a cui per lo innanzi fu soccorrevole di avvenimenti, risparmiandogli molti sinistri incontri che facea temere la goffaggine del guardiano dell'oche, trasformato in armigero. Appena il cavallo di questo tapino ebbe preso il galoppo, sentì la molestia degli stivaloni che gli battevano aspramente i fianchi, tanto più perchè i ridetti stivali erano armati di buoni speroni le cui punture misero finalmente a tal prova la pazienza della povera bestia, che tolta la mano al cavaliere, lo trasse fuor delle file, e ben presto lo portò ad urtare nella enorme carrozza del duca, avvenimento di cui non poco risero le circostanti brigate.

      Il nostro Gibby, poco avvezzo a scosse di simil natura, erasi attaccato colle mani alla criniera del cavallo, talchè vi era, può dirsi, coricato sopra, positura che diede una situazione quasi orizzontale alla picca, di cui non sapea più di essere armato, e la quale sporgea in tal dirittura fuor della testa del corridore. Quest'arme così collocata stava dunque per entrar nella carrozza fracassando i cristalli ed una portiera, allorchè le acute grida delle persone di dentro, portaron nuovo spavento al palafreno, che con un ultimo sbalzo fe' perder l'arcione al mal'abile cavaliere, gettato di lì a pochi passi sull'erba.

      Il peggio di tutto si fu che giugneva a quella volta lady Bellenden, la quale ignorava tuttavia essere un de' suoi guerrieri quel gramo, che facea tal mostra di sè all'adunata; e giugneva Milady in quell'istante che avendo costui perduto l'elmo per la forza della caduta, ella dovè ravvisare nello scavallato armigero il suo custode dei polli, Guddy; metamorfosi di cui nessuno l'aveva innanzi avvertita. L'intendente e il cantiniere ben si sfiatavano a spiegarle i motivi che rendettero necessario un tale espediente, ma non quindi ne calmarono lo sdegno. Ella si tolse di lì imprecando contra gli audaci che osavano ridere sopra sventura accaduta a uno de' suoi lancieri, e ardente d'ira, e giurando vendicarsi in modo esemplare contra il refrattario giardiniere che l'aveva avventurata ad affronto sì rilevante.

      CAPITOLO III

      »Correa le fiere colla piva, e il vanto

      »Di piacer sempre ottenne. Ov'è a' dì nostri

      »Canterina che dir possa cotanto?

      Separatasi quella calca, le persone di cui era composta, nell'andare a casa, facean serbo nelle proprie menti della catastrofe avvenuta al povero Gibby per trarne il lor passatempo della serata; ma i competitori del Pappagallo, postisi la maggior parte attorno al giovine Milnwood, gli fecero corteggio accompagnandolo in trionfo, com'era l'uso, alla più rinomata fra le osterie della vicina città, ove si dovevano imbriacare a spese del vincitore.

      A capo della cavalcata marciava Niel, il più famoso suonatore di cornamusa che si trovasse in que' dintorni, sfoggiandola col suo strumento ornato di più nastri, che non avrebbero bisognato a mettere in pompa sei sgualdrinelle di quel villaggio. Era costui grande, gagliardo, magro, secco, montato su due trampali, e con tale sua abilità fattosi ricco d'un campo non men esteso d'un acro. E, mercè questo suo merito, era pure stato promosso alla rilevante carica di suonatore di cornamusa della città, impiego che gli fruttava tutti gli anni un abito nuovo a titolo di salario, ed altre prerogative, tra le quali la speranza di ottenere dal sindaco annuale, all'atto che veniva eletto, la mancia d'un dollaro, semprechè però questo rispettabile magistrato avesse volontà e potere di fare tale spesa. All'aprirsi d'ogni primavera godeva in oltre del privilegio di andare a dar serenate alla porta di tutte le case le più cospicue della città, ottenendone un compenso in birra o in granaglie.

      A sì preziosi vantaggi il nostro Niel aveva saputo accoppiarne un altro non dispregevole; poichè ebbe il segreto di conquistare il cuore e d'ottenere la mano d'una vedova, padrona della principale osteria di quella piccola città, nel cui circondario ei dava fiato alla sua piva. Il primo marito di cotesta donna era un rigido presbiteriano, onde per vero dire i più teneri di questa setta gravemente si scandalizzarono, che ad uom sì virtuoso ella avesse dato per successore un ciurmadore, sol dedito a studj mondani. Ma siccome non v'era chi al pari di lei vendesse buona birra in tutta la città, o chi men di lei battezzasse l'acquavite, serbossi in fama, e la sua casa divenne ospizio di tutte le fazioni diverse. Aggiungasi che l'indole del nuovo marito era oltre ogni dire maneggevole, ed avea la sapienza di governare il timone della sua barchetta con tanto ingegno che le ondate delle sette non giugnessero ad affondarla. Sempre d'allegro umore, fornito d'una buona dose di accorgimento e malizia, e pensando sopra tutte le cose al proprio interesse, non si prendea grande fastidio delle dispute che dilaceravano la chiesa e il governo. Ma più adeguatamente faremo noto al leggitore il temperamento del nostro ostiere suonatore col presentargli un abbozzo delle istruzioni, che tornando a casa egli diede alla sua figlia Jenny, intantochè la turba de' confratelli del Pappagallo sedeasi intorno ad una grande tavola, che teneva il mezzo della sala principale dell'osteria. Jenny toccava il


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