Il Peso dell’Onore . Морган Райс

Il Peso dell’Onore  - Морган Райс


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cavallo.

      Presero tutti velocità in un’ultima folle volata. Mentre si avvicinavano alcuni dei suoi uomini tirarono delle lance contro i soldati al cancello nel disperato tentativo di colpirli, ma erano ancora troppo lontani e le lance caddero prima di raggiungere il bersaglio.

      Duncan spronava il suo cavallo come mai aveva fatto, galoppando avventatamente davanti agli altri. Quando fu vicino ai cancelli che si stavano chiudendo, improvvisamente sentì qualcosa sfrecciargli vicino. Si rese conto che era un giavellotto e sollevando lo sguardo vide dei soldati in cima ai parapetti che tiravano verso il basso. Udì un grido e voltandosi vide uno dei suoi uomini, un coraggioso guerriero al cui fianco aveva combattuto per anni, che veniva trafitto e cadeva da cavallo, morto.

      Duncan spinse con maggior forza, lanciando la cautela al vento e dirigendosi verso le porte che si stavano serrando. Mancavano forse venti metri e poche decine di centimetri restavano perché i cancelli si chiudessero per sempre. Non importava cosa sarebbe successo, anche se ciò avrebbe comportato la sua morte: non poteva permettere che accadesse.

      In un ultimo slancio suicida Duncan si lanciò da cavallo tuffandosi verso nell’apertura proprio mentre i cancelli si chiudevano. Allungò la spada e la spinse in avanti riuscendo a infilarla nell’ingranaggio un attimo prima che finisse il giro. La spada si piegò, ma non si ruppe. Quella lamina di metallo era l’unica cosa che impediva ora ai cancelli di chiudersi per sempre, l’unica cosa che poteva tenere la capitale aperta, l’unica cosa che poteva evitare che tutta Escalon andasse perduta.

      I soldati pandesiani, scioccati, rendendosi conto che i cancelli non si stavano più chiudendo, abbassarono lo sguardo sulla spada di Duncan, stupefatti. Si lanciarono alla carica, tutti in avanti di corsa, e Duncan capì che, anche se questo gli sarebbe costato la vita, non poteva lasciare che le cose accadessero e basta.

      Ancora senza fiato per la caduta da cavallo, le costole doloranti, Duncan cercò di rotolare via dalla traiettoria del primo soldato che gli balzava addosso, ma non riuscì a muoversi abbastanza rapidamente. Vide la spada sollevata dietro di sé e si stava preparando al colpo letale quando improvvisamente il soldato gridò e Duncan si voltò confuso udendo un nitrito e vedendo il proprio cavallo da guerra che calciava l’avversario al petto un attimo prima che questi potesse pugnalare Duncan. Il soldato volò indietro con le costole spezzate e atterrò di schiena, privo di conoscenza. Duncan sollevò lo sguardo lanciando un’occhiata di gratitudine al cavallo e rendendosi conto che ancora una volta gli aveva salvato la vita.

      Dato il tempo di cui aveva bisogno, Duncan si mise in piedi, sguainò la spada che gli restava e si preparò mentre il gruppo di soldati calava su di lui. Il primo soldato lo colpì con la spada e Duncan parò il colpo sopra la propria testa, ruotò e pugnalò il soldato più vicino al ventre prima che questi potesse raggiungerlo. Quindi saltò sul corpo dell’avversario caduto e con entrambi i piedi diede un calcio nel petto al successivo mandandolo a terra. Si abbassò mentre un altro soldato cercava di colpirlo, poi ruotò e lo prese alla schiena.

      Duncan, distratto dai suoi aggressori, si voltò e percepì del movimento dietro di sé. Vide quindi un Pandesiano che afferrava la spada incastrata tra i cancelli e la tirava per l’elsa. Rendendosi conto che non c’era tempo Duncan si girò, prese la mira e lanciò la spada che aveva in mano. L’arma roteò in aria e si conficcò nella gola dell’uomo un attimo prima che riuscisse ad estrarre la lama. Aveva salvato il cancello ma era rimasto indifeso.

      Duncan corse verso il cancello sperando di allargare l’apertura, ma subito un soldato lo bloccò da dietro e lo spinse a terra. Con la schiena scoperta Duncan sapeva di essere in pericolo. C’era poco che potesse fare mentre il Pandesiano dietro di lui sollevava una lancia in aria per colpirlo.

      Un grido riempì l’aria e Duncan vide con la coda dell’occhio Anvin che correva in avanti facendo roteare la sua mazza e colpendo il soldato al polso facendogli cadere la lancia di mano un attimo prima che questa trafiggesse Duncan. Anvin saltò giù da cavallo e bloccò l’uomo a terra. Allo stesso tempo Arthfael e gli altri sopraggiunsero attaccando l’altro gruppo di soldati che si stavano dirigendo verso Duncan.

