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capiva perché il ragazzo italiano fosse così agitato. Avevano praticamente inviato un segnale a qualsiasi indovino malvagio dicendogli di venire lì ad aggrovigliare la storia!
“Veloci,” disse Oliver ai suoi amici. “Usciamo da qui.”
Hazel gli afferrò un braccio. “Sei sicuro che possiamo fidarci di questo ragazzo?”
“Ha corso un grosso rischio solo a venire qua fuori a prenderci,” disse Walter.
Ma Oliver non era così sicuro.
“David, puoi domandargli qualcosa di più su di lui? Scoprire se ci sia un qualche modo per provare ciò che ci sta raccontando?” gli chiese.
David si rigirò verso il ragazzo e gli chiese qualcosa in Italiano. “Si chiama Gianni,” riportò agli altri. “Dice di poter dare prova della sua affidabilità.”
Il ragazzo, Gianni, fece un passo avanti e tirò fuori dalla tasca una chiave di bronzo. La porse a Oliver, mettendogliela in mano.
Chiedendosi perché mai Gianni volesse che lui la avesse, Oliver, la fronte aggrottata, prese la chiave e la rigirò tra le mani. Poi comprese.
Sul retro dell’oggetto si trovava un simbolo familiare. Un anello con tre occhi a distanza regolare l’uno dall’altro. Il simbolo della Scuola degli Indovini.
Oliver sentì un sorriso che gli piegava le labbra. Quel simbolo lo faceva sentire a casa.
Lo mostrò agli altri. Walter annuì, soddisfatto, ma Hazel incrociò le braccia.
“Non sono ancora convinta,” disse
Il suo scetticismo ricordò a Oliver come lui si fosse sentito nei riguardi di David. Ma David aveva dato prova di se stesso al portale, e ora Oliver si fidava pienamente di lui. La sua guardia del corpo non li avrebbe condotti verso il pericolo.
“Se David dice che possiamo fidarci di Gianni, allora penso che possiamo farlo,” le disse.
Un’espressione di orgoglio illuminò il volto di Gianni. “Te lo prometto, Hazel. Gianni è esattamente chi dice di essere. Un indovino. Un amico mandato a prenderci.”
Hazel si morse un labbro, intenta a pensare, ma alla fine annuì. “Suppongo che statisticamente parlando abbiamo più probabilità di essere presi dagli indovini malvagi se ce ne stiamo qui che se andiamo con lui. Quindi seguiamolo.”
Walter ruotò gli occhi al cielo. “Figurarsi se Hazel non prendeva una decisione basandosi sulle statistiche!”
Guidati da Gianni, il ragazzo indovino della Roma rinascimentale, i quattro amici partirono di corsa.
CAPITOLO SEI
Madama Ossidiana sedeva nel suo ufficio e fissava la sua sfera magica. Era stata di veglia davanti ad essa praticamente costantemente, ignorando ogni segno di stanchezza dentro di lei che le richiedeva di dormire, ogni segno di fame che le ordinava di mangiare. Niente era più importante per lei che trovare Oliver Blue e distruggerlo una volta per tutte.
Ma la stanchezza stava diventando difficile da sconfiggere. Aveva perso il conto dei giorni. Due? Forse tre? La sua vita si era concentrata nell’osservare ossessivamente la sfera, ascoltando le costanti grida del colonnello Caino fuori dalla sua finestra, mentre allenava Christopher Blue nelle arti oscure.
Il pensiero le fece piegare le labbra in un sorriso. Non c’era possibilità di fallire questa volta. Christopher aveva la magia più pericolosa dentro di sé. Insieme al migliore allenamento che l’esercito oscuro potesse offrire e all’impareggiabile desiderio omicida che Chris provava di far fuori Oliver, questa volta avrebbero avuto successo.
Sperava solo che la loro talpa si sbrigasse. Che senso aveva intrufolare una spia nella Scuola degli Indovini di Ametisto, predisporre una trappola per attirare Oliver all’esterno, se poi ci mettevano così tanto tempo a mettere in atto il piano?
