Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9. Amy Blankenship

Sanctuary – Serie ”Legami Di Sangue” – Volume 9 - Amy Blankenship


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      Sistemò con cura le coperte attorno a Tabatha e le diede un bacio sulla fronte, prima di scivolare giù dal letto. Infilandosi un paio di pantaloni di pelle nera, si fece strada nel club buio fino alla stanza della sicurezza, stropicciandosi gli occhi mentre camminava.

      Non appena aprì la porta, una luce blu lo accecò. Guardò i monitor che mostravano ogni angolo esterno del club, compreso il tetto. Strinse gli occhi quando la telecamera sul tetto lampeggiò, segno che qualcosa aveva fatto scattare i sensori di movimento... un qualcosa che non doveva essere lì.

      Toccando lo schermo, inquadrò meglio la porta che dava sul tetto e piegò la testa di lato. Non era roba che si vedeva tutti i giorni... una bella donna era rannicchiata sotto la tettoia e sembrava dormire profondamente.

      “Proprio comodo, eh.” Kane fece una smorfia, sapendo che il pietrisco del catrame stava sicuramente pungendo quella pelle dall’aspetto delicato.

      Tabatha aveva sentito Kane lasciare la camera da letto e si chiese cosa lo avesse destato dal riposo dopo ore di sfinimento.

      Incuriosita, si alzò e seguì il suo odore fino alla stanza della sicurezza. Sbirciando dalla porta aperta, vide che era preso da qualcosa sullo schermo e si mosse in punta di piedi, nel tentativo di avvicinarsi di soppiatto. Ci era quasi riuscita quando la voce di lui la spaventò.

      “Abbiamo visite.” Kane sorrise sentendo il sussulto di Tabatha.

      “Accidenti.” lei sibilò e sbatté i piedi nudi sul tappeto morbido.

      Kane si girò di scatto e la prese, tirandola a sé e rivolgendole un sorriso smagliante. “Non penserai davvero di poter spaventare l’uomo nero?”. La prese in giro, strofinandole il naso sulla guancia prima di rubarle un bacio.

      Tabatha lo lasciò fare e sentì le dita dei piedi contrarsi per la passione, ma moriva dalla voglia di sapere chi era la ragazza che stava prendendo la tintarella di luna sul tetto di casa. Si scostò più velocemente di quanto Kane avrebbe voluto... o almeno fu quello che capì dal suo ringhio sommesso.

      Gli leccò il labbro inferiore e poi lo morse. “E pensare che quando ero piccola avevo paura dell’uomo nero...”.

      Le grida impaurite di una bambina sulla sua tomba tornò a perseguitarlo e la strinse più forte. La piccola aveva vagato nei boschi per giorni, da sola e spaventata, e il pensiero di ciò che doveva aver passato gli faceva ancora stringere il petto e cedere le ginocchia... ma risvegliava anche l’oscurità dentro di sé.

      Tabatha percepì il cambiamento in lui e si scostò per guardarlo in quegli occhi che stavano diventando sempre più scuri. Non sapeva cosa avesse potuto farlo scattare, così cercò di riportare la sua attenzione al tetto.

      “Credevo che demoni e umani non potessero avvicinarsi a questo posto, se non invitati.” e fece un cenno verso il monitor.

      “Infatti è così.” rispose Kane, poi sorrise quando lei alzò un sopracciglio.

      “E allora chi è quella?”. Tabatha si sporse verso lo schermo, ignorando Kane che approfittò dell’occasione e le accarezzò la schiena. Sembrava che la ragazza stesse dormendo, tuttavia si muoveva leggermente... come per allontanarsi da qualcosa.

      Tabatha provò tristezza per lei, sembrava smarrita e sola. “Cos’ha?”.

      Kane abbassò la mano e si girò per vedere cos’aveva catturato l’interesse della sua compagna. Riconobbe i sintomi di un incubo e disse “Sta sognando, tesoro.”.

      Gli occhi di Tabatha si socchiusero quando la ragazza si girò “Hai ragione, sta tremando per un incubo. Non possiamo lasciarla lì fuori.”.

      “Ma che...?”. Kane ringhiò quando Tabatha corse fuori dalla stanza. Spalancò gli occhi quando sentì la porta d’ingresso chiudersi piano. Si rese conto che lei si stava arrampicando in camicia da notte e sogghignò. In un lampo, uscì e guardò quello spettacolo mozzafiato da sotto.

