Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11 - Edward Gibbon


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di Berengario Arcidiacono d'Angers, e maestro di Teologia in Tours sua patria, e poscia gli Albigesi, e finalmente i dottori protestanti Lutero, Calvino, Zuinglio ec., in un con tutti i popoli, che indussero co' loro ragionamenti a cotale errore. Dunque la credenza del cangiamento, ossia della transustanziazione ebbe origine dalle parole di Cristo, e non fu una innovazione della Chiesa romana, ossia d'Innocenzo III nel Concilio generale di Roma l'anno 1215, cui vuol alludere l'Autore: riferiremo poi le nuove espressioni definitive d'Innocenzo, e del Concilio intorno l'Eucaristia.

Per poter pigliare le parole riferite nell'Evangelo questo è il mio corpo ec. in senso figurato, e sostenere, che il pane eucaristico (ossia pane di rendimento di grazie pel mistero della Redenzione) sia soltanto la figura del corpo, e del sangue di Cristo, sarebbe necessario, o che Cristo ci avesse fatti avvertiti che prendeva in senso figurato, e metaforico le espressioni usate (senso di cui spesso si serviva per far intendere più facilmente dagli ascoltanti le sue lezioni di morale), e non nel naturale, e letterale, o che queste espressioni, prese in questo senso, avessero significato un'assurdità sì palpabile, e sì grossolana, che l'uomo il più ignorante, avesse dovuto accorgersi, che Gesù Cristo non potea giammai prenderle nel senso naturale, e letterale.

I. Gesù Cristo ben lungi dal darci questo avvertimento, dispose anzi i suoi seguaci a prendere le dette parole in senso naturale e letterale, dicendo loro, prima d'istituire l'Eucaristia colle parole stesse, che la sua carne era cibo, che il suo sangue era bevanda; aveva di più promesso loro di dare ad essi questo pane, e gli Ebrei udendolo dir ciò, si chiedevano l'un l'altro, come potrebbe dare a mangiar loro la sua carne; e Gesù Cristo, avendoli uditi, non rispondendo a questa interrogazione, ripetè, che la sua carne era cibo veramente, ed il suo sangue bevanda veramente, e che se non mangiassero la carne del figlio dell'uomo, e non bevessero il suo sangue, non avrebbero la Vita Eterna.

II. Non si può dire, che il senso naturale, e letterale delle parole questo è il mio corpo ec., onde fu istituita l'Eucaristia, contenga un'assurdità palpabile, o una contraddizione aperta, di modo, che udendo le parole stesse, la mente lasci il senso letterale, e s'appigli al figurato, perchè in tal caso i Cristiani non avrebbero mai creduto alla presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane Eucaristico; inoltre sembra che non si avrebbe potuto stabilire giammai questa credenza, questo dogma, o almeno si avrebbe udito fra Cristiani, ne' primi secoli, dei reclami contro di esso, ed i più si sarebbero appigliati al senso figurato. Al contrario, quando Berengario combattè questa credenza, questo dogma della presenza reale, i Cristiani vi credevano, nè pensavano, che l'Eucaristia fosse la figura, il segno soltanto del corpo di Cristo. Non si trova che alcun scrittore ecclesiastico, che alcun vescovo si sia giammai lamentato, che s'introducesse al suo tempo un'idolatria condannabile, perchè si adorasse Gesù Cristo, come realmente presente, sotto le apparenze del pane e del vino. (Perpetuité de la foi, vol. in 12, pag. 23).

Rilevasi dagli scritti de' Padri dei primi secoli, ch'essi prendevano le parole di Cristo questo è il mio corpo ec. nel senso naturale, e non nel figurato, e che quindi credevano alla presenza reale. Non conviene in ciò appigliarsi ad un picciolo numero di passi delle loro opere per assicurarsi della loro opinione, bisogna prendere tutto il contesto de' luoghi dove hanno parlato di ciò. Dunque se talora si leggerà, che i Padri abbiano dato al pane Eucaristico il nome di segno, d'Immagine, di figura, non si conchiuderà, che non credessero alla presenza reale (N. Ales. t. 2, l. I).

Per le parole della consacrazione, la sostanza del pane, e dal vino è mutata, secondo i Padri, nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo; ma questo corpo, e questo sangue non si vedono: i sensi non sentono che le specie del pane e del vino, e perciò esse, dopo la consecrazione sono i segni del corpo di Gesù Cristo; ecco come il pane, ed il vino sono i segni del corpo e del sangue di Cristo.

Pascasio monaco, e poi abate di Corbia, diede origine all'errore di Berengario verso la fine del secolo nono, avendo composto poco prima per l'istruzione de' Sassoni (che la forza di Carlomagno costrinse a farsi Cristiani, mettendone a morte molte migliaia, che non vollero rinunciare alla lor religione) un trattato del corpo e del sangue di Cristo: stabiliva la presenza reale, e sosteneva che il corpo, che noi riceviamo, e mangiamo nel pane Eucaristico è quello stesso nato da Maria, e ch'era stato appeso alla croce, e che noi beviamo quel sangue uscito dal Costato di Cristo. Sebbene Pascasio seguisse la credenza de' Cattolici, non v'era il costume di dire formalmente queste cose. Questa maniera di esprimersi ebbe de' contraddittori; egli la sostenne; la controversia menò rumore, e durò finchè Berengario prese ad esaminare lo scritto di Pascasio, ed i libri de' suoi oppositori.

