Venezia. Ciminiere Ammainate. Alfredo Aiello
A mia moglie Grazia,
a mia figlia Marilena e
alla piccola Ginevra
Parte prima
LA VICENDA DI PORTO MARGHERA:
UNâINTRODUZIONE
Tutto, o Lucilio, dipende dagli altri.
Solo il tempo è nostro.
Seneca
Obiettivo di questo âDossierâ è ricostruire alcuni avvenimenti significativi che hanno segnato la storia del polo industriale di Venezia dal 1970 ai primi anni del terzo millennio, lasciando la parola a personalità che hanno svolto un ruolo di primo piano nellâarena politica, sociale, istituzionale e culturale del territorio. Porto Marghera è stato un sito produttivo tra i maggiori in Europa, con grandi gruppi industriali e produzioni diversificate, soprattutto nei settori chimico e metalmeccanico. Un luogo con un ampio sistema di infrastrutture e servizi: porto, aeroporto, rete ferroviaria, sistema viario e fluviale. Caratteristiche singolari che hanno offerto opportunità e creato problemi nel governo del territorio, anche per la formazione di molti gruppi e associazioni e di un sistema di relazioni sociali e politiche assai intricato. Le vicende di Porto Marghera esercitano una forte influenza nelle decisioni collettive â non solo economiche â che coinvolgono la comunità veneziana e nazionale, nonostante il polo industriale, adiacente a una città come Venezia, abbia causato forti e diffusi problemi di compatibilità con il delicatissimo ecosistema lagunare. Negli ultimi decenni al ridimensionamento occupazionale di Porto Marghera ha fatto da contrappeso lo sviluppo produttivo delle aree limitrofe, con caratteristiche simili a quelle tipiche dellâindustrializzazione veneta. Altri contrappesi sono stati la forte crescita delle attività culturali e turistiche della città storica e i consistenti investimenti per le opere di salvaguardia fisica di Venezia. Resta comunque ancora centrale lâinterrogativo su quale futuro si stia costruendo per Porto Marghera.
1. Una lunga storia tra fasti e problemi
l luogo e i suoi processi materiali
Ciò che è successo a Porto Marghera era inevitabile o al contrario i processi potevano prendere unâaltra direzione? Le persone, le organizzazioni sociali e politiche potevano cambiare il corso degli avvenimenti oppure hanno subito un processo che, come un fiume in piena, travolge tutto ciò che incontra al suo passaggio? à la questione del âconfineâ tra lâoggettività e la soggettività dei processi sociali. à difficile costruire una risposta condivisa. Cesco Chinello e Gianni De Michelis si differenziano nel giudizio sullâoggettività dei processi (Chinello sembra escluderla, De Michelis ammetterla). Entrambi, tuttavia, convergono sul peso che la soggettività può esercitare nel determinare lâesito di un processo sociale o economico. Una âterza viaâ può essere rappresentata dal riconoscimento di una relazione reciproca e dinamica tra lâaspetto oggettivo e quello soggettivo. Lâimpossibilità di definire con certezza i confini tra lâoggettivo e il soggettivo apre uno spazio ampio di manovra per gli attori in campo e le responsabilità in tal modo possono sfumarsi. Può accadere che ci si nasconda dietro lâoggettività di un processo per restare inattivi («tutto dipende dalla crisi economica mondiale che nessuno di noi può qui e ora risolvere») o al contrario si può considerare un processo con tratti significativamente oggettivi (la crisi di una fabbrica obsoleta incapace di restare sul mercato) come interamente dipendente dalla volontà degli attori.
Marghera: un caso isolato e specifico?
In un articolo sul quotidiano la Repubblica del 15 agosto 1998 si poteva leggere:
Il passaggio dallâombrello protettivo delle Partecipazioni Statali al nuovo è un bel cambiamento, un salto senza rete che i genovesi hanno paura di fare ma che sentono di non poter evitare. Non hanno altre strade. Qui il passato è sepolto e difficilmente potrà essere riesumato... La nuova classe imprenditoriale fa fatica a uscire allo scoperto e quella vecchia è morta sotto le macerie delle Partecipazioni Statali... Genova è in difetto di classe dirigente dopo la fine dellâegemonia dellâindustria pubblica... (1. Tropea S., Il fantasma dellâAnsaldo spaventa Genova bifronte, «La Repubblica», 15 agosto 1998).
Nellâarticolo si può benissimo sostituire Genova con Venezia (Porto Marghera) così come si potrebbe sostituire con Napoli, Trieste, Taranto, ecc. ed è sostenibile la stessa tesi. Ci si riferisce in effetti al medesimo modello di sviluppo industriale: quello tipico delle zone costiere, che fa perno sulle banchine portuali, per accogliere navi che trasportano materie prime che le industrie ivi collocate trasformano in prodotti finiti o semilavorati. Industrie di grandi dimensioni, con migliaia di addetti, create in Italia soprattutto grazie allâintervento diretto dello Stato attraverso il Ministero delle Partecipazioni Statali.
Tappe della storia del polo industriale di Porto Marghera
Lâarea industriale di Porto Marghera, che diventerà nel corso della sua non breve storia uno dei maggiori poli industriali europei, nasce in virtù degli sviluppi che hanno interessato il porto di Venezia. Nel 1907, con lo spostamento del porto in terraferma â ai Bottenighi â, si gettano le basi per costruire la zona industriale. Il 23 luglio del 1917 si stipula a Roma una âConvenzione relativa alla concessione della costruzione del nuovo porto di Venezia, in regione Marghera, e ai provvedimenti per la zona industriale e il quartiere urbano â (2. Chinello C., Porto Marghera 1902-1926. Alle origini del âproblema di Venezia, Marsilio, Venezia 1979, p. 173) tra Governo, Comune e la Società anonima Porto Industriale di Venezia della quale è presidente Giuseppe Volpi. I lavori inizieranno ai Bottenighi nel 1919. à la nascita della I Zona Industriale. Sin dallâinizio è chiaro lâindirizzo produttivo: si comincia con attività chimiche, petrolifere e poi elettro-metallurgiche e ancora cantieristica navale e siderurgia. Lo sviluppo è rapido: si va dalle 5 aziende insediate nel 1921 alle 91 del 1939, con quasi 19.000 addetti, sebbene le aziende attive siano, a quella data, solo 71. Nellâottobre del 1925 lâingegner Coen Cagli propone un nuovo piano regolatore per lâampliamento della zona industriale, ma il suo progetto sarà preso in considerazione solo successivamente alla seconda guerra mondiale. Infatti,