La delinquenza nella Rivoluzione francese. Lombroso Cesare

La delinquenza nella Rivoluzione francese - Lombroso Cesare


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far venire dei Tedeschi e degli Irlandesi ed allora si ebbero buoni risultati.

      Pietro Verri lamentava che Giuseppe II e il Governo Austriaco avessero posti i numeri sulle case e illuminate le vie di Milano.

      Il Cinese, scrive Jamesel, guarda sempre indietro, mai davanti a sè; per lui ogni cosa buona ci viene dagli antichi, ciò che è nuovo non può essere che triste, e se per caso un'invenzione nuova ha proprio del merito, certo dev'essere così antica, che se ne perdettero le tradizioni.

      Ebbene noi ridiamo dei Cinesi, ma infine facciamo altrettanto; da noi mentre la Chiesa si può dire il baluardo officiale contro ogni novità nel mondo morale e negli usi, le Accademie sono lo strumento officiale contro il genio e contro ogni novazione scientifica o letteraria; e quindi mentre non si trova una scoperta che ne abbia avuto impulso o favore, molte ne furono combattute fieramente e con successo, perchè esse hanno nella lotta per alleato il sentimento pubblico delle plebi e dei governi, che sono in gran parte composti di plebe.

      Ma come io ho già dimostrato nell'Uomo di genio, non solo gli accademici, che sono, per lo più, dei meschini eruditi, ma gli scienziati di genio a lor volta sono i più atroci persecutori ed oppositori del nuovo: portando una enorme energia nel rifiutare le nuove scoperte degli altri, sia perchè la saturazione, direi, del loro cervello non permette loro altra soprasaturazione, sia perchè avendo acquistato una specie di sensibilità specifica per le proprie idee, restano insensibilizzati per quelle degli altri.

      Così lo Schopenhauer, che pure fu uno dei più grandi ribelli in filosofia, non ebbe che parole di pietà e di sprezzo per i rivoluzionari politici; sentiva, in questo, così vivamente, che legò tutta la sua vistosa fortuna a favore di coloro che nel 1848 avevano contribuito a reprimere colle armi i nobili conati rivoluzionari.

      Altrettanto si dica della vita pubblica. Malgrado l'opposizione dei pensatori, i popoli sono sempre inclini alle battaglie quasi ad una festa: ed il bilancio improduttivo della Guerra è, senza contrasto, sempre accetto da tutti, in confronto a quello della Pubblica Istruzione e dell'Agricoltura, il cui incremento ci renderebbe, pure, più ricchi e più forti e quindi più sicuri.

      Nella vita politica noi latini giuriamo per un uomo, per Cavour, per Mazzini; in piena rivoluzione, ogni partito ha un uomo su cui giura. Basta che un Governo od un partito abbia dominato, sia pure per breve tempo, perchè lasci dietro sè dei partigiani convinti, direi quasi congeniti, anche quando a loro sia succeduto un partito, od un Governo infinitamente migliore: ne sono un esempio quei fedelissimi seguaci che lavorano per il ristabilimento di Governi che furono detti la negazione di Dio, come in Italia i Borbonici e i Papisti, i Carlisti in Ispagna, i Legittimisti in Francia, ecc.

      Altrettanto si dica delle caste che abbiano avuto una supremazia per un dato tempo; anzi le caste stesse, secondo il Lacaze, rispondono alla tendenza nostra alla immobilità e perciò è impossibile sradicarle. L'Indiano teme più d'ogni altra cosa la perdita della sua casta: ora egli può perderla, se Bramino, col mangiar carne, anche contro voglia o per forza; col far un viaggio in Europa; col consumare un alimento preparato da seguaci di altra religione o casta, col coabitare con donne straniere o di classe inferiore.