Berengario, vedendo che il pane ed il vino conservavano dopo la consecrazione le proprietà e le qualità che avevano prima, e che davano tanto prima, che dopo i medesimi effetti, affermò che il pane, ed il vino non erano il corpo, ed il sangue di Cristo, siccome diceva Pascasio. Sostenne, ed insegnò, che il pane, ed il vino non si cangiavano; ma non negò la presenza reale, secondo il senso naturale e letterale delle parole di Cristo; sosteneva che il pane, ed il vino contenevano il corpo ed il sangue di lui, perchè il Verbo si univa al pane ed al vino, e che per tale unione, il pane, ed il vino divenivano poi il corpo ed il sangue di Cristo, senza che la loro natura, e la loro essenza fisica si mutassero.

Berengario insegnò queste cose nella scuola di Tours, e le sostenne in una lettera, che, letta in un Concilio di Roma fu condannata, e l'Autore scomunicato, ed essendolo stato nuovamente, timoroso si ritrattò, visse ritirato, e morì intorno l'anno 1088.

Ma l'errore di Berengario fu sostenuto dal gran numero de' suoi discepoli, che presero il nome di Berengariani. Non istettero attaccati all'errore del maestro, andavano innanzi con arditi ragionamenti: tutti riconoscevano col maestro, che il pane ed il vino non si cangiavano; ma molti non potendo concepire, che il Verbo si unisse al pane ed al vino, come aveva detto Berengario, conchiusero che in nessun modo il pane, ed il vino non erano il corpo ed il sangue di Cristo, e che non ne erano, che la figura, il segno; quindi negarono compiutamente il cangiamento.

Benchè condannato, l'errore si sostenne e si divulgò moltissimo in Francia, in Alemagna, ed in Italia. Presero i Berengariani da Alby in Francia, loro centro, il nome di Albigesi. Essi inoltre non volevano tollerare le grandi ricchezze, e la potenza del Clero, giunte all'estremo, e sostenevano non doversegli pagare le decime; la qual cosa fu sostenuta anche dal povero Arnaldo da Brescia, fatto miseramente bruciar vivo dal Papa Adriano IV. Per verità, i vizj, e i disordini del Clero erano al colmo: vendevasi ogni cosa nelle Chiese; gli Albigesi generalmente erano poveri, e di poche fortune, e regolati.

Rammentando con rammarico i moltissimi Albigesi bruciati vivi dagli Arcivescovi di Tolosa e di Lione, e l'armata de' crocesegnati, raccoltasi per pigliar la promessa indulgenza, comandata dall'Abate de' Cisterciensi, Legato del Papa, e da' Vescovi, che trucidò, o bruciò (Istoria di Linguad.) furiosamente in Bezieres, settantamila persone, donne, vecchi, uomini, fanciulli, veri, o creduti Albigesi, lo stabilimento del tribunale de' Padri Inquisitori, che scorsero le province, scomunicando, e bruciando Albigesi, per molti anni, onde di loro non rimase che il nome, e la lagrimevole istoria, e ritornando al punto di Fede, al dogma, il Concilio generale di Roma, l'anno 1215, presieduto dal Papa Innocenzo III, lo confermò, e stabilì contro i Berengariani, e contro gli Albigesi, usando in modo di spiegazione la parola transustanziazione, che cangiamento di sostanza significa, con queste espressioni.

«In qua (ecclesia) idem ipse sacerdos, et sacrificium Jesus Christus; cujus corpus, et sanguis in sacramento altaris sub speciebus panis, et vini veraciter continentur: transubstantiatis pane in corpus, et vino in sanguinem, potestate divina, ut at perficiendum mysterium unitatis accipiamus ipsi de suo quod accepit ipse de nostro.» (Labbe Collectio Concil.)

E Bossuet dice a questo proposito a' Dottori protestanti. «Puisqu'il étoit convenable, ainsi qu'il a été dit, que les sens n'aperçussent rien dans ce mystère de foi, il ne falloit pas qu'il y eut rien de changé à leur égard dans le pain, et dans le vin de l'Eucharistie. C'est pourquoi etc.» Bossuet: Exposition de la doctrine p. 105, picciolo libro scritto in vano con molta abilità ed avvedutezza per persuadere ed attrarre i protestanti all'unione co' cattolici. Chi poi volesse vedere distesamente come rispondano i teologi cattolici alle obbiezioni de' teologi protestanti (raccolte specialmente nell'Opera del dottore Eduardo Albensino) legga ne' Corsi di Teologia dogmatica i capitoli dell'Eucaristia, o l'Opera Variazioni ec. di Bossuet, giacchè i Protestanti sostennero, e sostengono lo stesso errore de' Berengariani, e degli Albigesi intorno il pane, ed il vino dopo le parole della consecrazione. Gli Albigesi furono distrutti,


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