      “È questo il Paradiso.” sussurrò con un sorriso ammiccante.

      Tabatha gli lanciò un’occhiataccia ma, in realtà, se lo aspettava... non sarebbe stato Kane, senza i suoi momenti di perversione.

      Nel sogno, Aurora correva all’impazzata. Le ombre la circondavano ed erano terrificanti. Le sembrava di trovarsi in un labirinto senza uscita, con vicoli ciechi ad ogni angolo. Il terrore si faceva travolgente e lei inciampava spesso, stanca di correre... di fuggire sempre dai potenti. Non importava quanto lontano andasse o quanto velocemente corresse, l’oscurità la stava raggiungendo.

      Ansimò rumorosamente e i suoi occhi si spalancarono per lo spavento. Vide le stelle e, all’improvviso, si rese conto che qualcosa di potente le si stava davvero avvicinando. Ancora spaventata e con il cuore a mille per il sogno, Aurora guardò oltre il tetto.

      La stanchezza stava iniziando a prendere il sopravvento, era sfinita. Possibile che fosse così sfortunata da non poter riposare neanche in quel ‘santuario’? Sentendo una maniglia dietro la schiena, la cercò e aprì rapidamente la porta. Corse dentro, sperando di eludere la potente energia che la stava raggiungendo, ma sbatté contro un corpo sodo e percepì un altro strano potere.

      Fece la prima cosa che il suo istinto di sopravvivenza le disse di fare... combattere. Con un calcio mandò l’uomo giù per le scale, fino al piano di sotto. Poi si voltò per affrontare qualunque fosse la creatura alle sue spalle, ma si fermò confusa quando vide una donna seminuda davanti alla porta.

      Tabatha la vide impallidire ma il suo sguardo era esplicito... era spaventata a morte e pronta a combattere per uscire da lì, se necessario. Deglutì e allungò le mani con i palmi rivolti verso di lei, per calmarla.

      “Va tutto bene.” le disse. “Vogliamo solo aiutarti.”.

      Aurora restrinse lo sguardo sulla donna. Perché qualcuno di così potente voleva aiutarla?

      Tabatha fece un passo avanti e le tese una mano. “Qui sei al sicuro.” disse dolcemente e sperò che lei le credesse. Ad ogni modo, qualsiasi progresso poteva aver fatto andò in fumo quando Kane corse per le scale e afferrò la ragazza in una presa soffocante.

      Tabatha scrollò le spalle e sospirò “Kane, ti prego, l’abbiamo spaventata. Lasciala andare.”.

      Lui le rivolse uno sguardo ferito “Ma amore, mi ha appena dato un calcio fino al piano di sotto. Non dirmi che stai dalla sua parte!”.

      “Ti si vedono i canini...” Tabatha lo guardò in cagnesco, poi alzò gli occhi al cielo quando lui si limitò a guardarsi i pantaloni per vedere se la cerniera era chiusa. Lei strinse i denti per non ridere, non poteva biasimarlo... dopotutto, aveva soltanto i pantaloni addosso... ed erano sbottonati.

      Aurora girò la testa e fissò colui che la teneva stretta, cercando di vedere le zanne. Era un vampiro come l’uomo con cui aveva fatto l’amore nella metropolitana?

      Kane notò che lei lo guardava e non riuscì a trattenersi, sorridendole con tanto di zanne.

      “Kane.” esclamò Tabatha e fece un passo avanti, ma si fermò quando lui le lanciò un’occhiataccia, accompagnata da un ringhio pericoloso. “Sei meschino.” protestò lei un po’ arrabbiata, e incrociò le braccia al petto.

      Vedendo le sue zanne, Aurora alzò lo sguardo verso i suoi occhi e rimase scioccata. Ricordava di averli già visti... erano profondi, color ametista e sembravano scrutarle l’anima.

      Ora che aveva l’attenzione della ragazza, Kane smise di sorridere... non era un gioco. Se fosse stata Tabatha a cadere dalle scale, il risultato sarebbe stato lo stesso... ma con la differenza che, adesso, la creatura avrebbe avuto il collo spezzato.

      Dilatò le pupille e le disse “Bene, io mi sono presentato. Sarebbe educato che lo faccia anche tu.”.

      “Un vampiro.” Aurora sibilò e riprese a dimenarsi.


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