      Il Garofalo, in un prezioso opuscolo, ha fatto osservare che l'aristocratico ha lasciato fra noi tale un'istintiva devozione, che negli stessi suffragi politici a base democratica, esso è con costanza preferito a persone non solo eguali ma superiori per merito. Ed anche coloro, come gli antropologhi ed i psichiatri, che sanno quanto la nobiltà, almeno fra i latini, presenti più spesso il fianco alla degenerazione e quindi ad una vera inferiorità fisiologica sui borghesi, per l'ozio, per i matrimoni consanguinei, ecc., si sorprendono attratti verso loro, non di raro, da illogici istinti di ossequio, analoghi a quelli del valligiano remoto che saluta umilemente ogni cittadino che incontra; e sono – gli uni quanto gli altri – ultimi vestigi, ereditari, delle antiche schiavitù feudali. Il dominio teocratico, è da un pezzo passato dai nostri costumi, almeno in apparenza; ma provatevi ad agitare una questione in cui sottomano e di lontano anche entri la punta teocratica, il divorzio, per esempio, come tempo fa la soppressione dei frati o solo del loro vestiario, e vedrete che opposizione si solleva, ben inteso sotto i termini più diversi, più liberali, della libertà individuale, del rispetto alla donna, della protezione dei figli, ecc.

      Abbiamo oggidì, si dice, la libertà, la giustizia per tutti; ma in fondo i privilegi non fecero che cambiare da una all'altra casta; non sono più i sacerdoti ed i nobili, ma pochi avvocati politicanti che predominano ed al cui vantaggio lavorano tutti – senza o quasi senza compenso – gli onesti ed i disonesti.

      Insomma il passato è così incarnato nelle nostre viscere, che anche i più riluttanti ne sentono attrazione potente; così possiamo essere miscredenti finchè si vuole, eppure dalle moine del prete qualche ora del giorno ci sentiamo colpiti ed attratti; possiamo essere egualitari, ma, come abbiamo accennato, sentiamo una venerazione per gli eredi dei nostri baroni; altri ha bel credere all'inutilità di alcune leggi, ma chi le difende trova subito il plauso di mille, solo perchè esse hanno esistito. E se la civiltà si fa strada non di rado, è perchè trova nei mutamenti di clima, di razza, o nell'insorgere dei genii o dei pazzi, circostanze tali che finiscono per sommare tanti piccoli movimenti in modo da farne col secolo un grande.2

      Misoneismo nelle pene. Contro l'uso. – Ecco perchè nelle legislazioni primitive vediamo le mancanze contro l'uso costituire il massimo delitto, la massima immoralità: ed un breve esame condurrà a veder in ciò l'origine di quasi tutte le leggi che vennero poi a tutelare lo Stato contro i ribelli all'ordine politico esistente, od a punire gli attentati rivolti contro i capi del Governo, discendenti dai sacerdoti, dai capi tribù primitivi, che nell'idea misoneistica, quali custodi dell'uso, venivano considerati come sacri e perciò, mentre godevano piena impunità, segnalavano ogni offesa contro sè stessi come delitto.

      Il codice di Manù (libro I, art. 108-9) così si esprime quanto alla violazione dell'uso:

      “Il costume immemorabile è la principale legge approvata dalla rivelazione; in conseguenza chi desidera il bene dell'anima sua deve conformarsi con perseveranza al costume immemorabile. Perciò i Muni, conoscendo che la legge si appoggia a consuetudini immemorabili, su queste fondarono ogni austerità.„

      Così il supplizio dell'olio bollente era destinato al Sudra tanto audace da dare un consiglio ai Bramini relativamente al loro dovere e si giudicava un atto di rivolta quando cessava di approvare ciecamente l'attitudine di coloro che sono i maestri, i padri di tutta la creazione. (Manù, VIII, 272). – Come vedemmo, era a sua volta delitto per il Bramino, non solo l'andare all'estero, ma il coabitare con uno straniero, o farsi da questo preparare i cibi.

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      Lombroso e Laschi. Il delitto politico e la rivoluzione. Torino, Bocca, 1890

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      Vedi il mio Uomo di genio, 6.ª ediz., parte IV.

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Vedi il mio Uomo di genio, 6.ª ediz., parte IV.