      Liberato Duncan prese visione della situazione e vide che i soldati che sorvegliavano il cancello erano morti e il cancello stesso era tenuto aperto di poco dalla spada. Con la coda dell’occhio vide centinaia di soldati pandesiani che iniziavano ad emergere dalle caserme all’alba e a correre fuori per combattere contro Kavos, Seavig e i loro uomini. Capì che il tempo era limitato. Anche con Kavos e i suoi uomini che li tenevano occupati, parecchi sarebbero scivolati oltre e si sarebbero diretti verso il cancello. Se Duncan non avesse preso presto il controllo di quel cancello, tutti i suoi uomini sarebbero stati finiti.

      Duncan schivò un’altra lancia che gli era stata tirata da sopra i parapetti. Corse in avanti e afferrò un arco e frecce da un soldato caduto, si raddrizzò, prese la mira e tirò al Pandesiano che si trovava in cima e che si stava chinando in avanti con una lancia. Il ragazzo gridò e cadde, trafitto dalla freccia che chiaramente non si aspettava. Precipitò a terra e atterrò accanto a Duncan con un tonfo. Duncan si fece da parte e vide che quel ragazzo era quello che aveva suonato il corno.

      “I CANCELLI!” gridò Duncan ai suoi uomini che stavano finendo di uccidere i soldati rimasti.

      I suoi uomini si raggrupparono, smontarono da cavallo e corsero accanto a lui aiutandolo a tirare i massicci cancelli per aprirli di più. Tirarono con tutte le loro forze, ma riuscirono appena a spostarli un poco. Altri uomini accorsero e mentre tutti insieme tiravano, lentamente uno dei cancelli iniziò a muoversi. Un centimetro alla volta si aprì e presto ci fu spazio abbastanza perché Duncan potesse mettere il proprio piede nella fessura.

      Duncan strinse poi la spalla all’interno dell’apertura e spinse con tutta la sua forza, sbuffando e con le braccia tremanti. Il sudore gli gocciolava dal viso nonostante il freddo della mattina e guardando fuori vide la marea di soldati che sciamavano fuori dalle caserme. La maggior parte si scontravano con Kavos, Bramthos e i loro uomini, ma un buon numero gli passavano attorno e si dirigevano verso di lui. Un improvviso grido risuonò nell’alba e Duncan vide uno dei suoi uomini accanto a lui, un buon comandante, un uomo leale, cadere a terra. Vide una lancia nella sua schiena e sollevando lo sguardo vide che i Pandesiani erano a portata di tiro.

      Altri Pandesiani sollevarono le lance e le scagliarono verso di loro. Duncan si preparò, rendendosi conto che non ce l’avrebbero fatta ad attraversare il cancello in tempo. Ma improvvisamente, con sua grande sorpresa, i soldati inciamparono e caddero a faccia in giù. Osservandoli vide frecce e lance nelle loro schiene e provò un’ondata di gratitudine nel vedere Bramthos e Seavig che conducevano un centinaio di uomini distaccandosi da Kavos che stava combattendo contro la guarnigione, e voltandogli la schiena per aiutare lui.

      Duncan raddoppiò gli sforzi, spingendo con tutte le sue forze mentre Anvin e Arthfael si stringevano vicino a lui, sapendo che doveva allargare l’apertura a sufficienza per permettere ai suoi uomini di passarci attraverso. Alla fine, con l’aiuto di altri dei suoi uomini, piantarono i piedi nella neve e iniziarono a camminare. Duncan fece un passo alla volta fino a che, con un ultimo sbuffo, i cancelli furono aperti a metà.

      Si levò un grido di vittoria da dietro di lui e Duncan si voltò vedendo Bramthos e Seavig che conducevano un centinaio di uomini a cavallo, tutti all’attacco verso il cancello aperto. Duncan recuperò la sua spada, la sollevò in alto e si lanciò alla guida degli uomini attraverso i cancelli aperti mettendo piede nella capitale e lanciando la cautela al vento.

      Con lance e frecce che ancora piovevano su di loro, Duncan capì all’istante che dovevano conquistare il controllo dei parapetti, che erano anche dotati di catapulte che avrebbero potuto causare danni illimitati ai suoi uomini di sotto. Sollevò lo sguardo verso i bastioni, considerando il modo migliore per salire, quando improvvisamente sentì un altro grido e guardando avanti vide una consistente forza di soldati pandesiani che si raggruppavano dall’interno della città e correvano verso di loro.

      Duncan li guardò coraggiosamente.

      “UOMINI DI ESCALON, CHI HA ABITATO LA NOSTRA PREZIOSA CAPITALE!?” gridò.

      I suoi uomini gridarono tutti insieme e attaccarono mentre lui rimontava in sella e li conduceva a dare il benservito ai soldati nemici.

      Seguì


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