Avrebbe potuto escogitarne un altro, qualcosa che accelerasse un poco le cose. Forse avrebbe potuto trovare all’interno della scuola qualcuno da manipolare. Metterci dentro un po’ di viaggi nel tempo per puro divertimento. In effetti, più ci pensava e più si rendeva conto di quanto divertente sarebbe stato. Doveva esserci uno studente all’interno della Scuola degli Indovini che non si sentiva soddisfatto. Modellare una mente giovane e impressionabile, proprio come aveva fatto con Malcom Malice e ora con Christopher Blue, era una delle cose che preferiva.
Sì, avrebbe adescato uno degli studenti, facendogli fare quello che voleva lei.
Non aveva quasi fatto a tempo a decidere il suo nuovo piano, che qualcosa lampeggiò nella sfera.
Madama Ossidiana sobbalzò, raddrizzò la schiena e si piegò in avanti avvicinandosi alla sfera. Attraverso le scure nuvole temporalesche che oscuravano da giorni la veduta, vide ora una luce viola scintillante che vorticava.
Capì all’istante ciò che aveva davanti. Era un portale. Oliver Blue era in movimento.
L’eccitazione le scorse nelle vene. La preside osservò con attenzione mentre l’immagine si faceva man mano più chiara. Poi il cuore le sobbalzò nel petto.
Eccolo lì! Oliver Blue!
Si trovava in una strada riccamente ornata. Madama Ossidiana si accigliò, cercando di localizzare l’architettura.
“Roma?” mormorò sottovoce. “Millecinquecento?”
Continuò a guardare, la repulsione che le faceva torcere le viscere, mentre Oliver e i suoi fastidiosi amichetti si riunivano. Poi notò un altro ragazzo che correva facendo loro strada tra le vie.
Il gruppo raggiunse un muro di mattoni e il ragazzo premette una sequenza di mattonelle. La parete si aprì.
Madama Ossidiana capì all’istante quello che stava accadendo. Quel ragazzo era un indovino del luogo e stava portando in salvo Oliver Blue dentro alla sua scuola! Non appena fossero entrati, non sarebbe più stata in grado di vederlo!
La frustrazione si impossessò di lei. Sbatté un pugno sul tavolo sentendosi travolta dalla rabbia. Un ruggito furioso le salì dal petto.
“Ovunque vada, quella mezza calzetta trova sempre qualcuno che lo aiuti!” gridò in preda all’ira.
Fumante, andò alla finestra e si appoggiò al davanzale. Non avrebbe sopportato altri tre giorni ferma a guardare la sfera. Le era sufficiente aver capito che Oliver Blue si trovava nella Roma del 1500. Aveva già un vantaggio su di lei. E dell’aiuto. Non c’era tempo da perdere.
Spalancò la finestra, ignorando la pioggia battente che la bombardava.
“È ora!” gridò verso il cielo nero.
La sua voce, potenziata, tuonò squarciando la sera come una campana battente.
Tornò velocemente al tavolo e si lasciò cadere sul suo trono. Un attimo dopo udì la porta aprirsi. Entrarono il colonnello Caino, Christopher Blue e Malcom Malice, che avevano risposto al suo richiamo. Sembravano ratti zuppi d’acqua, ricoperti di fango, le guance di un bel rosso acceso per lo sforzo. Era una grossa soddisfazione vederli in quello stato.
“Sedetevi,” disse loro con tono brusco.
Le obbedirono all’istante. L’assoluta obbedienza era ciò che Madama Ossidiana preferiva sopra a ogni cosa.
“Ho rintracciato Oliver Blue,” annunciò. “Non c’è tempo da perdere. Dovete viaggiare immediatamente da lui.”
Chris aveva un’espressione sbigottita in volto. “Ma è da questa mattina che mi alleno. Ed è quasi mezzanotte. Sono esausto.”
Madama Ossidiana sentì l’irritazione scorrerle dentro. Questi studenti erano sempre così piagnucolosi. Lei forniva loro la migliore educazione, gli dava i poteri oscuri, qualsiasi occasione di prosperità e successo per poter conquistare l’universo, e loro non facevano altro che lamentarsi.
“Io sono stata seduta qui tre giorni ad aspettare questo segnale,” gli disse Madama Ossidiana. “Quando avrete fatto la stessa cosa, allora potrete parlarmi di stanchezza.”
Fece una pausa. Riflettendoci, forse